Se due giorni fa svernavo nel paradiso della Val di Fumo, in mezzo ai cavalli più biondi che avessi mai visto, qui sotto, chissà perché mi è tornata invece in mente la giungla di cemento di Amman, popolata da quattro milioni di persone.
Oltre cento chilometri di diametro a perdita d’occhio, nessun fiume, pochissimi spazi verdi, molta polvere, attorno un carnaio devastato da Israele che, da due anni a questa parte, ha bombardato tutti i paesi confinanti. Eppure è un luogo che ha molto a che vedere con l’umanità, la città esiste da dieci millenni e le prime statue in forma umana della storia provengono da qui. E, se devo fare un calcolo personale, passo molto più tempo nei posti come Amman che in quelli come la Val di Fumo, nonostante i pini, l’acqua, l’erba, il vento e l’aria fresca, le formaggelle di malga e l’ombra. Evidentemente non bastano.
Passeggio per Torino e un giorno sbatto contro una facciata senza il resto dell’edificio.
Machecaz? Cioè, c’è un resto ma non è il suo. Facciamo subito il nome, Francesco Gioia, e le date, 1985-1989, così lo sappiamo tutti. Ma non basta, c’è anche l’altro lato, cadauno immagini esplicative non mie, dopo questa prima:
Le due facciate sono raccordate al centro proprio in un bel modo:
Ma è nei dettagli che viene il meglio. Per esempio, le finestre tagliate:
Mi permetto di insistere frontalmente:
Il Gioia trovò la soluzione talmente bella da ripeterla anche sull’altro lato, con successo:
Il senso di escrescenza cresciuta appunto dietro la facciata originaria è difficile da negare, avendo lasciato lo spessore con sensibilità che certamente al Gioia sarà stata riconosciuta in un sacco di salotti. Vien però un po’ di malessere da sovrapposizione da collage fatto da un recluso ventennale.
Risparmio l’interno, diciamo, e proseguo per la mia zonzolata, un poco più morto dentro. Vale la solita raccomandazione: ma santoddio, piuttosto tirateli giù, ’sti brandelli, abbiate pietà. Altrimenti è come strappare la faccia a un cadavere e metterselo a mo’ di maschera a una festa. Non dico non piaccia a qualcuno, per carità, ma insomma, mai che telefonino prima.
Nel frattempo a Londra si preparano per l’arrivo di Donald Trump, in visita ufficiale ai primi di settembre:
Sarà ospite di Re Carlo a Windsor. Peccato, perché dal fratello Andrea avrebbero potuto ricordare i bei vecchi tempi dal loro amico Epstein. Nine Elms è vicino all’ambasciata USA.
Il principe Carolo sotto la sua cupolona di libri, ordinati per dimensione. Che va bene la prospettiva da sotto, ma viene un po’ da ridere, questioni di spazio. Son tornato a Vienna, sai?, stavolta con un nugolo di nipoti, diciamo. Lo so, a Vienna si va da Demel, che bastianazzo, manco ti piaceva la Sacher.
È un po’ che non lo faccio, è ora: un po’ di immagini dai repertori di immagini a pagamento. Esistono dei repertori di immagini a pagamento in cui i grafici o chiunque ne necessiti può acquistare immagini ad alta risoluzione per i propri scopi, di solito volantini, slides, manifesti promozionali. Per esempio, le foto del tizio in spiaggia col portatile, la ragazza sorridente dal dentista, la gente in riunione in ufficio fico e così via. Chiunque può aggiungere e mettere in vendita le proprie foto in questi portali a patto di rispettare certi criteri di qualità. Qualità dell’immagine, per lo più, non del contenuto. E infatti.
Velata critica al consumo (non sfugga l’orientalità del soggetto):
Il manager però alla mano (sta per azienda giovane e dinamica):
Più mi sforzo e meno riesco a immaginare un contesto in cui utilizzare questa immagine:
Questa senza ormai i cd-rom la capiscono solo i vecchi:
Probabilmente per persone menomate di un braccio:
Questa non saprei nemmeno da che parte iniziare:
Per campagne sulla guida sicura, ottima (il signore ha già qualche problema di guida):
E le mie due preferite di questo giro: il manichino da disegno per artisti singolarmente appecorato che indica forse un certo poco sostegno all’arte:
E per finire la bella fatona:
Che mi ricorda Woody Harrelson. Chiaro che tutto questo con l’AI grafica sta già perdendo di senso. Ed è un peccato, perché certe vette del cervello umano, come queste immagini dimostrano, la macchina non le raggiungerà mai.
Sul vialone che passa proprio davanti al castello estense, poche centinaia di metri, e che divide il nucleo storico dall’addizione erculea, c’era una volta la chiesa di Santa Maria della Rosa. Una chiesa medievale con un bel convento e chiostro, di una certa importanza per funzione, lasciti e sepolture, fu poi danneggiata pesantemente dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Deciso che la ricostruzione non ne valesse la pena, il che può anche essere legittimo, si decise di salvare il chiostro inglobandolo in un bel palazzo dell’INA, che la zona era ghiotta. Circondato e assediato.
Operazione molto ben fatta, apprezzabile anche da dentro, son rimasto estasiato da farne una foto.
Il cemento armato lambisce da vicino la struttura, soffocandola purtroppo non definitivamente. Sarebbe stato più onesto tirarlo giù, ’scoltate me. Mai che telefonino prima.
Sabato scorso in un bel parco sul Po a Cremona per sentire gli Offlaga Disco Pax dopo tanto tempo, dalla morte di Enrico Fontanelli.
Sempre loro, due almeno, un repertorio cristallizzato non solo dalla sospensione delle attività ma dal tempo e dalla Storia, mi chiedo che ne capiscano i venti-trentenni che vedo tra il pubblico, sarà come sentire Barbero che canti del medioevo.
Ma lo scopo della serata, raggiunto, era di farsi spaccare la faccia da The Bloody Beetrots.
E così è stato, quasi del tutto. Bel festival, complimenti.
facciamo 'sta cosa
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