Radio Popolare sta trasmettendo una serie di documentari estivi, alcuni buoni altri meno. Tra quelli buoni, molto, una serie di cinque puntate sui produttori musicali che hanno cambiato il suono del loro tempo, Spector, Rubini, Eno, Albini, Dr. Dre. È ‘Maestri del Suono’ di Dario Grande, notevole, complimenti.
Ne servirebbero, oggi, di produttori. Come di editor nelle case editrici, eccome.
Risorgimento, Fascismo, Classico, Guerra, Comunismo, Occidente, Utopia, Europa, Partito, Terrorismo, Libertà, Democrazia sono le dodici parole complesse che Luciano Canfora approfondisce nel suo podcast ‘Le parole nella storia’, i «termini fondamentali per conoscere e comprendere la storia recente del nostro Paese», promosso da Laterza.
Oltre alla conoscenza condivisa e trasmessa, sia in senso metaforico che letterale, vale la pena ascoltare il podcast per lo straordinario eloquio di Luciano Canfora, come di consueto, perché è un vero piacere sentirlo parlare. Da latinista, utilizza in maniera propria tutta una serie di vocaboli ignoti ai più, me compreso, che è una utile scoperta o riscoperta poter utilizzare e mettere nella propria saccoccia di attrezzi d’espressione, attivando a monte il concetto espresso. Ovviamente il fulcro sono i contenuti, notevoli, la forma è però davvero sorprendente. Checché ne pensi Meloni, lesa «nell’onore, decoro e reputazione», vergogna.
Se due giorni fa svernavo nel paradiso della Val di Fumo, in mezzo ai cavalli più biondi che avessi mai visto, qui sotto, chissà perché mi è tornata invece in mente la giungla di cemento di Amman, popolata da quattro milioni di persone.
Oltre cento chilometri di diametro a perdita d’occhio, nessun fiume, pochissimi spazi verdi, molta polvere, attorno un carnaio devastato da Israele che, da due anni a questa parte, ha bombardato tutti i paesi confinanti. Eppure è un luogo che ha molto a che vedere con l’umanità, la città esiste da dieci millenni e le prime statue in forma umana della storia provengono da qui. E, se devo fare un calcolo personale, passo molto più tempo nei posti come Amman che in quelli come la Val di Fumo, nonostante i pini, l’acqua, l’erba, il vento e l’aria fresca, le formaggelle di malga e l’ombra. Evidentemente non bastano.
Sabato scorso in un bel parco sul Po a Cremona per sentire gli Offlaga Disco Pax dopo tanto tempo, dalla morte di Enrico Fontanelli.
Sempre loro, due almeno, un repertorio cristallizzato non solo dalla sospensione delle attività ma dal tempo e dalla Storia, mi chiedo che ne capiscano i venti-trentenni che vedo tra il pubblico, sarà come sentire Barbero che canti del medioevo.
Ma lo scopo della serata, raggiunto, era di farsi spaccare la faccia da The Bloody Beetrots.
E così è stato, quasi del tutto. Bel festival, complimenti.
Raoul Hynckes, Self-portrait, olio su tavola, 1928. Si trova al Museum MORE di Gorssel, in Nederlandia. Un magnifico autoritratto, a parer mio, che ho scoperto per caso andando a vedere una mostra stupenda sul realismo europeo del Novecento e i suoi movimenti a Chemnitz un mese fa. Hynckes, pittore olandese di origine belga, cominciò come impressionista per poi virare su temi classificabili nell’ambito del realismo magico, non solo, e su paesaggi e marine apprezzabili. L’autoritratto, in generale, è uno dei soggetti più interessanti dell’arte, come lo è l’autobiografia, ed ebbe un periodo di particolare successo tra le due guerre in Europa di cui la mostra, peraltro, dava conto (oggi mi è arrivato il catalogo, ecco perché). I colori, il taglio, le ombre e le luci sono particolarmente riuscite in questo autoritratto di Hynckes che dà di sé una rappresentazione pacata e realistica, quasi tridimensionale. Secondo me è molto bello. Butto lì, tra i tanti contributi sul tema: Laura Cumming, A Face to the World On Self-Portraits, 2009.
Vado a Carobbio degli Angeli per motivi miei e mentre parcheggio incappo in una pensilina. Anzi no, in ThaPensilina.
Che non è nemmeno una pensilina, è un luogo di culto. Culto di cosa, tutto da scoprire. Cercando di scoprire qualcosa in più compare un certo Nicola, misterioso, oltre al Ghilardi che è ovviamente il responsabile di tutta la faccenda.
Resto nei dintorni per vedere se mi venga, sai mai?, un afflato di fede, nel mentre leggo le recensioni del luogo di culto.
Ed ecco il misterioso Nicola, mentre Ghilardi ovviamente gigioneggia e mi è sempre più simpatico. Vediamo che dice nella recensione completa della ThaPensilina, cinque stelle:
E chi è Giacomo, adesso? Poi passa il tempo – era il 2023 – e ThaPensilina non è più luogo di culto, Ghilardi, Nicola e Giacomo non sono più lì, come non lo sono più io, sono certamente in giro per il mondo reale o a inserire altri luoghi notevoli in maps, chissà. Per fortuna io ci sono stato quando era un luogo incantevole e di culto, ricco di possibilità anche religiose.
Settimana scorsa ‘Aida’ all’Arena. Lasciate le piramidi zeffirellate, la messa in scena contemporanea di Stefano Poda ci è piaciuta, con la manona che si apre e chiude e la luna e sole volante, i pugni aperti e chiusi, oltre a costumi splendidi e molte variazioni sul tema.
Notevoli per un profano come me anche orchestra e solisti, che voci potenti. L’unica valutazione che farei è che, mentre Verdi usava la patina egiziana come pretesto per parlare di tutt’altro, Patria, libertà, indipendenza, fedeltà, con atteggiamento ovviamente colonialista e di appropriazione culturale ai nostri occhi, oggi non c’è alcun motivo – non potendo comunque modificare testo e ambientazione – di usare simboli complessi della cultura e religione egiziana a caso su costumi contemporanei, per esempio l’occhio di Iside stampato sulle vesti bianche e le teste di Ra indossate dal coro. Visto che tutto è rivisitato, non c’è bisogno di tali richiami, a parer mio. La cosa funzionerebbe lo stesso e striderebbe meno, direi.
Un mattone mancante in un muro qualsiasi a Mosca e l’idea è lì, ripensando a Nostal’gija di Tarkovskij: una candela accesa.
Non sarà una camminata per attraversare con una candela accesa la piscina di acque termali di Bagno Vignoni ma per le vie di Mosca.
E il meglio, è ovvio, lo darà con la penombra.
L’artista è Zoom e fa cose in giro, anche per strada, principalmente a Mosca.
Notevole.
facciamo 'sta cosa
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