la fine dei tempi

Raccontavo qualche giorno fa dell’abbazia di Viboldone e del suo giudizio universale, di quel meraviglioso particolare dei due angeli che a destra e sinistra sono intenti ad arrotolare il tempo della storia.

Si è arrivati al giudizio, bon, si chiude e si impacchetta il tutto. Poi sarà Gerusalemme celeste e finita lì, a dio piacendo altri esperimenti e tentativi con la vita.
Il soggetto è strepitoso, perché lo è l’idea che è sottesa: il rassetto quasi domestico di ciò che è materiale, il cielo, la terra, i tappeti, i maglioni negli armadi. Si fa pacchetto, si copre tutto, si mette via.

Il soggetto, lo dicevo, non è nuovo, aveva già alcune attestazioni. Il presunto autore del giudizio di Viboldone, Giusto de’ Menabuoi, era stato a Padova e aveva certo visto Giotto e la cappella degli Scrovegni e là, presumibilmente, aveva tratto ispirazione per il dettaglio. Infatti, anche nella cappella giottesca due agnolotti ripiegano il cielo dalle due estremità, uno dalla sera con la luna e uno dall’altra parte, dove c’è il sole.

Dietro di loro, porte e pareti ricolme di gemme promettono delizie ultraterrene ma quella lunotta col nasone non può che suscitare simpatia e nostalgia, altroché, per ciò che sta finendo ed è consumato, per la vita terrena in definitiva e per tutte quelle belle cose e sciocchezze e sublimità che abbiamo avuto e ci siamo inventati quaggiù.

se non compri questo numero

Certo che a volte Re Nudo l’azzeccava proprio. Spesso, altro che a volte.

Almeno nel ciclo storico, fino al 1980. A una prima ripresa, mai davvero partita, a una seconda nel 1996 e a una che scopro solo ora, dall’anno scorso e siamo al quinto numero, ma pensa te, è seguito l’inarrestabile scivolamento verso l’olistico e l’esoterico e amen, quella sinistra là è poi finita a rifiutare i vaccini, vecchi banalotti che non ci si crederebbe. Ma le idee restano e il cane chissà.

1.350 MWp di bellezza

Non dico nulla di nuovo se dico che la Turchia, la Turchia di oggi, mi sta sui maroni.
Però hanno costruito una centrale a pannelli solari fenomenale.

La centrale Kalyon a Karapınar, 3,2 milioni di pannelli, dello studio Bilgin. Il fulcro è il centro di controllo che, grazie ai pannelli riflettenti, sparisce e cambia colore a seconda del tempo e della luce, sfumandosi quando c’è nuvolo.

Magnifico. E che effetto di notte.

Ovviamente tutti quei pannelli servono a illuminare l’edificio di notte.
E basta.

il giramondo è tornato

Il primo apparve nel deserto dello Utah.

Un monolite alto tre metri e mezzo, a forma di prisma di metallo, apparso improvvisamente nel novembre del 2020. E così scomparso dopo undici giorni. E già c’erano adoratori, complottisti, alienisti, teorici dell’inganno e fanatici di Kubrick in grande pellegrinaggio nel deserto.
Lo stesso giorno un monolite apparve vicino a Piatra Neamt, in Romania.

Forma identica, finiture non esattamente uguali al primo ma chi sono io per dire qualcosa? Anche lì il monolite restò a far parlare di sé per cinque o sei giorni e poi scomparve, perché ne riapparisse un altro ai primi di dicembre in California, sulla Pine Mountain ad Atascadero.

Infine, dopo qualche giorno, sparì e ne apparve uno ad Albuquerque in New Mexico.

Questo fu preso e spostato il giorno stesso e poi di monoliti, diciamo di questa serie, non se ne parlò più.
Finora.
Perché qualche giorno fa, nella piena brughiera gallese, vicino a Hay-on-Wye, vualà, un monolite.

Urrà, è tornato e continua a girare il mondo, non se n’è andato. E dove andrà adesso? Chi troverà il prossimo? C’è un disegno delle destinazioni? Qualcuno sta unendo i punti su una mappa? Facendo le dovute triangolazioni? Eh, domande, saperlo. Urrà per il monolite.

Anche in Germania, a Kempten, ne apparve uno improvvisamente poco tempo fa ma secondo gli scienziati non è dello stesso tipo.

Mi fido.

«coraggio, sono io, non temete!»

Poi ad Amburgo mi scappa l’occhio e noto l’appropriata chiesa-barca galleggiante.

La flussschifferkirche, per tutti coloro che non camminano sulle acque. Suggerisco attenzione al simbolo, felice combinazione tra la croce e l’ancora marittima, niente sirene, bestie. Al fianco destro per chi guarda, la chiesina barchina del chierichetto o per operazioni liturgiche di emergenza ed esorcismi di marinai. A sinistra, la chiesa, pur sempre galleggiante ma non-barca, quindi va ormeggiata e lì sta.

Quando, come in questo caso agosto 2022, le acque sono basse, occorre andare per vie tradizionali, ovvero essere dappertutto perché la barca, dispiace, ma non serve.

ricca, bella e giovane ereditiera

Piuttosto emozionante incrociare il piroscafo ‘Sudan’ in risalita sul Nilo, la mia foto.

La SS Sudan Steam Ship è un battello a vapore costruito nel 1921 per la flotta Thomas Cook Egypt e ancora in uso per crociere sul Nilo. La ruota è ancora in funzione per ovviare a una caratteristica peculiare della navigazione sul grande fiume: il vento soffia quasi sempre da nord a sud, ovvero da Alessandria verso le sorgenti del Nilo, per cui se è agevole la risalita del fiume anche a vela, la discesa da sempre è impossibile se non venendo trainati, un tempo da buoi e oggi da rimorchiatori.
La stanza di Agatha Christie è richiestissima, anni di prenotazioni manco poi ne uscissero giallisti, e il piroscafo ‘Karnak’ di Poirot sul Nilo (Death on the Nile) è ovviamente ispirato al ‘Sudan’ e i due adattamenti cinematografici furono girati perlopiù sulla nave. Spesso veniva trainata da piccoli cargo poiché il rumore del motore interferiva con le riprese.
Pagando un certo qual sproposito è possibile anche oggi esserne crocieristi ma, ripeto, non credo basti per ricevere l’ispirazione che porta al successo. Con la stessa cifra meglio pagare uno bravo.

iettatorio

Quando negli anni Settanta Marshall McLuhan predisse la fine della carta stampata il gruppo editoriale La Presse Quotidienne Regionale che, invece, godeva di grande salute, rispose al massmediologo canadese pubblicando un’immagine di Gutenberg:

E, in effetti, finora ha avuto ragione lui, Gutenberg. Ma non è che McLuhan avesse proprio torto…