l’equilizio d’autunno

Alle 12:43 orario di Utica (UTC), corrispondente alle 14:43 ora di Modica è finita l’estate ed è cominciato l’autunno 2024, per sua stessa natura irripetibile.

trivigante, ma perché cambiano le stagioni? E perché il 22 e non il 21? Eh, bambini, dovete capire che l’emisfero boreale in cui ci troviamo, perché fossimo di là saremmo a testa in giù, ruota a una velocità superiore rispetto all’altro emisfero, generando uno slittamento dell’equatore celeste di 23° 27‘, facendo sì che l’orizzonte percepito risulti perpendicolare all’incidenza dei raggi solari delle persone RH positive.
Il motivo per cui ciò accade il 22 settembre e non il 21 come solitamente avviene negli anni multipli di trecentodue è che il tempo impiegato dalla Terra per compiere un giro attorno al Sole dura circa un anno e un giorno e circa ventotto minuti in più, il che determina una flessione zenitale destinata a durare 3.323 anni e un surriscaldamento delle ore terminali di questa giornata speciale.
E un altro servizio di trivigante.it è stato felicemente erogato, molto bene. Ora godetevi la stagione più bella di tutte, raccogliete le foglie senza soffiatore, cioè raccogliete, non soffiate, strofinatevi i capelli e il viso con l’interno di una pera matura, ascoltate i dischi de Les Negresses Vertes. E state lontani dagli ex ministri della Cultura, dagli attuali delle Infrastrutture e dai loro parenti ed elettori, dalle presidenti del consiglio che litigano con gli articoli della lingua italiana.

la campagna d’estate 2024

Che belli i rituali, o le consuetudini, se si preferisce non andare su terreni scoscesi. Una bella consuetudine dell’estate, circa, sono le campagne artistiche di Banksy: nel 2013 la residency artistica a New York di Better Out Than In per tutto ottobre, nel 2015 Dismaland, nel 2017 il Walled Off Hotel a Betlemme e numerosi interventi a Gaza, nel 2018 a Parigi con i nove lavori tra cui il tributo al Bataclan, nel luglio 2020 la metro londinese deserta, nel 2021 la Great British Spraycation nell’est dell’Inghilterra, nel 2023 la retrospettiva a sorpresa alla Gallery of Modern Art di Glasgow, Banksy Cut & Run. Ne avrò dimenticate alcune.
Comunque, nel 2024 la campagna è stata rivolta a Londra e agli animali: dal 5 agosto Banksy ha realizzato e pubblicato un’opera ogni giorno, tutte di animali inseriti nel contesto urbano, spesso con relazioni non esplicite. Per esempio, la capra, la prima, è sul muro di una fabbrica di fucili.

Il rinoceronte e il gorilla sono le mie preferite. Anche l’interazione dei pellicani con l’insegna è notevole.
Il lupo ululante, quasi il logo di Ciesse piumini non fosse un licaone e di mille band e pub nel mondo, essendo su supporto rimovibile, è stato ovviamente rubato dal solito avido pirla, intervenuto con rapidità. La polizia è stata chiamata, ahah, “per una parabola satellitare rubata contenente un’opera d’arte”.

Merita una considerazione il fatto che un conto è fare uno stencil su un muro al porto di, che so?, Bristol, e un conto è nelle strade di Londra, per di più pattugliate come non mai dopo gli ultimi tafferugli. Ma per fortuna è bastato un amico con la barba finta e un cappuccio anche stavolta.

ancora sul temperatore

Parlavo della figura del cosiddetto temperatore raccontando qualche settimana fa una bella storia che riguarda la torre dell’orologio di san Marco a Venezia. Il temperatore è, era, colui che viveva nella torre e che lì, pure, lavorava, sistemando gli ingranaggi, ricaricando i pesi, sostituendo i pezzi consumati.
L’ultimo temperatore – perché la nostra stolta civiltà li ha eliminati sostituendoli con cose automatiche -, Alberto Peratoner e i suoi avi recenti, tra cui Giovanni, scattarono fotografie dalla finestra ovale della torre, a volte poetiche con la neve sui tetti della città, a volte documentali, come nel corso delle visite dei papi o dell’acqua alta del 1966, a volte per un bel tramonto.

Una delle foto che preferisco è quella di Katherine Hepburn e Rossano Brazzi che girano, all’alba nella piazza deserta, una scena del film Tempo d’estate di David Lean del 1955.

La storia è quella di un amore estivo nato nelle calli di Venezia e che tale resterà per vicende che non racconto per questo terrore contemporaneo dello spoiler. Lui è sposato. Il film è disponibile in inglese qui e la scena della foto comincia a questo punto. Ma il punto vero, qui, è il temperatore e la torre dell’orologio con i suoi due pastori del passato e del presente, veri protagonisti per cinque secoli di un pezzo della storia di Venezia e di un angolino della piazza. Lo dico: la vicenda del temperatore è un film già pronto e scritto, basta buttar giù qualche dialogo credibile e girarlo, ‘scolta me che dico davvero sul serio. Una storia alla Tornatore già bella pronta, di grande bellezza, vera, e di possibile interesse persino per questa destra stracciona al ministero per aver i due soldi che bastano per fare un film così.

it’s still hard for people to talk about their disease

Bello il mural di Larsen Bervoets in Oude Beurs 17 ad Anversa.

Il faccione di un clown che si toglie il trucco rappresenta, nelle intenzioni dell’autore, la difficoltà di ciascuno a comunicare le proprie malattie, da cui il titolo dell’opera, “We all live with HIV“. Al di là, l’utilizzo delle due pareti distinte è notevole, compreso il muretto che le unisce, dà profondità e tridimensionalità. Peccato quell’assurdo parcheggino sotto fatto alla brutta. Anversa è piena di murales, questo l’ho osservato per un po’.

il presente è un soffio

Ovviamente tra passato e futuro o tra due martelli di bronzo.
Sulla torre dell’orologio in piazza san Marco a Venezia, in cima, ci sono due statue di bronzo raffiguranti due pastori che battono con un martello le ore su una grande campana.

Il motivo è ricorrente in parecchie città dominate da Venezia. In questo caso, le statue sono chiamate mori di Venezia per il loro colore bruno e, sebbene paiano identiche, in realtà una ha la barba e l’altra no.

Questo perché una rappresenta un vecchio e l’altra un giovane. Ma non basta, ecco il bello: il moro vecchio batte le ore due minuti prima dell’ora esatta, ed è il passato, il moro giovane invece picchia due minuti dopo l’ora precisa, per rappresentare il tempo che verrà. E il presente, quella fissazione dell’ora tonda, non lo batte nessuno, si sentono il prima e il dopo, che dopo non è più perché ti giri un secondo ed ecco che è un prima. Ma poi dopo di che? Che cosa stupenda.

A fianco degli orologi rinascimentali, esisteva la figura del temperatore, o moderatore, che di fatto era un manutentore che provvedeva alla regolazione di pesi e contrappesi, della lubrificazione degli ingranaggi, al perfetto funzionamento del meccanismo. Spesso, come nel caso della torre di Venezia, all’interno vi era un’abitazione nella quale il temperatore viveva, così da essere sempre pronto alla bisogna. L’appartamento della torre di Venezia, che tale è perché sviluppato su tre piani con ambienti di soggiorno e di lavoro, esiste dal 1499, anno di entrata in servizio del primo temperatore. Dopo trentatre temperatori e quattrocentonovantanove anni, l’ultimo di essi, Alberto Peratoner, venne mandato in pensione perché dopo l’ultimo restauro venne installato un meccanismo automatico di ricarica. E così il 30 marzo 1998 l’ultimo temperatore chiuse la porta e lasciò l’orologio incustodito, dopo cinque secoli. Qui alcune fotografie scattate da Peratoner. Vedi il presente? Svanito.

sul filo filo filo di lana

Mai vista una finale dei cento metri così. Tutti appiccicati.
12 centesimi tra il primo e l’ultimo che, tra l’altro, ha corso con il tempo con cui Carl Lewis vinse l’oro nel 1984. Tra il primo e il secondo, Lyles e Thompson, cinque millesimi, 9,784 contro 9,789, tant’è che all’arrivo non si capiva chi avesse vinto, Lyles si è complimentato con Thompson, che chiedeva a gran voce il tabellone. Il fotofinish l’unica possibilità e anche quello difficile da decifrare. Questa è una foto:

E questo il fotofinish ufficiale, si vede dalle sbavature fisiche, uno scatto al millesimo:

E anche qui mica semplice, se non si conosce il principio. Quel che conta è il tronco, non la testa, non i piedi. Il tronco, cioè devono essere passate le scapole. Ecco perché Lyles, allora sì che si vede.
La particolarità di questa finale è stata che tutti e otto sono arrivati a un’incollatura, la semifinale con tutti sotto i dieci secondi lo faceva presagire, bella l’immagine con le reciproche posizioni per tutta la gara:

(Photo by Hector Vivas/Getty Images)

Oltre all’arrivo, anche la partenza ha avuto un qualche interesse, con Bednarek che salta in zucca ai gigantoni che ha attorno:

Tutti molto lontani, comunque, dal 9,63 olimpico di Bolt nel 2012, figuriamoci dal record di 9,58.

Biden lascia, go Kamala!

Non dev’essere facile, politicamente e umanamente. E nemmeno tutta l’operazione, adesso, dai delegati ai finanziatori alla campagna, il partito dovrà fare quadrato perché, come dice Obama nella lettera a Biden: «We will be navigating uncharted waters in the days ahead», navighiamo in acque sconosciute, vero.

E avanti Kamala, a questo punto, che gode di una rarissima seconda occasione. Nel suo primo discorso, notevole, in Wisconsin, ha formulato un primo slogan per la campagna, tompettiano: «We’re not going back». I giochi di parole già si sprecano, da Yes we Kam, buono, alla Casa Bianca già ribattezzata in Kamalot, Beyoncé ha dato il suo assenso per l’utilizzo della sua Freedom in campagna e un importante endorsement, pare che nelle prime ore siano stati raccolti cento milioni di dollari e il numero di delegati raggiunto, staremo a vedere.

Trovavo Kamala convincente anche quattro anni fa, poi chissà dove si è persa. La trovo affascinante anche fisicamente, ora e anche quando sembrava la controfigura di Prince, lasciamoci prendere dalla Harrismania alla conquista di Kamalot!