the b. site of the moon
sbrodolata finto-casuale di b.cose.
A Stalingrado non passano e, nel suo piccolo, neanche nel b.site. In ogni caso, rimane sempre il piano B.

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trivigante 2006

trenta

I reati del giorno (menu à la carte).
Per la consueta mini-rubrica di diritto penale di trivigante.it, vado a esporre la carta dei reati del giorno, vale a dire quelle condotte criminose che mi sento di consigliare per la giornata di oggi, per ragioni diverse, linguistiche, buffe e variamente anacronistiche.
Per cominciare bene la giornata, suggerisco di iniziare di buon mattino con lo spigolamento abusivo (art.626 n.3), che non ha nulla a che vedere con la Settimana Enigmistica. E' sufficiente recarsi in un campo agricolo altrui e raccogliere un po' di frutti e verduri della terra, qualora non sia già stato effettuato il raccolto da parte del proprietario. La dicitura della legge è strepitosa: "spigolare, rastrellare, raspollare nei fondi altrui, non ancora spogliati direttamente dal raccolto". Basta raspollare, dunque, per commettere spigolamento abusivo. Non vale se il raccolto è già stato compiuto, in questo caso è permesso.
Naturalmente, visto che uno si trova già lì, nel campo, vale la pena compiere anche il reato di abigeato (art.625, furto), se c'è disponibilità. Sarebbe a dire che si sottraggono al legittimo proprietario capi di bestiame da allevamento.
Attenzione, capi di bestiame, non vale con i cani, gatti e pesciolini. Pare peraltro che, ancora, la giurisprudenza non sia concorde sul numero di capi la cui sottrazione costituisce abigeato. Infatti, sembra che la legge non contempli il furto di un capo singolo. Ne consegue che, se desiderate compiere il reato in questione, dovete prendere almeno due mucche e spingerle avanti a voi, come suggerisce correttamente l'etimologia (lat. ab agere, allontanare spingendo innanzi a sé).
Terzo reato consigliato della giornata è l'eccezionale lenocinio. Chi ha fatto il classico lo sa, per gli altri spiego: è il reato commesso da "colui che sfrutta l'altrui prostituzione al fine di ricavarne un vantaggio". Ebbene sì, è il volgarmente detto "sfruttamento della prostituzione", niente di nuovo, ma vogliamo mettere la denominazione giuridica? Che meraviglia. Anche perché io non mi vorrei certo privare del piacere delle argute nonché dotte denominazioni connesse al caso: se compio il reato di lenocinio, dunque, io sono il lenone, lo sfruttatore, meglio detto dalla legge il "prosseneta", che sfrutta - ovviamente - il "prossenetismo" altrui. Il pappone. Che sfoggio di cultura, che eloquio, questa legge Merlin, complimenti.
E di pruderie democristiana anni Cinquanta, se posso aggiungere (ovviamente, posso). Anche se, a essere precisini precisini, il "prosseneta" è colui che letteralmente "aiuta gli stranieri" e, per estensione, il mediatore di affari tra persone che non si conoscono. Ecco, qui ci siamo.
Compiuti questi tre reati, è consigliabile, per terminare felicemente la giornata, fare l'en plein: basta recarsi in un bar o in una biblioteca o altro luogo pubblico e cominciare a spiegare a voce alta che è bellissimo rubare le mucche all'allevatore, che è cosa divertentissima sottrarre il raccolto dal campo dell'agricoltore, che è molto redditizio sfruttare le bagasce sul marciapiede. Fatto questo per un po' di tempo, avendo cura di farvi notare dalla forza pubblica, avete commesso il reato di apologia di reato.
L'en plein, appunto. Il bello di quest'ultima pratica illegale è che non è necessario aver commesso i reati che si difendono o si enfatizzano, basta un po' di immaginazione. Buon divertimento, dunque.
Oops, domanda dell'ultimo secondo: questa rubrica costituisce, forse, apologia di reato? Istigazione? Uhm...

venticinque

Urgente bisogno di bellezza.
Sono stati giorni brutti, bruttissimi. Ho visto cose che noi umani italiani possiamo benissimo immaginare, anzi conosciamo fin troppo, altro che navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione.
Ho visto un governo piccolino crollare sotto i morsi dei parassiti, ho visto un omosessuale fascista dare del frocio a un suo collega svenevole, ho visto un altro fascista mangiare mortadella e bere spumantino versandolo sulla moquette di un palazzo della Repubblica, ho visto un ignorante sbruffone spacciare scemenze inaudite per poesia, ho visto lo stesso sbruffone inquisito lagnarsi e dire cose gravissime in nome della sua famiglia corrotta, ho visto un piccolo servo sputare contro un suo amico, ho visto vecchi rimbecilliti sproloquiare senza coscienza di sé, ho visto profanare ancora il cadavere dell'Istituzione, ho visto le pecore contarsi, ho visto ziqqurat di pattume per le strade e animali gridare nelle discariche, ho visto cannoli regalati per festeggiare una condanna a cinque anni di carcere, ho visto un demente paralitico biascicare inni alla rivolta armata, ho visto gente segare i rami sui quali stanno seduti e scambiarsi a gran voce le loro esperienze di come segare più in fretta, ho visto cose stupide.

Mi viene in mente questa poesia di Brecht (è davvero sua, questa!):

Vi sono due lingue in alto e in basso
e due misure per misurare,
e chi ha viso umano
più non si riconosce.
Ma chi è in basso, in basso è costretto
perché chi è in alto, in alto rimanga.

Sarebbe appropriata, perfetta, ma non è quello di cui ho bisogno oggi.
Oggi ho bisogno di rincuorarmi, di pensare ad altro, di placare i pensieri e di rivolgere le forze più in alto, ho bisogno di non sprecarmi, ho bisogno di non perdere tempo, ho bisogno di cose migliori e di aria, ho bisogno di seguire idee oneste, ho bisogno di imparare cose davvero nuove, ho bisogno di bellezza.

Ci provo, dunque, cerco aiuto nelle parole di qualcuno più capace.

La più bella

Ma bella più di tutte l'Isola Non-Trovata:
quella che il Re di Spagna s'ebbe da suo cugino
il Re di Portogallo con firma sugellata
e bulla del Pontefice in gotico latino.

L'Infante fece vela pel regno favoloso,
vide le fortunate: Iunonia, Gorgo, Hera
e il Mare di Sargasso e il Mare Tenebroso
quell'isola cercando... Ma l'isola non c'era.

Invano le galee panciute a vele tonde,
le caravelle invano armarono la prora:
con pace del Pontefice l'isola si nasconde,
e Portogallo e Spagna la cercano tuttora.

L'isola esiste. Appare talora di lontano
tra Teneriffe e Palma, soffusa di mistero:
"...l'Isola Non-Trovata!" Il buon Canarïano
dal Picco alto di Teyde l'addita al forestiero.

La segnano le carte antiche dei corsari.
...Hifola da - trovarfi? ...Hifola pellegrina?...
È l'isola fatata che scivola sui mari;
talora i naviganti la vedono vicina...

Radono con le prore quella beata riva:
tra fiori mai veduti svettano palme somme,
odora la divina foresta spessa e viva,
lacrima il cardamomo, trasudano le gomme...

S'annuncia col profumo, come una cortigiana,
l'Isola Non-Trovata... Ma, se il pilota avanza,
rapida si dilegua come parvenza vana,
si tinge dell'azzurro color di lontananza...

Uff, va un po' meglio. Ebbene sì, è Gozzano e non Guccini. Sorpresa?

ventitre

Carta canta o mistero misterioso.
Oggi Travaglio lo faccio io, mutuando il titolo e il modo della sua rubrica, sebbene abbia poca considerazione del suo giochetto, troppo facile.
Dunque, D'Alema dichiarò su La Stampa dell'11 marzo 1993: "Lo dico e lo ripeto: Amato è un bugiardo e un poveraccio. È uno che deve far di tutto per restare lì dov'è, sulla poltrona. Ma che devo fare? Devo dire vaffanculo?". Erano tempi duri e strani, lo so. Oggi, D'Alema è presidente della Fondazione Italianieuropei e siede fianco a fianco con il presidente del Comitato scientifico della Fondazione stessa. Che è, ovviamente, Amato.
Dico questo non per sollevare l'indice sull'apparente contraddizione (in fin dei conti sono passati quindici anni e la politica italiana è finissima arte della mediazione continua) ma per ripropormi la fatidica domanda: anche alla luce della storia passata, Amato è stronzo oppure no? Continuo a non capire.

Puro genio inconsapevole (basso livello).
L'uomo che qualcosina deve chiedere, l'uomo che è timoroso nei confronti del Viagra ma ne avrebbe tanto bisogno, ora ha una nuova arma di potenza sessuale inaudita: essa è naturale, senza controindicazioni e dà risultati immediati. E poi, il nome: VIAPRO.
Ebbene sì, è una dichiarazione di intenti nei confronti del genere femminile, un urlo belluino che sta a indicare la superputenza ritrovata. Femmine, attente, ci sono in giro un sacco di uomini che lo prenderanno a breve, e sono usciti dalla farmacia gridando: "VIAPRO, VIAAAAPRO". L'equivalente femminile, il Viafem, è molto meno interessante.

ventuno

Mormoni scandinavi in chat.
Sono entrato in possesso di un documento eccezionale, assistendo da spettatore a una chat tra mormoni scandinavi. I protagonisti sono il fabbro ferraio Gerchrist, il falegname Trostfar e il sellaio Loffalsson.
Ne riporto una parte, per i lettori curiosi del mondo:

Gerchrist: io sono Gerchrist e sono fabbro ferraio
Trostfar: io sono Trostfar e sono falegname
Gerchrist: è un piacere conoscerti, falegname Trostfar
Loffalsson: io sono Loffalsson, figlio di Varudjar, il sellaio
Gerchrist: buongiorno Loffalsson che il sole splenda anche su di te. io sono Gerchrist
Trostfar: ciao Loffalson! io sono Trostfar e sono felice di conoscerti
Gerchrist: Buongiorno Trostfar io sono Gerchrist. vorrei invitarvi al sermone del reverendo Pilotaar, alle dodici alla cappella in legno nel bosco. porteremo delle bacche di Milostro e converseremo con il Signore
Trostfar: ma certo, la conosco, l'ho fatta io quella cappella. io sono Trostfar, il falegname
Gerchrist: si vede la mano sapiente che l'ha costruita, che la tua casa sia piena di pace e di finestre
Trostfar: e che nella tua regni l'armonia in ogni stanza
Gerchrist: la mano del Signore si è posata sul tuo capo e sulla tua ricca famiglia. Come sta Inglisfoon?
Trostfar: Inglisfoon sta molto bene
Gerchrist: egli vive con serenità?
Trostfar: gli porterò i tuoi saluti, certamente. e Rufuslad? come sta Rufuslad?
Gerchrist: conducilo alla cappella di legno nel bosco, oggi. lo vedrò con grande piacere
Rufuslad è stato punito dal Signore per la sua arroganza e ora vive isolato nell'isola di Cantaalbard. egli deve pentirsi fino in fondo al suo cuore
Trostfar: spero con tutto il cuore che lo raggiunga la serenità che solo il Signore può dare e penserò a lui quando sarò nella cappella di legno nel bosco o quando lavorerò alla sedia che mi hai chiesto, Gerchrist
Gerchrist: che la tua mano sia guidata dalla tua saggezza, Trostfar che l'intaglio della sedia non ti sia faticoso, Trostfar. verrai, Trostfar, alla lieta raccolta delle mele cotogne?
Trostfar: come potrei mancare, caro amico Gerchrist. verrà anche Loffalson, secondo te?
Gerchrist: non lo so, egli è confuso e stanco, l'ombra è calata sulla sua casa
Trostfar: forse è calata anche in lui
Gerchrist: ricordi che Varudjar rubò una bottiglia di liquore al legno dalla taverna di Gosloop il Venerando? e Sappooooor il giudice lo condannò a costruire l'altare della prima vendemmia?
Trostfar: sì, però ricordo anche che Darlanda cercò di scagionarlo riportando la bottiglia di nascosto
Gerchrist: è vero, purtroppo ella mise il piede in fallo e l'inganno fu chiaro, sapiente Trostfar
Trostfar: anche lei fu ottenebrata e Sappoooooor punì anche lei
Gerchrist: il succo della mela è amaro se il melo cresce all'ombra dell'inganno
Trostfar: e una mela marcia guasterà quelle sane ma quelle sane potranno sanare quelle marce?
Gerchrist: il cammino verso la bontà è irto di spine velenose, il cammino verso l'ombra è ricoperto di mattoni d'oro
Trostfar: sagge parole Gerchrist fabbro ferraio
Gerchrist: non sono mie, Trostfar il falegname, sono le parole del libro del bosco di Medrantir come sai
Trostfar: ah, giusto. Quelle che si trovano nel libro poggiato sul leggio di faggio all'interno della cappella di legno nel bosco
Gerchrist: sul leggio che tu costruisti l'inverno della grande fioritura del Mandocco. furono tempi lieti, quelli. la figlia di Bravanur portava in grembo il seme di Pralina il coraggioso
Trostfar: e tu, Gerchrist, incontrasti Nastrasal, di cui ti innamorasti
Gerchrist: Borallin il nano fecondo costruì la Porta Limacciosa nel villaggio di Fretondo. ricordi bene, Trostfar
Trostfar: certo, perché quello era anche il tempo in cui Vostasfor il mastro birraio inaugurò la Taverna del luppolo. che tempi felici che trascorremmo, caro Gerchrist il fabbro ferraio. c'era anche Loffalson, ricordi?
Gerchrist: la primavera della nostra vita scorreva forte in noi, allora
Trostfar: ciao Gerchrist fabbro ferraio, io sono Trostfar, il falegname
Gerchrist: che il giorno splenda su di te, falegname Trostfar, io sono Gerchrist, il fabbro ferraio
Trostfar: che bello vederti, fabbro ferraio Gerchrist. Che la gioia scaldi il tuo cuore e che il signore guidi ogni tuo passo
Gerchrist: che Granvakka, la tua compagna, possa presto darti la gioia di un erede dai capelli rugiadosi
Trostfar: come sai, caro Gerchrist, Gravakka non è il vero nome della mia compagna
Gerchrist: non lo sapevo, falegname Trostfar
Trostfar: il suo nome, ricordiamolo, è Mokkasol
Trostfar: i demoni sono sempre in agguato, come quando traviarono Norrosbad, che dipinse di nero tutta la casa di Frrrregasut
Gerchrist: Norrosbad era malvagio, ricordi che tosò anche la pecora del figlio di Zraaaknift e parlò con lingua mentitrice alla figlia del macellaio Destinaant?
Trostfar: ricordo anche che per questo tutta la comunità rimase sconvolta per molto tempo. io non riuscivo più a lavorare il legno, che mi si ribellava fra le mani, fino a quando non arrivò il nonno di Norrosbad, Butangas, a portare la sua saggezza
Gerchrist: io sono Gerchrist
Loffalsson: Io sono Loffalsson, figlio del sellaio
Gerchrist: che il giorno splenda su di te Loffalson
Loffalsson: che il tuo frutteto sia sempre prodigo di frutti maturi, Gerchrist
Gerchrist: che le tue donne abbiamo sempre, Loffalson, le poppe mature
Loffalsson: che il tuo ruscello sia sempre onusto d'acqua chiara e fresca
Gerchrist: che lavoro ti ha assegnato il Signore, Loffalson? sei sellaio come tuo padre e il padre di tuo padre prima di lui?
Loffalsson: sì, continua la tradizione
Gerchrist: anche tuo figlio sarà sellaio, dunque, come il giovane Hunddqvist
Loffalsson: sì, in culla gli metterò i ferri del mestiere, perché possa apprendere immediatamente
Gerchrist: il Signore benedica la tua operosa famiglia e ricordati il saggio detto di Monhoefer
Loffalsson: il Signore unga sempre la ruota del tuo carro, cosa disse il saggio Monhoefer?
Gerchrist: quando l'aratro si inzolla, l'uomo avveduto intona i canti del cristo. vi è dunque giunta la notizia del figlio di Tronqldvist, il mugnaio?
Loffalsson: no, cosa gli accadde?
Gerchrist: egli l'autunno scorso, durante la vendemmia, cercò di violare la sacralità della virtù del giovane fiore della figlia del calzolaio Mmmndrqvt
Trostfar: sono Trostfar, il falegname
Gerchrist: io sono Gerchrist, il fabbro ferraio
Trostfar: che la luce del Signore illumini i vostri occhi. salve, Gerchrist fabbro ferraio
Gerchrist: salute, Trostfar, il falegname
Loffalsson: salute Trostfar, sono Loffalson, il sellaio
Trostfar: oh, salute Loffalson, il sellaio, che la gioia del lavoro sgorghi copiosa dalle tue mani
Gerchrist: lieta giornata, sellaio Loffalson, è quella in cui è possibile lavorare fino allo stremo
Loffalsson: il lavoro è un dono al Signore
Gerchrist: Dereekna, la giovane figlia del calzolaio Mmmndrqvt, per volere di nostro Signore, fu dunque ingravidata mentre sparecchiava il desco in un meriggio di settembre. il figlio di Tronqldvist, il mugnaio, che la colpa lo perseguiti, disse che satana aveva guidato il suo seme e che il figlio che Dereekna attendeva non era figlio dei suoi lombi, ma dei lombi di satana
Loffalsson: ah sacrilego!
Gerchrist: la sua mente era oscura e guidata dall'indolenza
Loffalsson: che la spada tagliente del Signore lo trafigga e i cani del suo giardino ne facciano brani
Gerchrist: Dereekna, una notte prima del raccolto del luppolo, ahimé, si tolse la vita con peccato ancor peggiore. che iddio abbia pietà! uccidendo anche il frutto dei lombi del figlio del calzolaio Mmmndrqvt. all'alba del giorno ier l'altro, il figlio del calzolaio Mmmndrqvt è stato trovato bocconi nel ruscello che scorre accanto alla cappella di legno nel bosco con un brano di Ecclesiaste IV, 2 scritto su una piccola pergamena di alce. ma iddio ci perdoni, questo brano era scritto al contrario - la oirartnoc - l'ombra cade sul nostro villaggio, saggi Loffalson il sellaio e Trostfar il falegname. io sono Gerchrist, il fabbro ferraio
Loffalsson: io sono Loffalson, il sellaio, la mano del Signore vi guidi
Gerchrist: qual è il tuo saggio dire, dunque, saggio Loffalson? la disperazione della moglie di Lot aleggia su di noi, alfine. io sono Gerchrist, il fabbro ferraio
Trostfar: io sono Trostfar, il falegname, la mia mente è annebbiata
Loffalsson: il Signore tutto vede e tutto sa e quindi non punirà il nostro villaggio. un Salvatore è atteso perché dirima l'oscuro intreccio e scacci Satana dalle nostre case. io sono Loffalson, il sellaio
Gerchrist: io sono Gerchrist, il fabbro ferraio
Loffalsson: Noi dobbiamo pregare, e continuare a offrire il sudore delle nostre fronti e il frutto dei nostri ingegni a Lui, ed Egli saprà essere misericordioso
Trostfar: Loffalson sellaio, il Signore parla per bocca tua
Loffalsson: no Trostfar, io non son degno
Gerchrist: le tue parole sono la gloria del signore, vecchio Loffalson. la tua grigia chioma indica che la tua conoscenza è profonda e iddio ti benvuole. dobbiamo andare alla cappella di legno nel bosco a pregare
Trostfar: sì, amici, andiamo alla cappella di legno nel bosco. proprio ieri, insieme al mio garzone Soloffobar, abbiamo piallato gli inginocchiatoi. io sono Trostfar, il falegname. Soloffobar è un giovine solerte e timorato di dio, lo raccomando per la mano della giovane Helgetra, figlia di Potromag, il mugnaio
Gerchrist: salute, Trostfar il falegname, io sono Gerchrist, il fabbro ferraio
che il signore mi corregga, ma il mugnaio non è Tronqldvist? Tronqldvist il mugnaio?
Trostfar: dici bene, caro Gerchrist, Tronqldvist è il mugnaio ma del lato occidentale, mentre Potromag è il mugnaio del lato orientale. Tronqldvist, che il signore lo abbia in cura, non ha potuto avere prole
Gerchrist: iddio mantiene la tua mente lucida e fresca, giovane Trostfar, l'oscurità non ti può ingannare. ricordo, Potromag figlio di Gazprom, mugnaio del lato orientale anche lui
Trostfar: anche la tua mente, saggio Gerchrist, non falla. Gazprom è stato un caro amico di tuo padre Vasterkat. insieme, lo ricorderai, posero il primo palo, all'ingresso del paese
Loffalsson: Potromag era un saggio e facondo. fintanto che il suo mulino non subì il giogo di Jellindal, il terribile signore dell'Est. avvelenò il suo spirito quanto il suo grano. egli si diede al gioco dei Bjorniis
Gerchrist: il tennis?
Loffalsson: né valsero i richiami del Signore
Gerchrist: io sono Gerchrist, il fabbro ferraio
Loffalsson: io sono Loffalson, il sellaio. gloria a te Gerchrist
Gerchrist: salute, anziano Loffalson il sellaio, la tua memoria è la nostra memoria, che iddio te la conservi sempre prodigiosa come la sacra veste del Santo Galaak
Loffalsson: il Signore si recò da Potromag sotto mentite vesti, chiese lui ospitalità ed egli, con grande finzione, lo accolse salvo poi derubarlo per sperpare il maltolto ai dadi
Gerchrist: fu allora che con il danaro rubato, sterco del demonio, comprò Granvakka, colei che sarebbe diventata un giorno la madre dei figli di Trostfar, rivendendola poi all'orafo Mnemonius, il quale in cambio di un'oncia d'orzo la vendette a sua volta al rabbino Kanukkaj finché mio padre, il povero Vasterkat la raccolse in un letamaio. io sono Gerchrist, il fabbro ferraio
Trostfar: salute a te Gerchrist, fabbro ferraio. come già ti dissi, Granvkka non è il vero nome della mia compagna, che il sublime l'abbia sempre con lui. il nome vero è Mokkasol. io sono Trostfar, il falegname
Loffalsson: Io sono Loffalson, il sellaio. Granvakka è figlia del Signore. Egli l'ha voluta con sé pietoso e grande è il Signore e oscuro a noi nelle sue decisioni
Trostfar: bentrovato anziano Loffalson sellaio. la tua memoria è sempre cristallina e saggia la tua interpretazione del volere del Signore. io sono Trostfar, il falegname
Gerchrist: il signore ha misericordia di noi. io sono Gerchrist. il fabbro ferraio. egli ci aiuterà a superare la siccità di questa stagione con la preghiera alla cappella di legno nel bosco, supereremo con il suo aiuto anche questa prova, come l'inverno in cui l'infido Standertraat rubò la liquirizia dalla casa del pastore, il pastore Braatkaat. io sono Gerchrist, il fabbro ferraio
Trostfar: io sono Trostfar, il falegname
Gerchrist: lode a te, Trostfar
Trostfar: egli provvederà per noi
Gerchrist: egli guida le nostre mani, savio Trostfar
Trostfar: ci accompagnerà, quando dovremo affrontare il periodo della sacca dell'orrido male
Gerchrist: come dice il proverbio, ogni strada irta di delitti è costellata di alberi di pruno
Trostfar: come quando Froggosal si imbattè nel tremendo Rottiman, istigatore dei pensieri laidi, che satana se lo porti nel baratro
Gerchrist: non parlare così, Trostfar. la vendetta è dei poveri di spirito, che il signore ne abbia pietà
Trostfar: hai ragione, savio Gerchrist
Gerchrist: il rancore è come il fungo nato all'ombra del tronco malato
Trostfar: per un momento sono stato debole, ma, grazie a te, la gloria del bene regna di nuovo nel mio spirito
Gerchrist: io sono Gerchrist, il fabbro ferraio
Trostfar: ti sono grato, Gerchrist fabbro ferraio. io sono Trostfar, il falegname
Gerchrist: sono io grato a te, Trosfar il falegname
Loffalsson: io sono Loffalson, il sellaio
Gerchrist: la strada che porta al palazzo del Signore non si compie in calesse o con la ruota dorata. essa si compie con la mente sgombra dall'oscura preoccupazione
Loffalsson: hai ragione Gerchrist, sarà il Signore a decidere se il nostro cammino si compirà su erbosi declivi, oppure su erti sassi ma nostra dovranno sempre essere dovere e benevolenza
Gerchrist: la tua parola è miele alle mie orecchie, sapiente Loffalson il sellaio. parli come tuo nonno Mekkano, il saggio sellaio. l'amore del Signore è una pianta robusta nella vostra stirpe. ricordo sempre le parole di tuo nonno Karponi Loffalson, quando coglieva i frutti del Bismanio
Loffalsson: e io ricordo tua nonna Anja, sempre sorridente, preparare le ciambelle di mirtilli e porgercele, non prima che avessimo invocato il Signore e lo avessimo ringraziato per la sua generosità. io sono Loffalson, il sellaio e sia lodata la tua genia pia e socievole, pilastro del nostro villaggio
Gerchrist: io sono Gerchrist, il fabbro ferraio e ti sono debitore, sellaio Loffalson, perché tu, il giorno in cui persi la speranza a causa del vizio, tu mi ridesti la vista fuori dalle tenebre. ricordi, sapiente Loffalson? io fui ottenebrato dallo spirito di satana e mi diedi al falso piacere della grappa di Barravio che porta la falsa felicità nel cuore degli stolti. io sono Gerchrist, il fabbro ferraio, e tu mi portasti alla fonte del fiume Nesomaas
Loffalsson: ricordo Gerchrist, ricordo ma ora il Signore mi richiama all'ordine devo incamminarmi sulla sua strada e attraversare le nebbie di Leijmdal. il Signore vi mantenga
Gerchrist: che la strada non ti sia tortuosa, generoso Loffalson che il Colbacco non manchi mai al tuo desco. io sono Gerchrist il fabbro ferraio. buona salute, sellaio Loffalson
Loffalsson: io sono Loffalson, il sellaio e vi saluto deferente
Gerchrist: io sono Gerchrist il fabbro ferraio
Trostfar: io sono Trostfar, il falegname.

venti

Seventiis o le marchette della cultura.
Siccome, senza dubbio, sono un ragasso dei Settanta, di quelli che andavano a scuola con piccole Clarks ai piedi, pantaloni di velluto a coste a zampa di elefante e piccoli maglioni e berretti di lana fatti a mano, ho provato l'impulso irresistibile di andare a visitare una mostra, annisettanta, alla Triennale di Milano, risultato del revival permanente in cui viviamo. Ma non si produce mai nulla di nuovo, ora?
Messo insieme un piccolo drappello di ragassi-settanta, abbiamo approcciato la mostra. Non nego l'afflato nostalgico, volevamo rivedere il Penny e i libri-come-funziona di Scarry, le lampade a rombo e la carta da parati psichedelica. D'accordo, siamo nati nei primi anni dei Settanta - ferveva il dibattito prima di entrare - ma abbiamo cominciato ad agire in coscienza negli Ottanta, sosteneva qualcuno. Certo - altra posizione - ma ciò che siamo oggi (posizioni ideologiche, preferenze estetiche e musicali, scelta degli abiti, atteggiamento complessivo) viene dai Settanta, non certo dalla fosforescenza degli Ottanta. Vero. Da qualche parte in qualche momento, devo aver compiuto una scelta di campo, scegliendo le Clarks al posto delle Nike, Supergulp al posto di DJ Television, CCCP piuttosto che Russia.
La mostra, cito: "ripercorre gli anni Settanta attraverso alcune installazioni dedicate a parole chiave (viaggio, corpo, conflitto, corteo, ecc.) o a figure emblematiche (Moro, Pasolini) del decennio in questione". Io l'ho trovata poco significativa, direi, un'accozzaglia di reminescenze messe lì un po' a caso, contando sul potere evocativo di alcune parole e fatti, senza un filo logico particolare, un ragionamento complessivo, una spiegazione illuminante. Nemmeno la raccolta e la disposizione di oggetti, vari, o l'accostamento degli eventi, hanno - a parer mio - la forza di ricostruire un'epoca, di spiegare un sentimento comune che io ricordo in maniera abbastanza precisa. Con un'eccezione: dietro tendine di plastica, sono entrato in una stanza in cui è ricostruito un bar e, devo dire, ho provato un sussulto di memoria. Potenza inaudita dei distributori di pasticche Valda e dei tavoli in formica verdina. Un paio di foto a lato.
Un tizio dietro di noi, un po' più grande, si è quasi commosso, nostalgia canaglia.
Comunque, un po' poco nel complesso, perché è facile fare leva sui ricordi e i sentimenti delle persone, più difficile proporre un percorso che stimoli la ricerca di spiegazioni, cosa che questa esposizione non fa.
A questo punto, è un'avvertenza, vorrei entrare in aperta polemica con chi ha concepito e organizzato la mostra, concludendo possibilmente con qualche insulto. Procedo, dunque. Alla fine, le ultime due sale sono completamente dedicate a Elio Fiorucci e alla sua opera (rabbrividisco, la sezione fiorucci land), Fiorucci ha fatto questo, ha fatto quello, era amico di questo e quello, era una specie di emblema dell'epoca, con tanto di prosopopea sdilinquita. Prego? Il tutto è decisamente fuori contesto, troppo focalizzato, non si capisce come mai dopo Pasolini e Moro ci sia, suggerisce il percorso, Fiorucci. Scherzate, vero?
La sensazione di marchettona è forte, ci sono anche delle strane bacheche con magliette di Fiorucci in vendita, prima della libreria. Per fortuna spesso le risposte sono a portata di mano. Prendo il depliant della mostra e osservo le note: l'ideazione e regia è di Gianni Canova, la messa in scena di Mario Bellini, va bene, e il Comitato scientifico? Sei componenti, tra i quali ai miei occhi spicca Elio Fiorucci. Parente?
Che schifo, è mai possibile che non si riesca mai a fare una cosa fatta bene fino in fondo, con intenti spassionati, onesti e generosi? Possibile che ogni volta si provi a indagare, anche un minimo, salti fuori qualche magagna o furberia, piccola o grande? D'accordo, forse la questione non è basilare, discutiamone, di certo la sensazione che provo è piuttosto sgradevole. Era proprio necessario? Nessuno del Comitato scientifico ha avuto qualcosa da obiettare? Bah, schifo su Fiorucci, uomo e stilista piccolo piccolo.

diciotto

Forse non tutti sanno che.
Squali. Una delle ultime scoperte in questo campo è la sensibilità ai campi magnetici degli Elasmobranchii. Questo avviene grazie ad alcuni recettori che si trovano collegati ai pori del muso, in particolare grazie al complesso formato dalle ampolle di Lorenzini.
Alcune ciglia, suscettibili ad un robo elettrochimico, immerse in un gel-non-da-capelli, vengono sollecitate da una variazione di campo magnetico grazie all'azione di una pompa protonica ('anvedi?) che devono avere da qualche parte. Da alcuni esperimenti fatti in mare aperto, da sub-scienziati, si è dedotto che lo squalo utilizza tutti i sensi ma solo alcuni li attiva a distanze più prossime alla preda. Da lontano prevalgono l'odore e la vista, da vicino per sgagnare con la mascella a colpo sicuro, usa tutto 'sto baracchino. Che è piuttosto infallibile.
Da prove empiriche che abbiamo fatto or ora io e qualche giudice di Palermo, pare che Cuffaro sia sprovvisto di tale marchingegno, per nostra fortuna.

diciassette

Hard life.
Capita abbastanza spesso che io vada a prendere un caffé in compagnia dei matti (questa è scienza) ospiti della cooperativa sociale sotto il mio ufficio. Sono grandi consumatori di caffé, oltre che chiacchieroni e tabaccomani impenitenti. Ecco la scena di stamattina presto, quando sono arrivato.
Uno (per sua costante ammissione inguaribile depresso) esce dalla porta della comunità ripetendo un mantra di questo tipo "il mondo è morto, il mondo è morto" e via così. L'altro (per sua definizione bipolare con tendenze schizoidi), un po' rallentato dalle dosi di psicofarmaci, lo guarda e gli fa, a voce alta, scandendo: "Grazie per il tuo entusiasmo, che anche stamattina mi fa cominciare bene la giornata".
Mi fanno morire, questi sono i caffé più gustosi che io abbia mai bevuto.

undici

Le allegre nonché inutili guide di trivigante.it: il riposo del bauscia.
Il cimitero monumentale di Milano. Al cimitero è bello andare, ancor più se è monumentale. Non poteva essere altrimenti, dato che il cimitero monumentale è da più di un secolo il cimitero dell'alta borghesia industriale milanese (Pirelli, Branca, Campari, Motta, Casati, Falck, Crespi, Erba etc.), non tutta illuminata, che, in generale, non bada a spese quando si tratta di casa, anche in senso di ultima dimora.
Infatti, gli aspetti interessanti delle sepolture della Milano-bene sono principalmente due:

a) l'etica calvinista del lavoro: io sono il lavoro che faccio (e il luogo comune sui milanesi non è poi tanto luogo comune) e se riesco a eccellere nel mio lavoro è perché sono molto bravo e perché predestinato ai favori di qualcosa o qualcuno di superiore; il danaro e il successo sono segni della benevolenza (anche) divina, il che costituisce una giustificazione sostanziale per la condotta in vita e un bel salvacondotto ai sensi di colpa (molto eventuali). La visita al cimitero, in questo senso, è istruttiva; nomi e cognomi sulle lapidi sono sempre preceduti, a bei caratteri grandi, dai titoli: avvocato, cavaliere del lavoro, commendatore (il cumenda, leggendario), ingegnere, cavaliere di gran croce, grande ufficiale della repubblica, megapresidente naturale, gran.figl.diputt. e così via. Il che, tavolta, è accompagnato da doppi e tripli cognomi, che fa tanto nobiltà: Serbelloni Mazzanti Viendalmare non è un'invenzione fantozziana, esiste sul serio e non è nemmeno il più eclatante;

b) il senso estetico del bauscia: l'industriale milanese, per quanto ricco sfondato, resta un bauscia, vale a dire uno che ha studiato poco, uno che ritiene che la lettura e lo studio siano, in generale, uno svago per donnicciuole e mezzi uomini, uno che possiede un senso estetico piuttosto vago, più che altro legato alle forme della fabbrica e della produzione; ma, soprattutto, come riporta De Mauro, un "fanfarone, sbruffone". Per capirci, uno che - che so - si costruisce un mausoleo in giardino o si costruisce un finto vulcano che erutta lapilli nella villa estiva, affidandolo ai servi. Per fare un esempio, eh!

Va da sé che anche le sepolture risentono pesantemente di questi due non trascurabili fattori.
Per questo la visita al cimitero monumentale di Milano è altamente istruttiva e, più interessante, molto divertente. Se ne vedono di ogni, perché l'accoppiata ricchezza-ignoranzagrassa produce mostri impensabili: cabine doccia di vetrocemento alte sei metri, finissime riproduzioni della colonna traiana, piramidi monumentali, edicole ardite e così via. Uno spasso.

Ovviamente Foscolo non l'ha letto quasi nessuno, ne consegue che l'eredità di affetti può andare a farsi friggere, quando l'urna è portentosa. Ecco alcuni esempi (le foto sono mie, fatene buon uso).
Le dimensioni contano, eccome, a maggior ragione se sono la misura della ricchezza e del potere famigliare, come si vede nella fotografia uno, in cui si intravedono templi neoclassici, obelischi e statue poco plastiche. Il senso estetico del padrone bauscia, come dicevo, è piuttosto labile: programmatore e ragioniere com'è, prima di passare a migliore o peggiore vita, chiama un "artista", vale a dire uno scultore o architetto che va di moda, e gli commissiona il mausoleo, senza badare a spese. Più è grosso, sfarzoso e debordante e più piace al cumenda. Il che produce, come nel caso della foto due, una comica commistione tra arte sacra e architettura classico-assiro-babilonese, cristo e donne piangenti su tempietto finto-eufrate. Diocheridere. E la famiglia Besenzanica che fa? Nel 1907, chiama lo scultore Butti e gli commissiona una mega-edicola con due contadini con buoi all'aratro, una figura allegorica e angeli ai lati di una croce con cartiglio (foto tre). Spettacolare, oltre che molto molto bella. Trattengo l'uretra e proseguo fino al Cristo balzante della famiglia Beati (foto quattro), che zompa fuori dal sacello come su tappeto elastico. Buona resurrezione a tutti, è quasi record. Ma il meglio deve ancora arrivare. Chi è il più sboldrone, sfacciato, fanfarone-sbruffone-bauscia di tutti? Davide Campari. Sì, quello del uéh, dammi un camparino, Giangi!. Ecco, lui ha chiamato Giannino Castiglioni, scultore colpevole di numerosi reati nello stesso cimitero, e gli ha commissionato una gigantesca "Ultima cena" leonardesca da far impallidire tutti gli altri (foto cinque). Certo che al posto del Graal poteva metterci un bel camparino, dico io. Ma il senso del ridicolo non appartiene alla borghesia-bene milanese.

uno due tre quattro cinque sei sette otto

Ed ora, un po' di folklore cimiteriale: i Rozza che, avendo un cognome sfortunato, potevano almeno evitare di metterci davanti la parola "famiglia" (foto sei), con effetto devastante; lo spiritosone della foto sette, che non ho capito chi sia, me lo immagino a cena che fa battute a raffica mentre l'auditorio famigliare gela davanti alla minestrina, scuotendo nascostamente il capo in segno di compassione.
Infine, la foto otto rappresenta il Monumento in ricordo dei Caduti nei campi di concentramento in Germania di BBPR e si trova all'ingresso del cimitero. E' un monumento importante perché è del 1946, probabilmente il primo monumento di questo tipo sui campi di concentramento: infatti, nessuno aveva ancora osato affrontare la difficile questione dei monumenti sull'olocausto e lo studio BBPR lo fece coraggiosamente, in ragione anche del fatto che tutti i componenti dello studio parteciparono alla resistenza e uno di loro morì in un campo di sterminio. Ora, si può anche discutere sull'opera in sé, è chiaro (sulle scritte sui pannelli, per esempio), ma non sulla sua importanza.
Dopo averlo fotografato, mi sono avvicinato e l'ho osservato da vicino: è sporco e arrugginito, l'urna che sta al centro contiene acqua melmosa e ha, nel complesso, un po' l'aria del rottame. Complimenti, ancora una volta, al Comune di Milano e alla signora-bene che lo presiede.
A ulteriore dimostrazione che il bauscia bada alle cose proprie e ha un senso della collettività e della memoria pari al senso del ridicolo. Zero. Bleah.

otto

Pre-trapassato prossimo.
Me ne ivo per le amene straduzze di Castell'Arquato, quando un indigeno mi comunicò che - tra le bellezze locali - è annoverato il Museo Geologico provinciale G. Cortesi, nel quale si "ammirano in mostra permanente raccolte di fossili, tra cui resti di cetacei (balene) trovati sui nostri calanchi, calco di mesosauro, di archeopterix ecc. Ideale per i ragazzi che vogliono scoprire i segreti della storia della vita".
Siccome io sono un ragasso che vuole di certo scoprire i segreti della storia della vita, mi ci sono recato in un battibaleno, senza nulla frapporre nel mentre. Corsi, corsi, corsi e ci arrivai in breve.
Documento l'entrata al museo:

Mica male, si vede che è un Museo con la emmemaiuscola, roba scientifica.
Tralasciando il fatto che punti a un cassonetto, l'insegna non è male. Dando per assodato che le leggi della termodinamica e la teoria della relatività valgano anche a Castell'Arquato, il che è da dimostrare, e dando come assunto che il tempo piacentino abbia sviluppo lineare e non circolare (ipotesi), ho dovuto forzatamente aggiornare le mie categorie conoscitive sul tempo: se esiste un pre-passato, che dev'essere quello tosto, cioè preistorico, passatissimo, cioè davvero davvero davvero antico, allora dovrebbe esistere anche un post-passato, che sarebbe il presente, il quale a sua volta sarebbe il pre-futuro. Ma il futuro sarebbe il post-presente, e dovrebbe per forza esistere anche un post-futuro, che andrebbe talmente in là da fracassare la mia immaginazione.
E il trapassato? Quello prossimo, dove sta? E quello remoto? E il futuro prossimo? Si tratta del post-futuro? Oppure il futuro prossimo sta in mezzo tra il futuro e il post-futuro? Questa mattina era un pre-presente oppure già un passato prossimo? E il trapassato remoto è prima o dopo il pre-passato?
Domande senza risposta, ovvio, nel museo non si trova una risposta che è una, maledetti. Invece di scoprire i segreti della storia della vita, mi hanno incasinato per sempre la faccenda del tempo.
Però, scartando di lato tutto questo casino, se la distanza tra gli eventi dipende dalla velocità relativa dell'osservatore rispetto ad essi, quadridimensionalmente parlando, un fatto è certo: al Museo Geologico provinciale G. Cortesi stanno belli fermi al punto di partenza.

sette

A Stalingrado non passarono.
Ho cominciato a leggere e subito finito Ultime lettere da Stalingrado (Torino, Einaudi, 1962, ristampato da poco), raccolta di trentanove lettere scritte da soldati tedeschi assediati nella sacca di Stalingrado nel dicembre 1942. Non arrivarono mai alle famiglie: Hitler le fece sequestrare dalla censura militare per un sondaggio sul morale delle truppe. Non ci voleva un genio e tantomeno un sequestro delle lettere per capire che a Stalingrado il morale delle truppe era ai minimi termini, l'assedio non aveva speranze e chiunque fosse là aveva la piena coscienza della morte. Così fu.
Tra tutte, una mi ha colpito moltissimo: la lettera di un soldato spacciato, pianista e uomo, che si rivolge alla donna amata con il rancore della disperazione, perché lei non capisce e perché nulla sarà come era stato.
La riporto, mi commuove e impressiona:

"Devi levartelo dalla testa, Margarete, e devi farlo presto. Vorrei anzi consigliarti di farlo in modo radicale, cosi sarà minore il disinganno. lo leggo in ogni tua lettera il desiderio di vedermi presto presso di te. E infatti, non è strano che tu lo desideri tanto. Anch'io non vedo l'ora e soffro veramente nell'attesa di te. Non è tanto questo che non mi lascia tranquillo, tuttavia, quanto il desiderio nascosto fra le tue righe di aver di nuovo presso di te lo sposo e amante, non solo, ma il pianista. Lo avverto chiaramente. Non è una curiosa inversione di sentimenti, forse, il fatto che io, che dovrei essere il più infelice, mi sia arreso al mio destino, mentre la donna che avrebbe tutti i motivi per essere grata che io sia vivo (finora) si lamenta del destino che mi è toccato? .
Ho più volte il sospetto che si muova un silenzioso rimprovero contro di me, come se io fossi colpevole di non poter più suonare. Proprio di questo tu volevi sentire. E proprio per questo tu nelle tue lettere andavi frugando finché avessi trovato quella chiarezza che io ti avrei data più volentieri spontaneamente di persona. Forse è il destino a volere che la nostra situazione sia giunta a un punto tale, qui, da non sopportare né scuse né reticenze. lo non so se potrò parlarti ancora una volta; è bene quindi che questa lettera giunga nelle tue mani e che tu lo sappia già, nel caso un giorno io dovessi riapparire. Le mani sono andate, già dall'inizio di dicembre. Alla sinistra manca il mignolo, ma, quel che è peggio, alla destra si sono congelate le tre dita di mezzo. Posso afferrare il bicchiere solo con il pollice e il mignolo.
Sono piuttosto impacciato, soltanto quando a uno mancano le dita, capisce come servano anche per le più piccole operazioni. Tutt'al più posso ancora sparare, con il mignolo. Le mani sono andate. Non potrò passar la vita a sparare, quando non potrò più far altro. O forse basta per fare il guardiaboschi? Ma questa è allegria disperata. E lo scrivo soltanto per quietarmi.
Kurt Hahnke - mi sembra tu lo conosca dai tempi del collegio, nel '37 -, otto giorni fa, in una piccola strada laterale alla Piazza Rossa, su un pianoforte a coda, ha suonato l'Appassionata. Non accade tutti i giorni: il pianoforte era proprio lì sulla strada. La casa era stata fatta saltare, ma lo strumento, certo per compassione, l'hanno tirato fuori e sistemato sulla strada. Ogni soldato che passava ci martellava su ed io ti domando dove, in qual altra parte del mondo si trovino i pianoforti per le strade. L'ho già scritto: il giorno 4 gennaio, Kurt ha suonato in modo incredibile, sarà presto sul primo fronte.
Scusami, ho scritto « fronte» e non ho scritto « in prima fila», usando un'espressione militare, tanto grave è già l'influenza della guerra su noi tutti. Se il ragazzo tornerà, sentiremo di lui meraviglie, ben presto. Non dimenticherò mai queste ore, mai. Vi concorrono già, del resto, la natura e il carattere dell'uditorio. Peccato non essere uno scrittore per rendere con le parole appropriate come quelle cento reclute sedessero, nei loro mantelli, le coperte tirate sin sulla testa. Si sentiva sparare da tutte le parti, ma nessuno si lasciava distrarre; ascoltavano Beethoven a Stalingrado, anche se non lo capivano. Stai meglio, ora che sai tutta la verità?
".

quattro

Aumenta la tua potenza sessuale con la lettura.

Avendo più tempo nelle festosità natalizie e di finedanno, mi sono dato alla piacevole lettura di alcuni libri, per esempio Come diventare campioni di matematica, oppure Test da gatto, o Nel cosmo alla ricerca della vita, oppure La figlia della sciamana, piuttosto che Lady Diana chronicles, o Tattiche d'amore 2.
Tutti libri bellissimi, è ovvio, mi sono molto dilettato e ho imparato parecchie cose nuove e utili. Certo, non sono diventato un campione di matematica né ho compreso a fondo la complessità di Lady Diana, però ho distintamente sentito che dentro di me qualcosa cambiava, migliorava nel corso della lettura.
Di pagina in pagina, ho provato una crescente sensazione di vigoria, di possanza, di forza belluina, una strana tensione nuova, inusitata, in un crescendo rossiniano. Io ritenevo che fosse una sorprendente crescita di tipo morale, etico, un repentino avanzamento nel mio cammino della conoscenza, un balzo evolutivo del mio cervello che si adattava a nuove frontiere di saggezza e comprensione.
Poi, nei primi giorni dell'anno, ho sentito un impulso irrefrenabile che mi spingeva ad abbonarmi a Le Ore, Gin Fizz, Megapoppe, Il Bomba e a ogni tipo di rivista di carnazza; dopo di che, sempre spinto da impulsi a me incomprensibili, ho sentito l'esigenza di frequentare clubs di scambismo, lap dance, mignottone da sbarco, lupanari ascosi e case di tolleranza lungo gli argini del Po. Mi sono persino iscritto alla gita sociale a San Marino delle Rotariane di Rivarolo, nella speranza di poter addocchiare una caviglia, un lembo di sottoveste, uno sguardo maliziosamente fugace da parte di qualche babbiona smemorata.
Cosa mi stava succedendo? Preoccupato di questa irrefrenabile deriva amorale a carattere peccaminoso, mi sono rivolto a uno specialista in disturbi a carattere sessuale, il dottor Knödel (è un nome inventato, vuole rimanere ignoto), che è anche contemporaneamente uno specialista informatico.
Lui è l'unico che può risolvere certi miei problemi intimi.
Dopo alcuni consulti e dopo lunghe spiegazioni ("herr doktor, ho solo letto dei libri, null'altro"), dopo aver letto a sua volta i libri in questione e dopo aver svolto alcune approfondite ricerche, il dottor Knödel ha, oggi, sciolto la prognosi e ha finalmente spiegato l'origine del mio repentino cambiamento.
Infatti, il dottor Knödel ha messo in relazione il mio malessere sessuale alla lettura dei libri che ho citato (ero incredulo) e, da uomo sapientissimo qual è, mi ha dimostrato come mi sono ammalato: si è collegato ai siti internet delle case editrici dei libri che avevo letto (Longanesi, Garzanti, Salani, Corbaccio, TEA, Vallardi) e ha fatto questa semplice prova scientifica che vado a descrivervi con parole mie.
Su ognuna delle homepage di queste case editrici ha cliccato con il tasto destro del maus e ha selezionato "visualizza sorgente pagina" (se usate Firefox) o "HTML" (se usate Internet Explorer) e si è aperto un file TXT che contiene il codice html della pagina in questione. In sostanza, perdonate la mia imprecisione e il mio linguaggio poco medico, questo file contiene tutte le informazioni presenti sulla pagina del sito.
Potete farlo anche voi, come l'ho fatto io, su uno qualunque di questi siti.
Superata la metà del file, che contiene le informazioni normali, ecco cosa compare (un pezzo di Garzanti):

Una sfilza incredibile di links a Viagra e metadone, uno sballo fantastico. E vale per tutti i siti in questione.
Ecco cos'era quel cambiamento in me: un'iniezione subliminale di viagra che nemmeno potevo sospettare, una titillazione potentissima delle mie ghiandole secsuali che si sono imbizzarrite senza che io lo percepissi.
A dimostrazione ulteriore di quanto vado dicendo, per coloro che non vogliono correre il rischio di essere subliminalizzati, ho salvato io i files con i codici html di ogni singola casa editrice; eccoli: Longanesi, Garzanti, Salani, Corbaccio, TEA, Vallardi. Ma chissà quante altre pagine sono così conciate.
Il dottor Knödel mi ha spiegato che queste stringhe non dovrebbero esserci, che sono inserite all'insaputa delle case editrici, che non sono loro i responsabili dei miei malesseri barzotti, che i libri non contengono messaggi nascosti con l'inchiostro simpatico. Meno male. Di certo, come minimo sono stati poco attenti ed erano girati mentre qualcuno, subdolo, da fuori gli modificava la homepage.
Niente di grave, dunque, ha concluso il dottor Knödel, in fin dei conti si trattava di Viagra. Se il messaggio subliminale fosse stato di altro tipo, per esempio "innamorati di Gentilini", avrei avuto guai ben peggiori di un temporaneo stato di imbizzarrimento.
Per questo motivo, il dottor Knödel mi ha sconsigliato di fare causa alle case editrici, visto che da un certo punto di vista potrebbero pure avermi fatto un favore. "Di certo", ha detto il dottore, "le case editrici non ci fanno una bella figura, questo sì, ma rimangono nei nostri cuori senza alcun sentimento mutato".
E poi mi ha raccontato, a mo' di morale e di insegnamento futuro, la storiella dei funghi primaticci, che è così nota a tutti che non ha senso riportarla ancora una volta. Leggere fa crescere.

due

Un eroe moderno.
Io non ho la tv perché mi annoio a guardarla, piuttosto preferisco grattarmi via la scabbia. Ma mi piacciono molto gli eroi, cioè coloro che si assumono un compito e, per quanto oneroso e spiacevole sia, lo portano a compimento tra le avversità. Uno di questi, che purtroppo non conosco, odia Studio Aperto, mostruosa aberrazione, a tal punto che gli tocca guardarlo ogni giorno a ogni edizione per poterne riportare le marchette imbarazzanti sul suo blog.
E io lo ammiro sinceramente, non solo perché è divertente e cocciuto, ma anche perché la masochistica tensione cui si sottopone ogni giorno andrebbe annoverata tra le pratiche proibite dalla Convenzione di Ginevra. E poi deve ricordarsi un sacco di nomi di tizi ignavi che fanno e dicono cagate, porello: tutto il mio sostegno alla sua intrepida missione.

uno

Agenda 2008.
Anche quest'anno, com'è giusto che sia all'inizio dell'anno, stendo la mini agenda degli appuntamenti che verranno, giusto per sapere cosa farò. Il primo agosto del 2958 secondo il calendario berbero sarò a Barnaul o Novosibirsk o Wuwei o Zhangye, perché ci sarà una colossale eclisse solare. Per tutto il 2258, secondo il calendario runico (?), me ne impipperò delle celebrazioni dell'anno palladiano e dell'anno paolino, rispettivamente cinquecento e duemila anni dalla nascita, esattamente come l'anno scorso me ne sono impippato di Garibaldi. Piuttosto, penso che me ne andrò a spendere qualche euro a Akrotiri e Dhekelia, giusto per pagare affascinanti souvenirs ciprioti in euro. Che soddisfazione. Salterò a piè pari, felicemente, la XXIII Giornata Mondiale della Gioventù a Sidney (15-20 luglio 1387 secondo il calendario persiano), avendo infranto la soglia della gioventù e, più che altro, non volendo pigliarmi la rogna. Invece, mi piacerebbe parecchio partecipare alla settimana bianca organizzata dal Gruppo Sportivo non vedenti di Milano (12-19 gennaio 5110 secondo il calendario induista Kali Yuga), perché l'evento ha un che di imperdibile. Il maestro di sci è un carabiniere, la cosa si fa interessantissima.
Ma non mi inviteranno, mi sa. Ad ogni modo, cercherò di comportarmi bene per i primi sei mesi di quest'anno (2761 ab Urbe condita) per non far sfigurare la Slovenia, presidente di turno dell'UE. Promesso.
Poiché quest'anno è bisestile, quindi interessante già di per sé, attendo sviluppi prodigiosi.
L'unico fatto certo, però, è che da ieri mi manca Ettore Sottsass, morto venerando ma con la testa ancora pensante e acuta. Chi parla così è uomo onesto e capace: "Certamente chi mi lascia fare qualcosa è sempre gente molto ricca, perché i poveri non vengono da me, ma non vanno da nessuno, i poveri ricevono quello che il potere gli dà come abitazione, come distacco dal centro delle città. Ho anche questo problema: parlo di case per la gente, però poi queste persone sono miliardari". Uhm, si fa già più difficile.
Comunque, buon anno a tuslemond, a eccezione dei furbi.

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