Il senatore Romani ieri stava raccogliendo soldi tra i membri del gruppo di Forza Italia per la festa di questa sera per il compleanno di Berlusconi: «Stiamo raccogliendo cinquanta euro a testa per fare il regalo al presidente», s’è lasciato scappare nel bel mezzo della buvette.
Questa è la vera fine di una carriera politica, quando non servi più ai servi.
Mese: Settembre 2015
highway to heaven
In una anglochiesa mi hanno dato questo utile quiz per capire se sto procedendo davvero verso il paradiso.
Ho ovviamente risposto “dando soldi alla chiesa” ma la risposta vera, all’interno, era: «Nessuna di queste cose, andare in paradiso dipende dalla fede nel tuo cuore».
I’m on the way to the promised land / I’m on the highway to he… aven.
la foto di Marco e gli italiani all’estero
Marco, alias Galactus, Grandesacchetto e chissà quante altre identità nascoste, fa un sacco di cose belle, dalla ricerca nella Scienza vera ai videi ai programmi alla musica.
E fa anche delle foto molto belle e significative. Gliene rubo una che ha fatto a Dismaland (a proposito: non ci siamo incontrati, peccato!, nonostante lui portasse una maglietta di Garabaldafafarata e io desiderassi incontrarlo in sì ameno luogo e offrirgli una cervogia calda) e che mostra alcuni nostri connazionali cogliere esattamente il messaggio sul palloncino e incarnarlo appieno con consapevolezza. Grazie, mr. M.
guerrieri… giochiamo a trovarci un nome pauroso?
In questi giorni i protagonisti di I guerrieri della notte, film del 1979 memorabile per i ragazzi dei Settanta come me, si sono ritrovati a Coney Island per celebrare non si sa bene cosa. Eccoli:
Vabbè, l’importante è stare insieme. Comunque, spulciando i dettagli del film di allora mi pare che la cosa più rilevante siano i – meravigliosi! – nomi delle bande che scorrazzano per New York e si ritrovano al festone finale.
Fedele come sempre allo spirito di servizio vorrei qui offrire a chi potesse servire un elenco di alcuni nomi, mutuati dal film, particolarmente utili per chi volesse fondare una gang di ribaldi e teppisti, o ne avesse una senza nome e non uscisse dall’empàss.
Ecco i migliori e più paurevoli:
- abbiamo fatto l’istituto tecnico: The Electric Eliminators
- ah, la mamma: The Satans Mothers
- teppisti nederlandocanadesi ordinati e gentili: Van Cortlandt Rangers
- uccidiamo di noia: The Baseball Furies
- abbiamo dato storia medievale: The Charlemagnes
- ci piace Springsteen: The E Street Shufflers
- uccidiamo con la danza: The Gun Hill Dancers
- siamo bravi ragazzi: The Homeboys
- abbiamo letto la bibbia: The Judas Bunch
- facciamo sparire le persone e i conigli: The Magicians
- abbiamo dato storia moderna: The Napoleons
- non ci confondete con: The Queen’s Bridge Mutilators
- abbiamo un pochino di confusione in testa: The Shanghai Sultans
- paura, eh?: The Yo-Yo’s
Ma i vincitori assoluti di questa speciale lista sono senza ombra di dubbio loro: The Xylophones. Tutto vero.
qui c’era il mercato di Poznan
A Poznan, Polacchia, si sono inventati un ottimo modo per ricordare la storica città di Śródka, con il suo mercato: un eccellente mural tridimensionale con, se ho ben contato, tre finestre vere. Una meraviglia, peccato che già vedo la faccia di un consigliere comunale medio italiano a una proposta di questo tipo.
allora siamo d’accordo?
(dal tendone dei cartelli di Dismaland).
dieci malapropismi in regalo
In merito a quanto detto qui sotto ieri, via con cinque di Totò:
adire alle vie letali
ai postumi l’ardua sentenza
impiegati sparastatali
malcostume mezzo gaudio
lettera omonima
e cinque di Ennio Flaiano:
saluti dalle pernici del Monte Bianco
si sono tutti alcolizzati contro di me
le zucchine mi piacciono trafelate
lo discuteremo in separata sedia
ha un completo di inferiorità
Yogi Berra, non Yogi bear
Apprendo oggi della dipartita di Yogi Berra, che non è appunto l’orso che ruba i cestini dei picnic e non è, tantomeno, un santone indiano: è piuttosto un famoso giocatore di baseball, pare di quelli grandi, collega e pari di Di Maggio.
Bene, pare che Yogi Berra sia ricordato anche per le sue frasi lapidarie, spesso al confine tra aforismo, nonsense e paronimia. Per esempio, pare sia sua la nota frase:
It ain’t over ‘til it’s over
che è un invito a non mollare prima del fischio finale, se non ricordo male usata pure in alcuni film (Animal House?).
Meno comprensibile è un’altra sua frase ripetuta spesso (lo scopro oggi):
When you come to a fork in the road, take it.
Capisco l’invito a prendere una decisione, ma prendere un bivio di una strada non significa nulla se non c’è la direzione. Penso.
La migliore, che voglio fare mia in determinate occasioni, è invece la più completa sbandata che gli usciva sovente dalla bocca:
I really didn’t say everything I said.
Certo, come no? C’è un corollario, con cui la frase continua, che è: “Then again, I might have said ‘em, but you never know“. Meglio, ma resta sempre un pazzo, in qualche modo.
Quello che è interessante per me è che Yogi Berra era un campione involontario della paronimia, ovvero lo scambio, voluto o accidentale, di parole somiglianti nella forma ma diverse nel significato. La più diffusa in italiano è, forse, una cosa tipo: “Non spiaccica una parola di inglese“. Ne faremo un gioco, chissà.
La paronimia, e qui viene ancor il più bello, è detta in inglese “malapropism“, derivato a sua volta da Mr. Malaprop, un personaggio della commedia The Rivals di R. B. Sheridan, così chiamato dalla locuzione francese “mal à propos“. Quando il sindaco di Boston, per fare un esempio celebre, disse “Texas has a lot of electrical votes” al posto di “electoral votes” fece chiaramente un malapropismo.
E ora vi saluto e mi vado a fare una speronata di spaghetti.
Dismaland: Banksy’s grim reaper rides the dodgem
Per gradire, una delle cose più divertenti della mia visita in quel meraviglioso posto.
(If you are going to Dismaland don’t watch this video).