se questa è la seconda carica dello Stato

Non mi occupo quasi più di politica italiana, la quasi totalità del dibattito è irrilevante, se non per la continua aggressione ai diritti sociali delle persone di questa squallida maggioranza. Bisogna occuparsi, sarebbe ora di metterlo a fuoco anche quando si vota, di politica europea e mondiale, prendendo atto del fatto che siamo periferia giovernata da nanetti a meno che non ci inventiamo una seconda età dei Lumi.
Stavolta però vorrei riportare un articolo ben scritto e dai toni piuttosto definitivi, che condivido. Gli antefatti: il cronista Andrea Joly de La Stampa viene aggredito da un gruppo di fascisti di Casa Pound perché filmava la loro festa per strada, il presidente del Senato nonché seconda carica dello Stato nonché nostalgico idiota cincischia furbamente, ritiene lui, e fa il solito giochino dei distinguo per avere le pagine dei giornali. «Sulla vicenda di questi giorni, ho una posizione di assoluta e totale condanna», assicura con tono deciso, «Però…». «Però credo che il giornalista non passasse per caso. Non è una sua colpa, però (di nuovo, ndr) sarebbe stato più bello se avesse detto “ero lì che volevo riprendere quella riunione”». Ovviamente non ha alcun significato quel che distingue. «Non vorrei che entrasse troppo nell’uso quotidiano l’inserimento di metodologie che creano poi reazioni che non vogliamo che mai avvengano». In linea con Meloni che all’inchiesta di Fanpage.it dice che non bisogna infiltrarsi.

È qui che voglio riportare il breve editoriale di Andrea Malaguti, direttore de La Stampa, sul giornale di oggi:

Se questa è la seconda carica dello Stato
Confesso che Ignazio La Russa mi mette a disagio. Un limite mio. È un maschio del Novecento che non riesce a uscire dalla grottesca armatura di pece in cui è rimasto imprigionato da bambino. Gli piace fare il bullo. Ha cristallizzato il senso di sé ai milanesi anni Settanta di piazza San Babila. Se non fosse il presidente del Senato derubricherei la cosa a “problema personale”. Invece La Russa è la seconda carica dello Stato. Regala la sua solidarietà pelosa al nostro Andrea Joly per le botte ricevute fingendo sdegno, liquida La Stampa col solito sarcasmo da capocomico e aggiunge: «Non credo che passasse da lì per caso, trovo che sarebbe stato meglio che avesse dichiarato di essere un giornalista». Mi sfugge, presidente: per farsi menare di più o di meno? C’erano cento fascisti in mezzo alla strada a mezzanotte che cantavano a squarciagola canzoncine mussoliniane riempiendo l’aria di fumogeni. Cercavano privacy? Al numero due dello Stato non la si fa, lui lo ha capito che Joly voleva fare il furbetto e che i picchiatori di CasaPound gli hanno dato una memorabile lezione. Che pena. Come avrebbe detto il mio professore di filosofia del liceo: siamo al di sotto del limite morale inferiore.

Già, che pena.

gioventù meloniana: il film dell’estate

Ho preso le due puntate dell’inchiesta di Fanpage.it, le ho salvate, unite e ripubblicate su YT. Perché guarda un po’ si fa pure fatica a trovarle, adesso, se non su Frontpage.it, appunto, e nascoste qua e là su YT, mentre dovrebbero essere proiettate nelle pubbliche piazze, come abbiamo fatto ieri sera, un bel po’ tutti insieme.
Così poi nessuno dica che non lo sapeva.

Ciò che inquieta, oltre a tutto quanto già noto e ipotizzabile, è la saldatura tra potere e base inneggiante, ovvero la consapevolezza di come la fedeltà – cori, slogan, dimostrazioni, saluti, obbedienza – senza pensiero critico sia il trampolino per l’assalto alle istituzioni, il comune di Roma da colle Oppio e da lì in su. Gli stessi campi sullo stile di quelli hobbit costringono a una riflessione. E da parte nostra, intendo sinistra, trovare un nuovo modo di affrontare questa cosa, in tutto ciò che va dall’istituzionale al bastone. Perché pretendere una parola di denuncia da Meloni chiaramente, semplicemente, non basta.

fuori dalle balle, finalmente

Dopo quattordici anni e una serie pressoché infinita di danni, tra una settimana i tories inglesi non saranno più al governo. Finalmente.

A differenza di Francia e parecchi paesi europei prima, la Gran Bretagna va se non a sinistra almeno in direzione progressista. Dopo quel criminale deficiente amorale di David Cameron, dal 2010, dimessosi nel luglio 2016 dopo il disastro della Brexit ma attualmente ministro degli esteri, ancora, Theresa May, dal 2016 al 2019, sostituita poi da Boris Johnson, vergognoso tra l’altro pure durante la pandemia, per toccare il fondo con Liz Truss, rimasta in carica solo dal 6 settembre al 25 ottobre 2022, il tempo di far morire la regina, e poi lo scadentissimo Rishi Sunak. Una bella sequela di fetenti disastrosi, complimenti.
Alle elezioni del 4 luglio, il Partito laburista è dato al 41 per cento, contro i conservatori, fermi al 20 per cento secondo le intenzioni di voto. Colpisce la presenza, di nuovo, della destra populista di Reform Uk, il partito di Nigel Farage, che dopo il macello dell’Ukip per la Brexit ancora lo votano.

Bisogna festeggiare. Un giretto. Magari più d’uno, visto che si respira meglio che qui, là. Dopo i Jet, il pretesto potrebbe essere una data del tour di Paul Heaton, che è in giro con Rianne Downey e di supporto gli interessanti The Zutons.

Sì, ci vuole, biglietti da oggi.

l’anno prossimo sul pratone ci facciamo il concorso dei sosia di Baffone

Dopo Salò, la destra perde un’altra delle roccaforti simboliche del loro potere locale: Pontida.

Ci sono passato per la prima volta la settimana scorsa e in un bar sulla strada ho comprato una calamita da frigo del pratone del raduno. Non quella con le bandiere, non ho avuto cuore, ma quella con l’erba. Devo avergli sottratto potere, evidentemente. La calamita del comando, la cercheranno gli orchi.
Il nuovo sindaco è laureato in Storia e sta facendo il servizio civile nella biblioteca comunale. Probabile quindi non abbia mai incrociato un leghista.
L’anno prossimo sul pratone lissio e Contesse e in culo ai leghisti.

con le scuse dei compagni rumeni

È con un misto di imbarazzo e vergogna che numerosi utenti rumeni in rete si stanno scusando a nome del paese per aver mandato al Parlamento europeo questa, ehm, tizia:

Si chiama Diana Șoșoacă, è un’avvocata e politica rumena e stupirà sapere, lo so, che sia di estrema destra, no vax, seguace di teorie anti-immigrazione del tutto sballate, antieuropea, filorussa e tutto quello di altro che la foto suggerisce. Com’era quella cosa del mondo vario? Tra le sue amene affermazioni, mi piace ricordare quella che diceva grossomodo: «Vaccinandovi resterete sterili per almeno tre generazioni» che so che non arriva subito ma poi lo fa con soddisfazione.
Detto questo, chi è senza peccato scagli la prima pietra, non c’è paese europeo privo di colpe in questo senso, da Vannacci in giù, passando per Salvini, Berlusconi, Iva Zanicchi al nipote di Crosetto, Mussolini, quel pistola del leghista Ciocca con cartellino rosso e fischietto e avanti. Il che non toglie nulla, comunque, a Șoșoacă né al fatto che tutte queste figurine siano quasi sempre, invariabilmente, di destra.

dopo non conta

Lo stesso giorno, pur di non andare in piazza della Loggia a Brescia, il, lo, la presidente del consiglio mette in piedi una baggianata a Caivano in cui un centro sportivo che tra sei mesi sarà deserto e desolato si erge a baluardo dello Stato contro l’assenza dello stesso Stato nelle periferie del paese. Il parroco in estasi celebra il governo, che è lì però con un altro intento: il trappolone a De Luca. In favore di video, prontamente diffuso, il, lo, la presidente del consiglio si presenta al presidente di regione riferendosi all’epiteto ricevuto mesi fa: «Presidente De Luca, quella stronza della Meloni. Come sta?». La bella notizia inaspettata è che il, lo, la presidente del consiglio non è una persona rancorosa che ha covato per mesi il desiderio di rivincita. De Luca non è pronto, chi lo sarebbe?, e non ha la risposta lì per lì. Che a pensarci poi sarebbe stata splendida: «Sì, l’ho riconosciuta».
Ah, le risposte pronte, le battute fulminanti lì per lì, che sogno averle. Che capacità. Poi, certo poi, vengono le risposte giuste ed è ancora più frustrante, era così ovvio, così facile. Dopo. Ma dopo, cosa che peraltro De Luca ha fatto, tutto è disinnescato, l’effetto è svanito, non ha per nulla una portata paragonabile. Per esempio, come non citare la puntata di Seinfeld sui gamberetti e la telefonata del mare, 8×13? Già, che rammarico, avere le belle risposte dopo. O, almeno, credere di averle.

«le violenze dell’estrema sinistra europea»

Il 24 inizia il processo a Ilaria Salis a Budapest.

Saranno ascoltati una vittima (?) e due testimoni, l’udienza successiva è prevista a settembre e grazie a iddio è finalmente ai domiciliari. Ricordo che Salis si è fatta ben più di un anno di carcere in condizioni indecenti, più di un mese senza nemmeno una doccia per non parlare delle catene e degli stivali col tacco a spillo, per «aggressione che ha messo in pericolo la vita di altre persone» e per «appartenenza a un’organizzazione criminale», figuriamoci. Infatti, il governo ungherese vuole «difendere gli ungheresi dalle violenze dell’estrema sinistra europea», ma magari, magari santoddio, magari esistessimo per davvero. Piagnoni, come tutte le destre europee.
Fa ancor più schifo la simultaneità con il rientro in Italia di tal Chico Forti, questo sì condannato per omicidio all’ergastolo in via definitiva negli Stati Uniti, proprio oggi, con Meloni ad accoglierlo a Ciampino, da non credere. Gli scivoloni retorici e contenutistici di Tajani che cerca di giustificare una vicenda e non l’altra sono da far accapponare la pelle, ridere non fosse ministro degli esteri.