laccanzone del giorno: Eels, ‘Rags to rags’

Gli Eels sono un gruppo di uno, cui attorno ruotano vari musicisti. E con l’album d’esordio, Beautiful Freak, ne imbrocca(no) una via l’altra, Novocaine for the soul, My beloved monster, Rags to rags, Your Lucky Day in Hell insieme a pezzi più riflessivi. Un vero album dei Novanta che per quanto mi riguarda non solo invecchia benissimo ma invecchia con me, che me lo porto dietro da allora senza lasciarlo giù.

Rags to rags è un live per finta, si sentono sotto i rumori del pubblico, ha senso con la canzone, dalle stelle alle stalle and rust to rust. Poi a quarantasette secondi parte la tipica parte ritmica di quegli anni, poi torna giù e poi di nuovo su: But it won’t mean – pausa pausa – a fucking thing. Che meraviglia.

Trostfar, gentilmente, raccoglie tutte leccanzoni in una pleilista comoda comoda su spozzifai, per chi desidera. Grazie.

così, nessuno di noi due sarà vivo quando il lettore aprirà questo libro

Penso di poter affermare con un buon grado di certezza che la copertina su cui si siano imbizzarriti di più i grafici editoriali sia Lolita di Nabokov. Ragazzine ammiccanti da ogni parte, da una vaga sobrietà alla più spinta esposizione senza freni che poco hanno a che vedere con il romanzo. Quattro esemplificative tra le ragionevoli, nessuna idea buona davvero:

Per tentare di ovviare allo scempio o, quantomeno, denunciarlo visto che dura da decenni o pro domo sua, l’architetto John Bertram ha lanciato un concorso per nuove copertine del romanzo e, tra molte, spicca per arguzia quella ideata da Jamie Keenan, che è uno bravo.

Sia perché richiama, com’è ovvio, il corpo, sia perché l’angolo è il posto dei colpevoli, sia perché è la stanza della ragazza e così via. Notevole. Poi Bertram ci ha fatto un libro, Lolita: Story of a Cover Girl. Comunque, io mai letto e nessuna tentazione, sono onesto, troppe cose da leggere prima.

questa è la chiesa che piace a me

Padre Tomasz Z. (la maiuscola è solo perché comincia la frase) la notte tra il 30 e il 31 agosto scorso organizza un festino scoparello in casa sua, a un certo punto l’escort assunto va in overdose da Viagra, il sacerdote mosso da pietà cristiana non solo non chiama i soccorsi per un bel po’, l’ha fatto qualche altro partecipante, ma cerca anche di impedire che poi entrino in casa, mettendo ulteriormente a rischio la vita del ragazzo. Non basta. La diocesi di Sosnowiec, in Polacchia guarda te, dove padre T. esercita e festeggia, è piuttosto movimentata: nel 2010 l’allora rettore ad interim del seminario di Sosnowiec avrebbe avuto una rissa in un club gay; a marzo 2023 il cadavere di un diacono di 26 anni è stato ritrovato con ferite che facevano pensare a un omicidio e sarebbe stato ucciso da un prete che poi si era suicidato.

A seguito della festicciola e dell’omissione di soccorso, mentre il prete scellerato tenta di difendersi volgarmente: «Un evidente attacco alla Chiesa, compreso il clero e i fedeli, per umiliarne la posizione, i compiti e la missione», il vescovo Grzegorz Kaszak si è dimesso. Bella la sua faccia lombrosianamente parlando, qui sopra. E se, come è accaduto, il Vaticano accoglie al volo significa che lo sporco è tanto tanto.

Pare una novella di Poggio Bracciolini o una delle Trecento di Sacchetti, un classico della storia clericale. Perché dico che mi piace, nel titolo provocatorio? Perché sono storie che esistono da sempre, il celibato dei sacerdoti è una fandonia e un discorso falso come quello là all’ultima cena, dalle scappatelle dei preti raccontate dal medioevo in poi, solitamente finite con sberleffo del tonacato che finisce a culo per aria, alle molestie sessuali di minorenni e non dei giorni nostri. Per carità, ci son preti bravissimi, ne ho conosciuti a bizzeffe, ma la chiesa – minuscolo – la capisco di più se è quella di papa Borgia, dei figli di papa Farnese, delle prostitute e dei vescovi arraffoni, di Marcinkus e dello IOR, di Emanuela Orlandi e di Alois Estermann, la conosco meglio e mi vien più facile fronteggiarla come nemica: una monarchia assoluta, corrotta nei costumi, nella morale e nelle tasche.
Il papa deve fare il papa, cioè il monarca autoritario e dispotico e litigioso e nepotista, se papa Francesco va in giro con la seicento e si occupa per davvero dei poveri – inimicandosi peraltro ogni gerarchia interna – allora io li capisco meno e mi si confondono le idee. Meglio se son chiari, così so come affrontarli.
E il prossimo papa, vedrete, sarà tremendo proprio per quello che vado dicendo in queste righe: tremendo e reazionario e chiuso e sordo alle richieste di giustizia, come Wojtyla, Ratzinger e tutti o quasi quelli prima.

eh, ne farò quarantanove

Stavo fantasticando su coast to coast negli Stati Uniti in treno, magari sulla leggendaria Chicago-San Francisco, quella con i vagoni aperti per tenere al fresco la carne, o su a nord, al confine con il Canada, magari tornando a est giù giù giù, con la linea che fa tutto il perimetro in basso.
Nonostante le ferrovie americane siano più che bistrattate nell’immaginario, in realtà paiono ragionevolmente distribuite; alla fine l’unico viaggio che ho fatto io, il New York-Washington era stato bello e confortevole, il classico viaggio che nelle serie tv, quando lui lavora di qui e lei di là, pigliano l’aereo perché manco si pongono il problema. La rete ferroviaria, dicevo, è meglio di come me l’aspettassi, in realtà permette di andare quasi ovunque, direi che copre tutti gli stati.

Anzi no. Uno no. Il South Dakota gli deve proprio star sulle balle.

Evitato come la peste, sopra e sotto. È pur vero che è grande due terzi dell’Italia e praticamente non ci sta nessuno, meno di un milione di abitanti, ridicolo, però è pur sempre lo stato del monte Rushmore e del favoloso parco delle Badlands. Ma evidentemente ad Amtrak non piace peggnente.

io vorrei proprio scendere da là

Io queste donne elettrici e sostenitrici di Meloni le vorrei proprio incontrare, vorrei capire. Proprio quelle che settimana scorsa inneggiavano al suo di lei carattere dopo il post in cui ha lasciato Gianbruno, che indipendenza, che decisione, un esempio per tutte le donne. E con l’IVA che torna al ventidue per cento su assorbenti, tamponi e coppette mestruali e, non bastasse per gli ultrà delle maternità italiane, pure per latte in polvere, preparazioni per l’alimentazione dei bimbi? Il tutto, lo ricordo, con inflazione e aumento dei prezzi, finora e d’ora in poi. E a monte, questa è la sostanza, assolutamente nessun provvedimento in un anno e rotti a favore delle pari opportunità e un ministero cancellato, con la scelta di Roccella. Il fatto che, magari, essendo in bozza poi questi aumenti restino ipotesi non cambia la sostanza delle cose.
Certo, anche in Illinois esiste un partito filonazista-gay, figuriamoci se non lo so che al mondo c’è chi sega il ramo sul quale vive, è che vorrei proprio proprio vedere di persona. Io che da uomo, bianco, occidentale, con qualche anno e qualche mezzo, resto ancor più in cima alla piramide del potere, nonostante me e anzi grazie alla donna, cristiana, italiana, madre Meloni.

due proposte di cammino nei paesi baltici

La prima è il Baltic Forest Trail che, come dice il nome, scorrazza per le foreste lituane, lettoni ed estoni per 2141 km, partendo dal confine polacco-lituano a Lazdijai fino a Tallin. O, ovviamente, viceversa.

Su sentiero, ciclabile o passerella, tutto il percorso, che è parte dell’E11, sentierone che parte dai Paesi bassi, richiede tra i centodue e i centoquattordici giorni per essere ultimato ed è suddiviso in segmenti da circa venti chilometri pari a uno massimo due giorni di cammino, tutti punteggiati da posti in cui soggiornare e trovare trasporti.

Uno dei tratti più belli è quello tra Riga e Tallin, il Metsa trail, suddiviso anch’esso in cinquanta tappe da un giorno, ciascuna da venti chilometri, ha anche alcune varianti in base alla difficoltà ed è completamente servito, l’asfalto è molto raro.

La seconda proposta, come da titolo-promessa, sempre per svagarsi a piedi o in bici in Livonia, Curlandia, Semgallia e Samogizia, è il Baltic Coastal trail che, come dice il nome, costeggia tutta la costa del mar Baltico lungo le tre Repubbliche Baltiche. 1419 km, circa una settantina di giorni di percorrenza è parte dell’E9, ovvero un percorsone dal Portogallo all’Estonia che segue tutta la costa nord dell’Europa.

Stesso tipo di segmentazione, tappe da venti chilometri, il massimo di altitudine raggiunta sono i 67 metri delle dune nella penisola di Neringa, ne ho parlato qualche mese fa quando ne ho fatto un pezzetto, girolando tra Nida e Klaipėda. Posti strepitosi e alcune tra le pinete più belle che io abbia mai visto, mi riposto per testimonio:

Farne qualche pezzo, saltare di qua e di là, star via centosettanta giorni andando per l’interno e tornando sulla costa, a ciascuno quel che voglia. Tra l’altro, i due siti che ho indicato sono una meraviglia, dettagliatissimi tappa per tappa, persino con le tracce gpx da scaricare, non oserei chiedere di più. A me che sto qui a scriverne e fantasticarne già mi brucia la sedia sotto al sedere, accidenti alla funzione di servizio.

i giocondi visti di fronte

Di fronte alla Gioconda, proprio dall’altro lato della grande sala, c’è un enorme quadro molto famoso, le Nozze di Cana di Paolo Veronese. È una tela di sei metri e mezzo per quasi dieci, colossale anche per Veronese, che rappresenta quell’episodio evangelico piuttosto noto in cui Gesù trasmutò l’acqua in vino. Cana era una città della Galilea, non ancora ben identificata.
Dipinte dopo il 1561, le Nozze furono commissionate per il refettorio del monastero benedettino di San Giorgio Maggiore a Venezia, progettato da Palladio, e il connubio tra i due artisti diede ancora una volta, dopo villa Barbaro, un risultato formidabile. Nel 1797 la tela fu portata via dalle truppe napoleoniche, horribile dictu, tagliata in sette parti per un più comodo trasporto e poi ricomposta a Parigi. Qui sì c’è da incazzarsi per la sottrazione, mica per la Gioconda che sta più o meno legittimamente là. Per questo, non quello.
Nel 1815 il Congresso di Vienna riconobbe le spoliazioni napoleoniche e indicò nella restituzione la via da seguire. Un funzionario francese dichiarò che la tela fosse intrasportabile, falso, e in accordo con un funzionario austriaco al quale poco importava rifilò ai veneziani in cambio una mezza telaccia, Il convito dal fariseo con la Maddalena ai piedi di Gesù di tal Charles Le Brun, più famoso per le decorazioni della reggia di Versailles che per la propria opera pittorica.
Nel 1994 e negli anni successivi furono inviate alcune richieste nel senso della restituzione ma invano. Dal 2007 una riproduzione superscansionata sta nel refettorio, così almeno si capisce quale fosse il senso.

Bene, cioè non tanto ma pazienza. Andare al Louvre e vedere la sala della Gioconda è di per sé una parte della visita, la folla che attende per una foto a fianco della piccoletta e sfila via manco al maosoleo di Mao davanti alla salma incerata. Il bello e secondo me la parte più significativa della visita in quel lato della sala è girarsi e vedere questo:

Colpo d’occhio notevole e ancor più bello perché la folla pare uscire da Cana e dalle nozze, là in fondo, e rovesciarsi verso l’osservatore. Foto notevolissima, fenomeno ancor di più, serve curiosità per le cose, i luoghi e le persone.