laccanzone del giorno: Foo Fighters, ‘Something from nothing’

Non sono un fan dei Foo Fighters, come non mi piacevano i Nirvana. Ma: Dave Grohl è una delle grandi teste della musica contemporanea, qualcuno vuole discutere? Occhei, ci vedremo fuori. Nel frattempo, un pezzo dei FF che ho scoperto di recente, guardando la prima puntata di Sonic Highways – una serie di documentari dei FF, appunto, usciti insieme al disco omonimo del 2014 – è Something from nothing, che ha tutte le carte in regola per stare qui.
La cosa interessante è che la canzone è sulla scena blues di Chicago, ovvero Muddy Waters e Buddy Guy in particolare, insospettabile, e ha un andamento del tutto rock: attacca alla maniera di Don’t speak dei No Doubt, si accresce con il riff di 1:29 (Holy diver? vogliamo parlarne?), per poi prendere una piega notevole a 2:05 quando entra una tastiera che rimanda dritta a Superstition di Stevie Wonder. Vualà:

A una delle chitarre c’è Rick Nielsen, mente dei Cheap Trick, e quindi le chitarre diventano quattro e il suono ne guadagna in grande compattezza ed è davvero solido: ben fatto. Il difficile, per me, è smettere di ascoltarla, ora.
[Da disco, se possibile, che ‘sto streaming a 96 kbit di youtube si perde via parecchio…]

ma perché sempre in balìa degli stronzi?

Gli alfaniani, quattro raccattati baciati non da una ma da mille lotterie vinte tutte insieme, affossano la legge sullo Ius soli. Risultato uno? Niente regolarizzazione di un sacrosanto diritto. Risultato due? Un enorme, gigantesco, spropositato regalo alla destra e a Salvini, in particolare. Che, infatti, esulta, a pochi mesi dalle elezioni. Il Movimento cinque stelle che si astiene non è da molto meno.
Stronzi.

Aggiornamento delle 18:15. Ma perché Lorenzin (vale per lei quanto detto finora) dice: «Riproviamoci nella prossima legislatura»? È davvero così convinta di vincere, specie con questi atti politici impuri?

è tempo di pensare al presepe

Direttamente da Napoli (grazie miss L.) le ultime novità in tema presepiale (presepico?) con il Pannocchia e Rocket man, protagonisti assoluti in imbecillità:

(…) et reclinavit eum in praesepio. Riconosco anche Ronaldo, Higuain con tanto di commento addolorato, un giocatore del Napoli a me ignoto, Daniele gigante, Rossi, il banana, ma chi sono i due con le guitarre in basso a sinistra? Uno è forse Lou Reed?

l’uragano Irma e quello che le persone devono fare

L’uragano Irma, una cosuccia con venti da 185 mph (295 km/h), ha funestato Capo Verde, Grandi Antille, Bahamas, Cuba, Florida nei primi quindici giorni di settembre.

C’è stato, quindi, il tempo per la Florida di prepararsi, ovvero chiudere le finestre con i chiodi, mettere in cantina quello che si può e, purtroppo, andarsene. L’immagine dei voli aerei sulla Florida il 10 settembre è abbastanza significativa.

Un fuggi fuggi. Non riesco a immaginare esattamente cosa voglia dire avere la propria casa distrutta da un uragano, non riesco nemmeno a immaginare un uragano e i sentimenti che si possano associare alla cosa.
L’undici settembre, la situazione dei voli aerei sopra la Florida era questa:

Il giorno dopo Irma si è deintensificato a categoria 2 e si è dissipato sopra gli Stati Uniti sudorientali il 13 settembre 2017, con un bilancio stimato al 14 settembre 2017 di circa 80 vittime (di cui la metà negli Stati Uniti).

they don’t hear me cry

Due giorni fa è morto Charles Bradley, grandissimo cantante soul cui volevo bene.

Aveva sessantotto anni e, uno potrebbe dire, ci sta. Potrebbe, il fatto è che Bradley era sostanzialmente all’inizio della carriera: infatti, dopo una vita randagia, aveva pubblicato il primo disco a 63 anni, nel 2011. No Time for Dreaming, bellissimo, uno dei dischi che mi piace mettere su quando ho voglia di gran musica.

Qualcuno l’aveva accostato a James Brown, non del tutto correttamente secondo me sebbene fosse uno dei suoi idoli, molti lo chiamavano «l’aquila urlante» («screaming eagle of soul»), per me era molto più vicino a Otis Redding, o Marvin Gaye se proprio.
Nell’estate 2013 ero partito per il Belgio con tutta l’intenzione di sentirlo suonare ma si trattava di un festival e lui suonò alle quattro del pomeriggio, quando io (noi, eravamo in missione) ero ancora per strada. Poi non ce ne fu più occasione ed è, ora, un rimpianto per me.
Restano i suoi tre dischi, un documentario sulla sua storia («Soul of America») e un bel dispiacere, perché oltre a essere davvero bravo era un uomo di un’altra epoca musicale, ricco di sentimenti e di dolore, simpatico quando voleva e sensibile, uno che si faceva carico della sofferenza: I can’t turn my head away / Seeing all these things / The world / Is burning up in flames / And nobody / Wanna take the blame.

Uno dei suoi pezzi che preferisco, The world (is going up in flames), con lui che se ne va in giro in tuta da meccanico su un autobus o un treno, Don’t tell me / How to live my life / When you / Never felt the pain. Che peccato, anche stavolta.
Come si fa a non volergli bene?

dei delitti e delle pene

Io sono sempre stato contrario alla pena di morte, anche nei casi più orribili e tremendi. Perché credo nei Lumi, nella Scienza, nell’Uomo e nell’intelligenza collettiva e dei singoli.
Poi, però, un giorno una delle mie guide spirituali ha detto una cosa che mi ha fatto vedere la questione sotto una prospettiva diversa.

Io sono a favore della pena di morte. Chiunque commetta un crimine orrendo deve ricevere una punizione adeguata.
Cosí la volta dopo impara.
(Britney Spears)

Ci sto ripensando, perché sono pienamente d’accordo con lei.