minidiario scritto un po’ così dei giorni di reclusione causa cojonivirus: giorno 34

Tutto prorogato al 3 maggio nulla cambia. Tranne qualche timida apertura, tra cui le librerie e le lavanderie, qualche prosecuzione come le industrie di estrazione del petrolio, resta tutto chiuso; per fortuna il governo non cede alle spinte, fortissime, di Confindustria per riaprire nonostante la situazione. E, di fatto, vanificando quanto fatto finora. E non è la sola cosa buona fatta da Conte: l’altra è la sfuriata in diretta televisiva contro Salvini e Meloni, i quali, si può dirlo, hanno veramente rotto i coglioni negli ultimi giorni su MES, Eurobond, Olanda e Germania e tutto quanto avessero a tiro, tanto la verità è un dettaglio. Il meglio è stato raggiunto quando Meloni si è lamentata del comportamento dell’Olanda (sintesi: «arrangiatevi») non comprendendo che è esattamente così che si comportano i sovranisti (o reazionari, come trovo bello chiamarli) che lei tanto ama e con cui si identifica. Ovviamente non fa alcuna differenza per lei, che non ricorda quando pochi mesi fa si faceva fotografare allegra a fianco proprio di coloro che oggi ci snobbano. Ma, ripeto, sono persone per cui non conta nulla. Però i due prendono una scoppola che ricorderanno.
A proposito di persone cui non importa nulla: la vicepresidente di Confindustria ha dichiarato oggi che il problema della chiusura delle fabbriche «è altrettanto» rispetto al «problema dei morti». Ancora una volta, bene Conte che non molla la barra.
Nel frattempo, crolla un ponte a Massa, sul torrente Magra. Si accartoccia proprio, di certo non per il peso visto che non c’è nessuno in questi giorni. O, meglio, solo un furgoncino telecom che si salva per un pelo. Una battuta che è girata al riguardo: Italia, timidi segnali di ripresa. Di certo, sempre una bella metafora, un ponte che crolla. Anche in questo caso ci sono le carte che testimoniano gli accurati sopralluoghi e il responso positivo dei tecnici, siamo sempre in una botte di ferro.

Oggi è il venerdì santo, il che vuol dire che i prossimi tre giorni saranno di fuoco per le forze dell’ordine: vuoi mancare la gita fuori porta? Ovvio, no. Fa pure caldo, se non è lago sarà mare, magari partiamo di notte. Spero vi infliggano pene sproporzionate, per esempio la crocifissione sulla versiliana di notte. Ho modo di verificare le forze in campo quando, in motorino con la spesa, svolto su una curva in città e dietro mi ritrovo in un vero e proprio posto di blocco con cinque auto dei carabinieri disposte a spina di pesce, uomini dappertutto e, dietro, altri due che stanno facendo decollare un drone. Per inciso, il drone ha la stessa livrea della divisa dei carabinieri, blu con striscia rossa: giusto ed elegante. Non mi fermano perché immagino, come ho già detto, non ritengano i motorini motivo di preoccupazione o perché, vedi l’orgoglio?, si sentano sminuiti a fermarli, non so. Ma era un blocco degno della caccia a Maniero o, prima, Vallanzasca. E sarà un fiorire di irresponsabili da qui ai primi di maggio, tra ponti vari (come se avesse senso, date le condizioni) e caldo che si fa convincente. A proposito delle persone con cui conviviamo e del caldo, ieri dal fruttivendolo ho sentito qualcuno chiedere, appunto perché fa caldo, dove fossero le angurie. Nel mondo dei noumeni, scemo. In compenso sono arrivate le prime ciliegie, insensate per periodo e per costo: sessanta centesimi l’una, ce la siamo risa con l’amico fruttarolo, me ne dia una per cortesia. Eppure, vedrai che qualcuno arriva.
Mentre faccio la spesa mi si rompe un laccetto della mascherina (bisognerebbe parlarne, una su due si rompe e bisogna graffettarle preventivamente) ma, mentre faccio per prendere quella di scorta, me ne regalano una. Gesto apprezzato, riflesso di un fatto positivo: adesso le mascherine cominciano a essere disponibili, da quelle fatte con i pannolini (regalate dalla Regione, inservibili) a quelle certificate con filtro. Ieri il giornale locale regalava una mascherina per ogni copia del quotidiano ma non essendo nemmeno imbustate la cosa faceva, a dir poco, ridere.
Mi scoccia per il 25 aprile, quello sì. Il mio natale laico.

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Un commento su “minidiario scritto un po’ così dei giorni di reclusione causa cojonivirus: giorno 34

  1. Una nota positiva

    Oggi, sia giustificato o meno, mi ritrovo con uno spirito più ottimista.
    C., sempre il mio amico che lavora all’ospedale nel reparto covid, mi dice che dopo settimane di condizioni davvero critiche adesso la situazione si sta decisamente normalizzando. Non normalizzando nel senso di essere tornata quella di prima – questo proprio no: lì i tempi sono un po’ più “lunghini” (vedi Covidiario 9 aprile) –, ma nel senso di essere gestibile senza abbassare troppo gli standard di trattamento. Insomma, si può rifiatare e nel caso di una seconda ondata si sarebbe senz’altro più attrezzati e preparati.
    Due ulteriori rilievi mi hanno colpito. Il primo è quello per cui – a suo dire, secondo i dati epidemiologici raccolti dall’ospedale – la nostra situazione sia stata e continui ad essere forse anche peggiore di quella della più celebrata Bergamo; il secondo è che, anche in ragione di una minore attenzione della politica nazionale e regionale (almeno in una prima fase, aggiungo io), le cose si sono riuscite a gestire con maggiore agilità ed efficacia.
    C’è anche un terzo rilievo, a dire il vero, di per sé meno confortante. Sempre sulla base della situazione attuale come da lui descritta, se dovessero riaprire le fabbriche dopo Pasqua, considerando il comportamento medio dell’operaio locale, in due settimane saremmo praticamente daccapo. Proprio mentre rifletto su questo dato, tuttavia, leggo che Conte, nonostante le pressioni di Confindustria, parrebbe deciso a confermare il lockdown fino al 3 maggio e che le riaperture delle attività produttive dopo Pasqua saranno limitate. Se la cosa si dovesse confermare, mi sembra un buon segno, tanto nel merito, quanto soprattutto nel metodo. Inoltre, in vista della Pasqua, supermercati chiusi per l’intero weekend e controlli amplificati: anche in questo caso, se così sarà, molto bene!
    Non credo onestamente che si possa parlare, come talora pure si sente in questi giorni, di un “ultimo sforzo”, di essere “quasi fuori” dall’emergenza o di altre simili amenità, ma comportarsi bene è come giocare bene le proprie carte a poker o (giocare) un buon match di tennis: si tratta di una cosa buona in sé, anche a prescindere dal risultato (che poi spesso segue).
    A proposito di tennis non scarso, ma pietoso, segnalo lo squallido scenario del dibattito europeo sugli eurobond, MES e via dicendo di questi giorni. Sbagliato il metodo dell’eurogruppo (totalmente rimesso alla logica intergovernativa, con il boccino nella mano dei singoli Stati che finiscono così per avere ciascuno un diritto di veto), sbagliato il modo in cui si affronta la questione dal punto di vista sostanziale. Qui se le cose non girano rapidamente (update di mezzanotte: sembrerebbe essere stato approvato poco fa un “patto per la rinascita”, votato soprattutto a finanziare le spese sanitarie: troppo presto per valutare) la vedo fosca.
    Ma non vorrei parlare di ciò e guastarmi l’umore o – peggio – l’appetito. Limitandoci al nostro piccolo orticello, oggi registro volentieri qualche nota positiva. Bisogna ricordare anche queste, tanto come sensazioni, quanto come dati oggettivi (se tali).

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