minidiario scritto un po’ così dei giorni di reclusione causa cojonivirus: giorno 7

Devo essere l’unico rintronato che non ha la mascherina. Nel senso che non ne possiedo nemmeno una. Ci ho provato a prenderle, ho chiesto al supermercato, in farmacia, in tutti i luoghi in cui è possibile farlo. Ho quelle del brico per la polvere, ne ho centinaia, non credo siano di grande utilità. Eppure, le hanno tutti, addirittura in molti hanno quelle con il buco centrale, il filtro, che da quanto ne so sono efficaci per otto ore. E non mi spiego: o ne hanno tantissime ciascuno, il che potrebbe essere, oppure la usano anche se è ormai sfiatata. Comunque ce l’hanno proprio tutti e io non riesco a capire dove le abbiano prese, è un vero mistero. Dappertutto ci sono cartelli in vetrina che dicono che mascherine e disinfettanti sono finiti, ci dev’essere un mercato nero, un luogo segreto, un commercio sotterraneo di cui non sono a conoscenza. Nella zona dove vivo, che è piena di immigrati, ce l’hanno tutti e io mi dico che se un domani dovessi trovare rapidamente una cosa che mi garantisce la sopravvivenza, probabilmente ci resterei secco in poco. Poi, alla fine, una persona gentile me ne regala una, di quelle sanitarie blu con i legacci. Grazie. Almeno ce l’ho anch’io, mi dava fastidio non possederne una a mia volta. Per averla.

Si fanno tante telefonate. Io, almeno, che non convivo con molte persone. Ovvio, almeno ci si sente, ci si scambiano informazioni sulla salute reciproca e sulla situazione, ci si rassicura, si scambiano pareri e idee, per fortuna lo si fa. Poi a un certo punto della telefonata ci si dice entrambi, con convinzione, che sarà lunga. Già. E si annuisce, facendo così con la testa. Ovviamente entrambi speriamo che non lo sia ma temiamo che lo sia. Il punto è che ci diciamo che sarà lunga, siamo d’accordo, ma nessuno dei due sa quanto sarà lunga. E, quindi, non lo esplicitiamo. Ma resta un dubbio: magari io sto pensando a giorni e il mio interlocutore di là pensa a settimane. Quanto è lungo? Per me già adesso è un periodo lungo. Già dire ai primi di aprile lo è. Mesi? Anni? Non scherziamo! Non ce lo diciamo e restiamo col dubbio. Perché cozza con la speranza che, invece, non sia un periodo davvero lungo. E poi nessuno sa come avverrà che si riprenderanno le cose come prima, perché d’accordo a un certo punto i casi cominceranno a calare ma che si farà a quel punto? Si ricomincia e si rischia che il contagio riparta? Dovremo aspettare di essere gregge? Ricominceremo pianin pianino? Ma soprattutto: sarà come prima? Quel che è certo è che sarà lunga. Già.

Tempo fa, Guccini disse che «dopo la guerra la gente aveva una voglia di ballare che faceva luce». Bellissima espressione, dice tutto.

A che ora è Conte, oggi? È sabato e quindi decreto?

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