minidiario scritto un po’ così dei giorni di reclusione causa cojonivirus: giorno 8

Otto giorni fa ero fuori a cena. Dio, era bellissimo, in pratica funzionava così: c’erano dei posti in cui le persone, chiunque, poteva andare a mangiare. No, senza portarsi le cose da casa, le cucinavano loro, meglio di solito di come si fanno a casa, potevi addirittura scegliere tra diverse opzioni e poi mangiavi lì. Avevano anche dei vini e dei dolci buoni, di solito. Aspetta, aspetta: e si stava in compagnia. Con le altre persone, al tavolo, di solito a quaranta centimetri l’uno dall’altro, a volte meno. E ci si poteva toccare, sfiorare, baciare alla fine. Eh, lo so, ma era così ed era bello, perché si mangiava insieme e si stava bene. E lo potevi fare tutte le volte che volevi. Sì, anche a mezzogiorno. Sì, soprattutto il sabato e la domenica. Poi pagavi e andavi a casa. E la volta dopo cambiavi posto, a volte anche in altre province o, tieniti forte, regioni. O stati. Pazzesco, eh? Lo so, stento a crederlo pur’io.

Oggi ho visto l’autostrada più trafficata d’Europa nel tratto più trafficato dell’autostrada più trafficata d’Europa.

Ora: tutte quelle belle volte in cui mi sono detto aspetta aspetta senti che silenzio… Già, ma non era il silenzio, il supersilenzio di questi giorni, era un silenzio con il rumore di una macchina di fondo, qualche voce, un aereo, una sirena, un cacchio di coso che facesse qualche tipo di rumore. Adesso no. Stamattina, poi, non c’era davvero anima viva in giro e il silenzio era totale. Ecco, quando è così io ho un po’ paura. Forse paura no, sono inquieto. Perché un conto è stare da solo quando sei in mezzo alla folla, giusto, sacrosanto, e un conto è stare da solo perché sei da solo. Tutta un’altra cosa. Prima erano tutti dei rompimaroni e ora – è bastata una sola settimana di arresti domiciliari – mi mancano. E poi ti odio e poi ti amo. E poi ti odio.

Mi sono fatto la giustifica, dicendo nient’altro che la verità, e sono andato a lavorare in giardino. Ho scavato, ho tagliato, ho potato, ho strappato, ho divelto, ho ostiato, ho cesoiato, solo chi non ha mai lavorato davvero in giardino pensa che la natura sia una nostra graziosa compagna: la natura va stroncata, altroché. Il giardino con le rose in natura non esiste, non esiste l’erba, non esistono i fiori, in natura esistono gli infestanti, i rampicanti, le erbacce, i cosi che crescono come degli indemoniati appena mi giro un momento. Questa è la natura. Altro che Leopardi. Anzi no, ovviamente lui aveva ragione ma volando un pelo più basso si comprende di più l’atteggiamento dell’agricoltore professionista: se non pulisci con la scopa l’aia tutti i giorni, entro otto mesi troverai tutto coperto di terra ed erbacce. E in cinquant’anni le città diventano città sepolte e poi Machu picchu. Una delle mie letture preferite a questo proposito è Gardenia, una rivista in cui delle signore che hanno sposato un erede Medici vivono in residenze secolari, hanno stuoli di paesaggisti, architetti del verde e giardinieri al loro servizio e dicono: adoooro l’odore della terra (tevva) sulle mani. Certo.

Ho un’amica ucraina che quasi quotidianamente mi gira degli audio che le hanno a sua volta girato su (indovina?) esatto: whatsapp. L’altro giorno era la vitamina C, una roba tipo: mangiate arance, perché ancora non lo sa nessuno tranne noi cinesi ma il virus muore con la vitamina C. Ed è andata anche bene che erano arance e non, che so?, pezzi di sterco. Oggi invece è l’asfalto e il virus che, tenace, resiste per nove giorni incollato alla strada. Complimenti. Ovviamente smentisco il tutto e la mia amica è sollevata perché, effettivamente, non riesce a capire cosa sia reale e cosa no, causa la lingua complicata. Mi sfugge il divertimento di mettere in giro delle bufale di questo tipo, davvero non capisco. Fosse: per sconfiggere il virus dovete spogliarvi, vestirvi da arcieri nottinghamiani ma solo dalla vita in su, spalmarvi la testa di mostarda, imparare a memoria il discorso di fondazione dell’Udeur e gettare dalla finestra il mobile più pesante della casa, ecco così capirei. Se no non ne vale la pena.

Oggi è una settimana che siamo chiusi in casa, o quasi. Stare all’aperto oggi mi è servito, l’umore è migliorato, si vede dal diarietto. Bisogna farne un pezzetto alla volta, imparare passo passo a convivere con questa cosa per un po’. Sarà lunga? Eeeeeh, saperlo.

I giorni precedenti:
minidiario giorno 7
minidiario giorno 6

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