Anche il tuc tuc al neon dentro e quello a metà appeso fuori in alto a destra, si vede, colmano la distanza estetica e concettuale con la natia patria.
Che spasso, questi signori, il tentativo di sofisticazione dell’immaginario inglese sull’India, così che si ripercuota anche sull’esperienza alimentare, è degno della massima considerazione. No, non ci sono andato, mi piaceva tutto ma da amico.
Fa già la caldazza bestiale ed è appena finita la primavera, stagione, e con essa la mia compila primaverile, trentesima. Stavolta i ragazzi, io, sono stati in giro, quindi le canzoni sono solo quaranta e la durata un paio d’ore e rotti, esattamente quanto serve per andare da Partskhanakanevi a Kutaisi con uno skateboard senza saperlo usare.
Sintonizzare la frequenza su un qualche FM, meglio se attorno ai 97 che era più bello, e lasciar andare. Già Fugue state di Vulfpeck alla terza mi dà un certo ritmo divertito, a me le compile servono quando sono in giro a zonzo per i paesi e le regioni o quando sto pulendo o potando, che allora le cose mi diventan più leggere. Eccole qua, tutte le compile: dicevo, son trenta, la cosa impressionante è che ciascuna son tre mesi, quindi il calcolo complesso mi dice che i brani sono finora 2.351 più i quaranta di ora 2.391, e i mesi novanta, novanta la paura!, per una quantità significativa di giorni si arriva a una media di quasi quasi un brano al giorno. Non malaccio, va’. Più meritevole la continuità che la mole, in questi tempi bulimici e incostanti.
Se la primavera 2025 nella moda si è caratterizzata per i look decostruiti, giacche con maniche fatte di stivali e corsetti fatti di giacche legate in vita, colletti al contrario e maniche-foulard, la primavera politico-social-economica del mondo non è stata un granché, a dire la verità (euf.) e, direi, nemmeno quella musicale. Per questo, occorre ripescare qua e là dai tempi migliori, magari New Order, Human League, Roberto Wyatt, Bronski Beat, Pixies, Richard & Linda Thompson e così via, quando poi invece i tempi migliori non tornano da sé, Beth Gibbons per esempio. Ho messo anche un remix inascoltabile, lo ammetto, chissà che avevo in testa quel giorno. Mah, mica si è inteligenti sempre, quel giorno mooolto meno. Ancora bella invece la dylaniana Epilogue di Cat Ridgeway e formidabili gli Ocean Colour Scene.
La stagione dei concerti è stata ridotta ma non modesta, i Wombats a Leeds e Badly drawn boy a Nottingham in un uno-due di fila niente male, i belli perché intimi e di gran valore Angela Baraldi e Meganoidi a Milano, due cose diverse non un solo concerto, non meno piacevoli. A breve si apre la stagione all’aperto con Offlaga Disco Pax e Bloody Beetrots e io, come si cambia invecchiando eh?, stavolta vado quasi più per il secondo che i primi, con rispetto parlando. Da adesso parte la compila dell’estate, uno, due, via.
Aggiornamento 15/07: dopo aver abbandonato Spozzifai, ho cancellato tutto lì, pleiliste comprese; ho quindi riaggiornato tutti i links di questo post su Tidal, ammesso che la cosa abbia un qualche tipo di rilevanza per qualcuno.
Cousin Mike, il cugino Mike Love, membro originale dei Beach Boys con i fratelli Wilson e Al Jardine, posta oggi per il compleanno di Brian Wilson – morto dieci giorni fa – una bella foto che li ritrae insieme in cui, oltre agli auguri, scrive che la musica creata insieme durerà per sempre. Bravo, cugino Mike.
Alle 04:42 ora italiana, che sono le 02:42 del Tempo Coordinato Universale che è quando andiamo a dormire o facciamo merenda tutti insieme alla stessa ora, è giunta per decreto presidenziale l’estate.
Facili previsioni: sarà l’estate più calda di sempre, e non c’è un cavolo da ridere; Garlasco non ce la toglieremo dai piedi di sicuro per tutta la durata di essa; i disastri proseguiranno, alimentati dagli sfrontati criminali e dalla noia accaldata del resto del pianeta boreale. A me l’estate non è che mi entusiasmi, non capisco quest’aria diffusa da spiaggia rintronata per cui si riproduce la riviera in città e la città in riviera, per fare le stesse cose di qua e di là ma in ciabatte e sentendo i Matia Bazar o Giuni Russo, proprio non capisco. Gli stessi che si lamentavano del freddo poco tempo fa desiderando il caldo, ora si lamentano del caldo. Sarà che l’estate amplifica le doti italiane famose nel mondo e per cui io li odio, questi italiani veri, proprio non li posso vedere. Anche col freddo, in effetti. Per cui proseguirò a circondarmi di persone notevoli e buone, a fare i miei viaggi dove le persone non vanno, a visitare i posti nei giorni e nelle ore strane, a fare le mie cose in modo non convenzionale. Dai che mancano solo tre mesi alla stagione più bella di tutte.
Una famosa barzelletta sovietica racconta di un tizio che entra in una macelleria: «Аvete del pane?». Risposta: «Oh, no. Questo è il posto dove non c’è carne. Il negozio dove non c’è pane è il forno qui accanto».
È morto a 95 anni Franzo Grande Stevens, è stato l’avvocato dell’Avvocato. Avrà avuto a sua volta un avvocato, immagino. Scoprire chi sia è d’obbligo, a questo punto.
Brian Wilson se n’è andato, anche se da tempo non era più qui tra noi, non interamente. Lui ha ideato e scritto il disco più bello di sempre, Pet sounds. Se pensate che i Beach boys siano solo quelli di Barbara Ann commettete errore madornale. Che, comunque, averne… Così, sull’onda del dispiacere riporto una cosa che avevo scritto tempo fa, in tempi non sospetti, per il cinquantesimo del disco. Non basta ma è un pensiero di grande riconoscenza.
Certo, è Pet sounds dei Beach Boys, e se oggi vi pare normale sentire un latrato di cane o un campanello di bicicletta in un disco, lo si deve a Brian Wilson. Ma non solo per quello, è il primo disco con un’unità, pur non essendo un concept, è certamente il padre di Sgt. Pepper e di qualche altro milione di dischi. E, alla fine, è un disco d’amore, e Don’t talk (Put your head on my shoulder) e I’m waiting for the day mi fanno a dir poco sdilinquire e nostalgicheggiare ogni volta con grande piacere. Impossibile, poi, non cantare Wouldn’t it be nice? sotto la doccia e guidando giù per le colline. Un capolavoro, il disco del nostro tempo.
facciamo 'sta cosa
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