minidiario scritto un po’ così delle cose recidive, ovvero perseverare nella pandemia: ottobre, Mameli, la cultura

Riassumo con l’accetta: il DPCM di domenica chiude d’imperio molte attività riferibili all’ambito culturale, cinema teatri concerti etc. – tutte a minimo rischio di contagio, aggiungo io – e pare tutelarne altre con più attenzione, dalla ristorazione in giù. L’impressione prevalente, dunque, è che venga sanzionato il tempo libero, chiamiamolo così, a favore delle uniche due attività essenziali: il consumo e il lavoro. Il mondo della cultura prova ad alzare la voce (e, bisogna dirlo, non scende in piazza con i bastoni come fanno altri furbastri) e protesta con idee, controproposte e ragionamenti. A simbolo di questo la lettera, l’appello, di Muti a Conte: «Chiudere le sale da concerto e i teatri è decisione grave. (…) Definire, come ho ascoltato da alcuni rappresentanti del governo, come ‘superflua’ l’attività teatrale e musicale è espressione di ignoranza, incultura e mancanza di sensibilità». Conte risponde a stretto giro di posta, tra cui: «la cultura contribuisce a rafforzare l’identità di un intero popolo, agisce come volano per la coesione sociale, creando le basi – al contempo – per un dialogo che attraversa regioni e confini nazionali», occhio a come prosegue!, «aiutando a cogliere, nella propria e nell’altrui leggenda, il comune destino di finitudine dell’essere umano». Pariniano, direi, addirittura Mameliano nei toni, l’altrui leggenda, il comune destino, la finitudine, a Lodi contro il Barbarossa, chiamate Lovaro, presto! Ma la sintesi complessiva, malvagia, che posso fare è: cazzivostri, è così. Non una buona risposta, nei modi e nei contenuti.

Ieri quattromila contagiati in meno, dicono i soliti numeri della sera, e qualcuno, leggero, festeggia perché i provvedimenti del governo già funzionano dopo un solo giorno. Ma è questione di tamponi fatti, ovvio. Nel frattempo, apprendo che la Regione Lombardia manda in provincia di Napoli ventimila tamponi al giorno delle zone di Varese e Como per l’analisi, con un contratto in proroga fatto, anche questo, in modo sfrontato. Già la pandemia sarebbe pesante di suo, potessimo almeno evitarci i furbetti del quartierino sarebbe molto apprezzato. Noi l’ufficio l’abbiamo semichiuso da un po’, smart work per chi può e noi in sostanza possiamo, fuori gli esterni e teniamo qualche sporadico giorno qua e là tra noi per mantenere un contatto, buono per la salute umorale. Spero duri. Complessivamente, al momento, ci si sente al ribasso, resta in bocca il sapore di una mesta tristezza diffusa e parecchia stanchezza.
E rabbia, un po’, la avverto attorno, rabbia per frustrazione, per il non fatto, per la ripetuta situazione difficile. Parecchi, per età o sensibilità, sono già in un formale autolockdown, al massimo un’uscita per le spese e nient’altro.

Il timore del lockdown comincia a insinuarsi dentro di me, non temo la chiusura dei centri commerciali, non potrebbe importarmi di meno, temo la limitazione negli spostamenti. Di conseguenza, l’unica è approfittarne finché posso, che siano camminate in collina o gite della domenica. Ecco, domenica ho deciso di mettere da parte un po’ di bellezza per i tempi futuri e, interrogatomi, mi sono detto che la cosa giusta da fare sarebbe stata fare un’indigestione di armonia, proporzione, eleganza, pulizia e simmetria. E Palladio sia, quindi Vicenza.

Fatto, tutto molto bene. Non fosse che me ne è venuta ancor più voglia, sarei anche a posto per un po’.


Indice del minidiario scritto un po’ così delle cose recidive:
26 ottobre | 27 ottobre |

minidiario scritto un po’ così delle cose recidive, ovvero perseverare nella pandemia: ottobre, la politica dei piccoli passi, le nubi fosche

Ci risiamo. Era impossibile prevederlo, nessuno avrebbe potuto dirlo ed è, inaspettatamente, capitato: ci risiamo. Siamo passati in pochi giorni da mille a ventimila contagi al giorno ed è strano, perché fino a tre settimane fa tutta Europa viaggiava su cifre spaventevoli di crescita e noi fermi a mille, «perché noi abbiamo un sistema migliore». Come è potuto accadere? Impossibile prevederlo.
Ed eccoci di nuovo: i virologi, i complottisti, i negazionisti, i presidenti di regione, i tuttologi, e come non farsi mancare i DPCM e le autocertificazioni? Infatti, ecco pure quelle. Seconda stretta in pochi giorni, giovedì scorso i ristoranti dovevano chiudere alle 23, da oggi alle 18, tra qualche giorno sarà difficile aprire ma nessuno stupore: è la politica dei piccoli passi che conosciamo già, nessuna sorpresa stavolta. O sì? Perché molti sostengono che stavolta sia diversa, «stavolta niente lockdown perché non ce lo possiamo permettere», giusto, esattamente come a febbraio dicevamo che «ma non si può mica chiudere un paese». Infatti.

Sono già stanco. Non tanto del lockdown in sé, quanto del contorno: questa poco meravigliosa abitudine italica di non occuparsi delle cose in anticipo e quando non c’è più tempo farlo in modo drammatico. Sia collettivamente che individualmente. E blaterare, blaterare, blaterare. La Spagna, saldamente in testa per contagi e ammalati, chiede lo stato di emergenza fino al nove maggio, in deroga alla costituzione. Giusto per dare una misura. Perché a marzo c’era la possibilità di sperare nel fattore meteorologico in qualche mese e le giornate, comunque, si allungavano; qui, invece, si va tutto in salita, complice pure l’ora solare di un giorno fa. Si addensano nubi fosche all’orizzonte.
Però questo è e questo sarà, tanto vale raccontarlo. Anche se mi va già di traverso il grido disperato di «salviamo il natale». Magari non proprio tutti i giorni ma quasi, magari occupandosi anche di questioni laterali, per respirare ogni tanto. Magari alcuni giorni davvero in breve, altri meno, la prenderò più distesa perché qui si fa lunga e barbosa, temo. Sarà perché odio le ripetizioni.
E come l’altra volta, sarà il benvenuto chi vorrà condividere, pubblicherò chiunque abbia voglia di mandarmi il proprio minidiario, occasionalmente e non. Anche uno di un giorno solo (posta@trivigante.it). Vedremo.

Bene, se si deve fare, facciamolo. Con un chiarimento, in partenza: l’andazzo di questi giorni è dirci tutti responsabili e colpevoli per non aver fatto nulla negli scorsi mesi per prevenire questa situazione (esempio). Eh no, belli miei, non è così. Molti, moltissimi hanno rinunciato, sono stati attenti, hanno agito, erano perfettamente consapevoli del tempo che sfuggiva di mano mentre altrui si ammassavano al Billionaire a stronzeggiare o a Roma a negare in piazza o, semplicemente, a sbattersene in allegria. Quindi no, non ci provate, non siamo e non siamo stati, anche stavolta, tutti uguali.
Uff, cominciamo ma già lo so: sarà dura.


Indice del minidiario scritto un po’ così delle cose recidive:
26 ottobre |

il diario di Federico: Arieccoci

Ricevo e pubblico volentieri.

Arieccoci. Tornano le chiusure, i DPCM, gli appelli all’unità nazionale, i virologi e gli epidemiologi, le comprensibili critiche politiche, le meno comprensibili polemiche opportunistiche, gli ineffabili deliri negazionisti che stavolta hanno un interessante risvolto in simpatiche quanto “spontanee” rivolte di piazza. Quanto mi era mancato tutto questo in una strana estate che ora sembra davvero una lunga parentesi.

Stavolta, comunque, ho deciso di fare le cose per bene e mi sono messo avanti. Prove generali. Prima di tutto, e ancora in tempi relativamente non sospetti: contrarre il virus. Tampone da asintomatico: positivo, taaac. Come diceva il Dogui, “sole, whisky e sei in pole position”. Chiamata agli amici che hai visto nell’ultimo periodo per avvisarli della lieta notizia e messa in isolamento, per fortuna sempre senza sintomi. Sul pasticcio burocratico che ne è seguito scriverò magari un’altra volta. Oggi però la lieta notizia della negativizzazione: posso uscire, sono libero, libero… essenzialmente di chiudermi di nuovo a casa, il più possibile isolato, con socialità ridotta al minimo e coprifuoco alle 23 se mai tornerò in Lombardia (ma la situazione sembra un work in progress in tutta Italia, anche sul versante normativo).

Vedremo come si metteranno le cose nel prossimo periodo, ma l’orizzonte non sembra gravido di chissà quali amenità tersicoree nell’immediato futuro. Converrà attrezzarsi di pazienza e di programmi a medio-lungo termine, stavolta, e prendere quel che eventualmente di buono verrà come un regalo. Repetita iuvant?

almanacco dei sette giorni, per suturare (20.44)

☀ A volte i nomi dei paesi non sono un granché.

Canada, Norvegia, Stati Uniti. Ma ce ne sono mille e mille. Ad alcune va meglio, nel senso che la norvegese Hell, per esempio, ci campa sul nome bislacco, eccome. Altre meno. Cambiare il nome di un paese non è, però, semplicissimo. Un articolo al riguardo.

✘ L’Anci – Associazione Nazionale Comuni Italiani ha nominato il nuovo responsabile nazionale per “Valorizzazione dei beni storici e culturali”: Vittorio Sgarbi. Bravi, bene, avanti così. Giova ricordare che siamo all’accumulo delle cariche: Presidente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Canova Onlus di Possagno (Treviso), del MART – Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, della Fondazione Ferrara Arte, deputato alla Camera e sindaco di Sutri (in provincia di Viterbo). E candidato, pare, a sindaco di Roma. Pessimo.

✘ Keith Jarrett, purtroppo, non può più suonare. Il motivo sono due ictus, come ha raccontato lui stesso in un’intervista, cosa rarissima, che gli hanno reso infermo il lato sinistro del corpo. E io non faccio che pensare alla tristezza e al dolore di chi, amando la lettura, non riesce più ad aprire un libro, a chi ama la musica e non sente più, a chi ama dipingere, suonare, correre, camminare, disegnare e non può più farlo.

✘ Un medico brasiliano che stava partecipando come volontario alla fase 3 del test del vaccino sviluppato dall’azienda AstraZeneca è morto. Ma attenzione: una fonte informata ha precisato a Bloomberg che all’uomo non era ancora stato somministrato il vaccino. Eppure, la notizia è su tutti i giornali italiani in prima pagina, pure con la precisazione. E dunque? Qual è la notizia? È una notizia? Che bisogno c’è, tra l’altro, di dare un’altra, ulteriore sponda ai no-vax? Semplice: un titolo per il clickbaiting, ovvero fatto perché i lettori clicchino. Il fatto che non sia una notizia e che anzi abbia effetti deleteri non importa.

✘ A proposito di farmaci: la casa farmaceutica Purdue Pharma, produttrice dell’OxyContin, è stata riconosciuta colpevole di aver contribuito a creare la crisi da oppiacei negli Usa ed è stata condannata al risarcimento di otto miliardi di dollari e alla chiusura. Se non sapete nulla della questione degli antidolorifici a base oppiacea negli Stati Uniti – e ovviamente volete saperne di più – leggete Questa è l’America. Storie per capire il presente degli Stati Uniti e il nostro futuro di Francesco Costa, il primo capitolo spiega bene la cosa. Da accapponare la pelle, prometto.

☀ Ora mi tocca dire cose positive sulla Norvegia, contraddicendo quanto ho detto negli ultimi quindici anni. Ma non rinnego nulla. La Norvegia non fa parte dell’UE ma dello spazio economico europeo (SEE, che include i paesi dell’Unione, Islanda, Liechtenstein e Norvegia, appunto). Secondo gli accordi interni al SEE, la Norvegia eroga ingenti fondi a quindici paesi europei economicamente più deboli. Questa è nuova, eh? Comunque, il governo conservatore norvegese – sottolineo: conservatore – ha deciso di sospendere il sostegno ai paesi che violano i diritti umani e lo stato di diritto: Polonia e Ungheria. Pazzesco. Rispettivamente 65 e 214 milioni di euro, mica paglia. E non bastasse, il governo norvegese (ancora: conservatore!) ha bloccato il pagamento di 100 milioni di euro alle città polacche che hanno vietato iniziative in favore dell’«ideologia LGBT». Sorpassando a sinistra l’Unione europea, alla grande. Sono commosso. Grazie, Erna Solberg, e al governo tutto.

✘ In Polonia è decaduto, grazie al governo di iperdestra, anche il terzultimo motivo legale per abortire, le gravi malformazioni del feto. Restano il pericolo di vita della madre e lo stupro. Fortuna che c’è la Norvegia a difenderci, perché dall’Unione europea nemmeno una parola.

✘ Gianni Alemanno, ex ministro e soprattutto ex sindaco di Roma per una sciagurato mandato, è stato condannato anche in appello a sei anni per corruzione. Era il segreto di Pulcinella persino allora, lo ricordo, sinceramente che venga condannato o meno ha per me poca importanza, rispetto a quanto si è perso in quegli anni per colpa sua.

◆ Rimandata la pubblicazione del libro del ministro della salute Speranza. Il titolo è: «Perché guariremo: Dai giorni più duri a una nuova idea di salute». Chissà perché.

Con tutto lo sforzo possibile, non è stata una settimana buona.