Non molti, errando, conoscono i poeti russi immaginisti. Male. Essi, del cosiddetto periodo d’argento della poesia russa, tra il 1919 e il 1924 diedero inizio a una corrente così detta ‘Immaginista’, per reazione anarchica a quei destrorsi dei futuristi, con l’idea di fornire con la poesia un’immagine, figurativa e metaforica, spesso giustapponendo le due. Dei poeti, si ricordano Anatoly Marienhof, Vadim Shershenevich e Sergej Esenin. Di essi, ricorderei senz’altro Anatoly Borisovich Marienhof, o Mariengof a seconda di come si translitteri l’originale Мариенго́ф.

Mariengof è ricordato per il suo ‘Romanzo senza bugie’ del 1926 in cui racconta la sua amicizia con Sergej Esenin, poeta di ben più largo successo, rapido marito di Isadora Duncan e suicida l’anno prima, e per le brevi poesie, appunto, immaginiste. Non andò bene nemmeno per lui, con questo e il romanzo successivo, ‘The Cynics’ (non c’è traduzione italiana), fu molto criticato dalla stampa sovietica per i suoi vividi racconti del tempo e del paese e fu relegato senza pubblicazioni a scriver cose per il teatro fino alla fine dei suoi giorni, negli anni Sessanta. Era bravo, Mariengof, Esenin gli dedicò molte delle sue opere e Mariengof, di suo, raccontò molto di Esenin come, per esempio, egli dicesse che bisogna trovarsela la fortuna, chiedendola con forza, facendo come quel vagabondo di Odessa che chiedeva l’elemosina così: «Cittadina, mi dia cinque copeche! Altrimenti le sputo in faccia: ho la sifilide».
Bene, Mariengof. Cioè, insomma. Poi il fatto è che uno fa anche le proprie cose per benino, con decisione pure e rigore morale e intellettuale. Poi, per quali chissà fatti della storia, quella con la esse minuscolissima, la gente in giro ti ricorda così:
Ossignore, pof, pof, pof,
C’è il poeta Mariengof.
Molto beveva, molto mangiava,
Senza mutande in giro andava.
Che poi lui le mutande non solo le aveva ma le teneva pure su, va’ a sapere. Saran faccende di rima, maledette.