Il natale più buffo tra molti, fa molto caldo ma non per questo è meno sentito, è pur sempre un paese cattolicone. Con gli evangelici in grande avanzata. Beh, buon natale a chi se la sente.
In realtà la partenza dall’oceano è all’insegna del nebbione, il che collima un pelo di più con il senso del natale europeo e quell’idea del babbo freddo.
Il taglio verso ovest è deciso, seguo il corso del Chubut verso la precordigliera e la cordigliera in una pianura senza orizzonte che non riesco a non guardar passare dal finestrino. Cambio duecento euro per le spesucce, la carta spesso ma non sempre, e mi danno in cambio un sacchetto con su la esse dei dolares.
Il cambio è uno a milletre, riempio le tasche, mie e dello zaino, di mazzette con cui poi comprerò un paio di caffè e una salsiccia. Perché un po’ con l’inflazione prima e i tagli orizzontali indiscriminati del governo poi i prezzi sono schizzati in alto e tutto è piuttosto caro: un caffè duemilaedue, una cena al ristorante tra i trenta e i cinquanta euro, sessantamila pesos. Il che vuol dire, anche senza essere economisti, che la maggior parte della popolazione argentina farà fatica a mettere insieme il mese. Vedremo quanto dura, il governo attuale di fatto è il governo di Macrì, le persone le stesse, espressione delle grandi famiglie coinvolte nello sfruttamento del territorio e delle risorse.
Dopo Las Palmas l’ambiente cambia e prende un che di Arizona, di monument valley, torri e pareti di roccia rossa vulcanica depositata su strati di concrezioni marine inframezzati da uno strato riferibile al momento tropicale dell’Argentina. Sono Los Altares, nome appropriato. Un fiumiciattolo fangoso al centro ha scavato tutto quanto e oggi regala alla zona un piccolo corridoio verde. L’asfalto è rovente, impossibile toccarlo, ci sono trentasei gradi ma con il vento si sentono un po’ meno.
E poi succede: un toc improvviso e l’acqua del pullmino resta tutta sull’asfalto dietro, asciugandosi d’istante. E noi con essa, al ciglio della strada. Nel niente niente. Quel che prima era favoloso a vedersi adesso comincia ad avere un aspetto un filo ostile. In prospettiva. Un paio di tentativi inutili di stringere le manichette, riempiendo il circuito di nuovo con quasi tutta l’acqua. Altra scelta discutibile in prospettiva. Il culo è che un paese – intendesi, in patagonico significa una stazione di servizio, chissà se aperta – è solo una quindicina di chilometri più avanti. Nel caso. E i telefoni non prendono, ovvio. Frequenza di passaggio di altre auto: incalcolabile. È pure natale. Inutile fare affidamento, i pezzi di ricambio stanno forse a Buenos Aires, il carro attrezzi magari anche, tutto sta sempre a Buenos Aires. Infatti qui si dice che dio sta a Buenos Aires. Raccatto i miei stracci e dopo un paio d’ore mi metto in cammino sulla ruta 25, già immaginando la vignetta con lo scheletro nel deserto, il cappello e la borraccia, e l’avvoltoio – qui il condor – che gira in tondo in alto. Lascio le mie collezioni di cose illegali a chi legge queste righe. Dopo quasi tre ore e nessuna macchina incrociata, arrivo a Paso de Indios, ridente località costituita da una stazione di servizio e un nucleo di qualche decina di case. Oddio, una macchina è passata, un pickup Chevrolet degli anni Cinquanta caricato di tre belle facce indie risultato – mi si perdoni – di decenni di incesti e che promettono solo un tranquillo weekend di vero terrore. Non faccio cenni. Trascorro a Paso de Indios circa otto ore, alla stazione consumo quasi tutto il magazzino e faccio l’incasso della settimana, all’unico locale del paese rimedio anche una bistecca verso sera e visito le strutture sociali della comunità. Considero l’ipotesi di comprare casa qui, ci sono numerose opportunità immobiliari da cogliere.
Circa alle due di notte arriva un altro pullmino che in qualche modo mi porta alla mia destinazione, Esquel. Niente avvoltoi, stavolta, la nera signora dev’essere ancora a Samarcanda.
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Seguo con piacere i tuoi racconti. npn ti senti un p’ solo? troppo grande, troppo diverso, esagerato…
Ciao R., grazie. in realtà no, basta un niente per attaccare bottone e su ogni corriera o in ogni locale è un attimo conoscere qualcuno. Con cui, a volte, fare un pezzo di strada insieme. Come spesso accade nei paesi grandi e poco popolati, ci si tiene un po’ d’occhio tutti.