un disco di policarbonato trasparente

L’otto marzo 1979 la Philips presentò ufficialmente l’optical digital audio disc, altrimenti noto come compact disc.

Leggenda voleva fosse dell’esatta dimensione di un sottobicchiere da birra olandese e che il buco fosse, alla stessa maniera, dell’esatta dimensione di una monetina da dieci centesimi di fiorino, sempre olandese vista la provenienza della Philips.
A dirla giusta, non fu merito solo della Philips, bensì andrebbe condiviso con DuPont e con Sony, che stava sviluppando un progetto autonomo. Se poi si volesse sapere quale fu il primo disco compatto stampato, di che genere musicale e come e perché e dove, allora devo rimandare a ciò che scrissi tempo fa a riguardo, «di rara bruttezza». La melodia, non necessariamente il mio.
Beh, fu un cambiamento epocale che, tra l’altro, ci costrinse a rinnovare la collezione di LP e cassette, senza sapere che vent’anni dopo avremmo dovuto rifarla tutta in digitale, per la terza volta. Il mio primo cd acquistato fu, credo, The final cut dei Pink Floyd, uscita nuova nuova, da far girare su un lettore costosissimo che, il dannato, saltava e non poco. La stabilità era ancora da venire, chi avrebbe immaginato che in breve ce li saremmo duplicati da soli a casa? Da non credersi no.

ottimo lavoro, compagno Honecker

Le elezioni di oggi in Germania sanciscono, oltre alla vittoria della CDU, l’affermazione sostanziale della destra della destra, di AfD che supera il venti per cento. Guidata peraltro da una lesbica con due figli che vive in Svizzera ma questo è un mistero che meriterà altre considerazioni. A forza di fare governi ad excludendum, e il prossimo sarà certamente così anche con i socialisti ampiamente perdenti, AfD continuerà ad aumentare il proprio gradimento, condannandoci a un ventennale antilepennismo anche al di qua del Reno.

Non è che noi si sia più bravi, perché dopo l’excludendum adesso li facciamo governare, sia chiaro.
Ora, lo so che l’hanno notato tutti e non da oggi ma la coincidenza tra il voto e la divisione tra est e ovest delle fu Germanie divise è impressionante:

Se sovrappongo è evidentissimo:

La novità di questo giro è che AfD mostra un’affermazione anche a ovest, in due collegi occidentali: Gelsenkirchen in Renania Settentrionale-Vestfalia e Kaiserslautern nella Renania-Palatinato. Non basta: in tre stati occidentali è arrivato secondo, dietro la CDU: Renania-Palatinato, Baden-Württemberg e persino in Baviera, regno del centrodestra. Il travaso è iniziato, se prima si spiegava con le distanze tra ex-DDR e RDT, vedi l’attuale differenza tra gli stipendi, adesso l’idea di destra per cui ciò che non va sia da imputare agli immigrati comincia a far presa anche di qua. E più la Germania ha difficoltà e più AfD e la destra in generale avanza, soprattutto tra le persone disoccupate e la classe lavoratrice composta da operai, manovali, braccianti, come i dati dimostrano. E vista, infine, l’affluenza notevole, non si può nemmeno affermare che sia stata la scelta di pochi, come invece in Italia. Barlumi? Pochi.

il tiranno è morto

Non ancora, è scappato.

Bashar al-Assad è caduto, è scappato, forse a Teheran a trattare, o a Mosca, la Siria, dicono, è libera. Certo, libera dopo cinquant’anni di dittatura criminale della famiglia Assad, libera da chi adesso? L’HTS, Hayat Tahrir ash Sham, è guidato dal leader ed ex capo di al Qaida in Siria, Abu Muhammad al Jolani, non è che ci si aspettino convenzioni democratiche. Ora la transizione, impossibile dire chi prevarrà, già c’è in previsione una riunione tra i paesi filoisraeliani per trattare una successione morbida, mantenendo lo Stato siriano e le sue strutture. Al momento, la situazione è riassumibile con una mappa, i colori indicano le rispettive aree di influenza dei ribelli, lealisti, curdi e forze straniere:

Tutto tranquillo, tutto chiaro. A Monaco di Baviera e, presumo, anche in molte altre città si segnalano caroselli di auto festanti.

voti utili

Mentre si comincia a votare negli Stati Uniti, bene in questo caso, e io non avevo mai visto una loro scheda:

In Moldavia si vota in queste ore la modifica della costituzione per entrare nell’UE, nonostante le interferenze russe – centotrentamila votanti moldavi pagati da Mosca per il loro voto contrario – e per uscire dall’orbita pericolosa:

Daje.

Kamala Harris’s lead in national polls is up to 2.9 points, ah ah

Per qualcuno è avanti Trump, per qualcuno Harris e così sarà fino alla fine. Ma come si leggono i sondaggi politici sulle elezioni negli USA e come dobbiamo comportarci di fronte a tutte le cifre dei prossimi due mesi?

Versione breve, tl/dr: il margine di errore si aggira intorno al 3 per cento; i sondaggi più affidabili sono quelli del Siena College, che fa i sondaggi per il New York Times, ABC News/Washington Post, la Marquette University Law School e YouGov; quel che conta è quel che accade negli swing states, ovvero il Michigan, il Wisconsin, la Pennsylvania, la Georgia, la Carolina del Nord, l’Arizona e il Nevada. Che Harris vinca il voto popolare, cioè che nel complesso prenda più voti di Trump, lo diamo per scontato ma non basta per vincere.

Ecco, per chi avesse invece voglia di documentarsi leggendo l’articolo intero di pagellapolitica, come sempre interessante, eccolo qui.

qualche nota su Tim Walz

Còmala Harris ha scelto un po’ a sorpresa come candidato vicepresidente Tim Walz. Io avrei scelto Kelly, scommesso su Shapiro, grazie per non avermi consultato e, ora, direi: ottima scelta.

Oltre a Walz, i candidati favoriti sembravano essere il governatore della Pennsylvania Josh Shapiro e il senatore dell’Arizona Mark Kelly, entrambi principalmente per il fatto di provenire da swingin’ States, cioè Stati in bilico nel voto. Sulla base dei sondaggi, però, nessuno è risultato determinante e alla fine Harris ha scelto più in base alle affinità personali che ai numeri. Domenica tutti e tre sono stati invitati a Washington D.C. per incontrare separatamente Harris, in quello che è stato descritto come un «test di chimica», per valutarne l’affinità personale.

Il ruolo del vicepresidente è complicato e spesso ingrato e, senza dubbio, deve portare esperienza e capacità ma senza mai rubare la scena al presidente. Per questo motivo Shapiro è stato scartato, è sembrato restio a lasciare la propria carica di governatore, non ha mai nascosto le proprie ambizioni presidenziali e si è espresso pubblicamente a favore di Israele, alienandosi la sinistra del partito. Kelly sembrava adatto ma, come detto, probabilmente ha mostrato meno sintonia con Harris.

Oltre all’affinità personale, Walz ha 60 anni, è l’attuale governatore del Minnesota, è presidente dell’Associazione nazionale dei governatori Democratici, è noto e stimato anche negli ambienti politici del Congresso ed è uno dei principali politici Democratici nella zona del Midwest, che include importanti stati in bilico tra cui anche il Michigan e il Wisconsin. Ha idee progressiste vicine alle sensibilità Democratiche, un atteggiamento alla mano e ottime capacità comunicative. Nel suo curriculum ci sono 24 anni nella Guardia Nazionale degli Stati Uniti, la principale forza militare di riservisti dell’esercito, insegnante nella scuola superiore, allenatore di football e deputato al Congresso per più di dieci anni, tra il 2007 e il 2019. Sostenitore del diritto all’aborto, della legalizzazione della marijuana a scopo ricreativo e di maggiori controlli sul possesso di armi da fuoco.

Fino a poco fa Walz non era un politico particolarmente noto fuori del Minnesota. Le cose sono cambiate nelle ultime due settimane, durante le quali ha partecipato a varie interviste televisive in cui è apparso sempre informale e amichevole ma, anche, convinto nel criticare Trump e Vance, diventando il primo a usare l’espressione «weird», cioè “strano”, per riferirsi a Trump, a Vance e più in generale alla componente più conservatrice del Partito Repubblicano, con grande successo comunicativo.

Weirdos.

un’altra settimana preoccupante in Italia: dal report UE alle liste di proscrizione de Il Giornale

Qui serve seguire e tenere memoria.
Il 24 luglio scorso, come accade ogni anno, la Commissione europea ha pubblicato il report annuale sullo Stato di diritto nei Paesi membri, il cosiddetto 2024 Rule of Law Report. Oltre ad alcune raccomandazioni, al governo italiano «è chiesto di impegnarsi nella digitalizzazione di tribunali penali e procure, di adottare la proposta legislativa in sospeso sui conflitti di interessi, di istituire un registro operativo per le lobby, di regolamentare le informazioni sui finanziamenti a partiti e campagne elettorali, di tutelare i giornalisti e garantire l’indipedenza dei media e di creare un’Istituzione nazionale per i diritti umani in linea con i principi Onu», il report esprime alcune preoccupazioni:

  • libertà di stampa ed espressione: «i giornalisti continuano ad affrontare diverse sfide nell’esercizio della loro professione» tra cui minacce e aggressioni, il report parla di settantacinque episodi quest’anno, «con una crescita di casi di intimidazione legale da parte dei politici». La Commissione europea parla anche di uno spazio civico “ristretto”, alla luce degli «attacchi verbali da parte di alcuni media e politici contro le organizzazioni, soprattutto quelle che svolgono attività umanitarie, e di episodi di violenza contro i manifestanti da parte della polizia»;
  • premierato: la Commissione europea scrive che «non sarebbe più possibile per il presidente della Repubblica trovare una maggioranza alternativa e/o nominare una persona esterna al parlamento come primo ministro». Vengono menzionati la preoccupazione di alcuni “portatori di interesse” per le modifiche proposte all’attuale sistema di pesi e contrappesi istituzionali, e i dubbi sul fatto che la riforma «possa portare maggiore stabilità». L’Italia inoltre, rientra tra i Paesi in cui «le dichiarazioni pubbliche dei governi e dei politici possano influenzare la fiducia nell’indipendenza della magistratura», e anche fra quelli in cui si nota «l’uso considerevole di procedure legislative accelerate o di decreti d’urgenza»;
  • abrogazione del reato di abuso d’ufficio: limita l’ambito di applicazione del reato di traffico d’influenza e con la separazione delle carriere potrebbe incidere sull’indipendenza della magistratura. Nella sezione relativa alla lotta alla corruzione, il report sottolinea come i cambiamenti in quest’ambito potrebbero avere implicazioni per «l’individuazione e l’investigazione di frodi e corruzione». Il documento aggiunge che «le modifiche proposte alla prescrizione potrebbero ridurre il tempo a disposizione per condurre procedimenti giudiziari per reati penali, compresi i casi di corruzione».

Věra Jourová, commissaria ai Valori e alla Trasparenza, «Esprimiamo preoccupazione per l’indipendenza e il finanziamento dei media di servizio pubblico e chiediamo alle autorità di affrontare la situazione. Sono anni che esprimiamo la necessità di tutele. Ma con i nuovi incidenti e i tagli al bilancio, questa necessità sta diventando molto urgente». Molti altri rilievi al governo italiano, basti cui la sintesi, si capisce bene l’evidente stroncatura su molteplici aspetti. È del tutto plausibile la voce che il report fosse pronto dal 3 e che si sia aspettata la conferma di Von der Leyen per inviarlo.

Quattro giorni dopo, Meloni risponde ufficialmente al report con una lettera rivolta direttamente alla presidente UE: «Le raccomandazioni finali nei confronti dell’Italia non si discostano particolarmente da quelle degli anni precedenti, tuttavia per la prima volta il contenuto di questo documento è stato distorto a uso politico da alcuni nel tentativo di attaccare il governo italiano. Qualcuno si è spinto perfino a sostenere che in Italia sarebbe a rischio lo Stato di diritto, la libertà di informazione» per poi proseguire con «attacchi maldestri e pretestuosi che possono avere presa solo nel desolante contesto di ricorrente utilizzo di fake news che sempre più inquina il dibattito in Europa. Dispiace che neppure la Relazione della Commissione sullo stato di diritto e in particolare sulla libertà di informazione sul servizio pubblico radiotelevisivo sia stata risparmiata dai professionisti della disinformazione e della mistificazione». La lettera è molto lunga, si capisce che je rode, e oltre alle mistificazioni e alle fake news, Meloni fa ricorso all’armamentario politico della colpa di qualcuno che c’era prima, arrivando fino al governo Renzi.

E siamo al 28. Il 29 la portavoce dell’UE, Anitta Hipper, dice che: «Abbiamo confermato di aver ricevuto la lettera» di Meloni e che «la stiamo valutando e in questa fase non abbiamo alcun elemento ulteriore», non precisando ulteriormente se vi sarà una risposta o meno. Da ambienti europei, traspare “sconcerto e sorpresa” sia per i toni utilizzati sia perché la lettera di Meloni è stata pubblicata prima che la presidente della Commissione la leggesse. Tutta la situazione si inasprisce e Meloni dalla Cina rincalza: «Capisco il tentativo di strumentalizzare, conosco il tentativo di cercare il soccorso esterno da parte di una sinistra in Italia che evidentemente è molto dispiaciuta di non poter utilizzare per esempio il servizio pubblico come fosse una sezione di partito, però su questo non posso aiutare proprio perché credo nella libertà di informazione e di stampa» ed evidentemente sbanda, ricordando i discorsi più retrivi di Berlusconi che se la prendeva con la sinistra. E maldestramente sostiene che i rapporti con l’UE non siano in peggioramento, contro ogni evidenza, sfiorando il ridicolo con «nessuna interferenza sulla governance Rai», mentre dall’UE precisano che: «Il rapporto è frutto di una metodologia consolidata e basata sui fatti».

Poi, però, qui si passa ai fatti: stamane, 30 luglio, Il Giornale, di fatto organo di propaganda del Governo e di proprietà del senatore leghista Angelucci, pubblica i nomi di sei giornalisti accusati di essere nemici del governo Meloni: Anna Bredice di Radio Popolare, Nello Trocchia e Francesca De Benedetti di Domani, Matteo Pucciarelli di Repubblica, Ilario Lombardo de La Stampa, Martina Castigliani de Il Fatto Quotidiano. Secondo Il Giornale sarebbero responsabili di avere ispirato e passato notizie al consorzio europeo Media Freedom Rapid Response, che in un rapporto uscito ieri denuncia il rischio per la libertà di stampa in Italia: «L’interferenza politica nei media pubblici e l’uso sistematico di intimidazioni legali contro i giornalisti da parte degli attori politici da tempo definiscono il rapporto tra media e politica in Italia. Tuttavia, negli ultimi due anni queste dinamiche hanno raggiunto livelli allarmanti».

elezioni europee 2024: com’è andata

Non è andata male, complessivamente.

Andando per confronto, perdono i verdi, -19 seggi, si confermano i socialisti, -2, perdono i liberali, -23 ed è il peggior risultato, aumentano i popolari con nove seggi in più, tiene la sinistra che perde un solo seggio. Ecco la comoda immaginetta comparativa ingrandibile.

Oppure qui. Data, quindi, la maggioranza di 360 più uno, tutto ciò che sta a sinistra di ECR, il Gruppo dei Conservatori e Riformisti europei di Fratelli d’Italia, fa 489, più che sufficienti per costruire maggioranze. Certo, quando von der Leyen un minuto dopo la chiusura dei seggi dice: «Costruiremo un bastione contro gli estremisti da sinistra e da destra» sta dicendo non solo che non farà accordi con la sinistra, il gruppo The Left, ma sta dicendo anche a un certo tipo di destra, quella che ritiene più istituzionalizzata, ovvero proprio ECR, ci si può parlare.

In realtà, sempre parlando complessivamente, non è che ci sia stato tutto questo spostamento a destra, perché ECR ha solo quattro seggi in più e ID-Gruppo Identità e Democrazia, quello della Lega per parlare italiano, nove. La differenza è però che nei due paesi trainanti l’Unione, Francia e Germania, l’avanzata da destra invece si è vista eccome, con il Rassemblement national oltre il trenta e Alternative für Deutschland quasi al sedici, oltre ai Cristiano Democratici (CDU/CSU) di opposizione che da soli prendono quanto i tre partiti di governo insieme. Il che poi in ottica delle elezioni politiche a fine mese in Francia e un equilibrio instabile in Germania complicherà le cose. I cinquantaquattro ‘Altri’, cioè neoeletti senza appartenenza a un gruppo politico del Parlamento uscente, qualche peso sposteranno.

Leggendo, infine, le cose in chiave italiana, cosa poco interessante perché bisognerebbe smettere di farlo ma tant’è, sono ancora lette come elezioni di mid-term, vincono tutti tranne Cinque stelle, c’è poco da fare, e Lega, ma non abbastanza, forse, da mettere in discussione il segretario che non fa congressi da dieci anni. Anche se in termini assoluti conta l’astensione, Fratelli d’Italia, dato con il PD come vincitore in termini percentuali, in realtà ha ottenuto 6,6 milioni di voti contro i 7,3 milioni di settembre 2022. Vediamo come sarà la seconda parte dell’anno, alla luce dei rapporti con un’UE più interessata di prima a parlare con esponenti europei di ECR che è guidata, lo ricordo, proprio da Meloni.