com’è che da noi no? (risposta ovvia)

Negli ultimi due giorni decine, centinaia di migliaia di persone in piazza contro fascismo e razzismo. Ad Amsterdam:

A Parigi:

A Praga:

In Germania:

A Tucson con Sanders e AOC:

La domanda, quindi, è: perché da noi per portare in piazza le persone bisogna inventarsi una manifestazione – rispettabilissima, per carità – in nome dei valori europei, senza bandiere di parte, senza slogan così da non correre il rischio di offendere alcuno? Forse che fascismo e razzismo non dovrebbero essere combattuti da chiunque, destra e sinistra, perlomeno fedeli a valori costituzionali e libertari? O forse che, se si è governati da chi è complice, bisognerebbe avere più coraggio?
Il mondo, ancora una volta, è là fuori.

7 commenti su “com’è che da noi no? (risposta ovvia)

  1. Il mio debol parere è che gli italiani siano in gran parte dei lazzaroni che vogliono “vincere facile” in ogni campo. Per questo voltano gabbana con facilità, dato che è più comodo salire sul carro del vincitore invece che avere una propria idea e lavorare per questa.
    Più comodo agganciarsi a che è già arrivato e non importa se ci si aggancia a che è appena riemerso dalle fogne della storia. Il nostro proverbiale opportunismo ci fa turare il naso.

    • Grazie, GM, mi è utile parlarne perché mi sfuggono le ragioni della cosa. La tua spiegazione è senz’altro convincente e dà conto della situazione.
      Un’altro tipo di spiegazione che mi sono dato, per nulla alternativa alla tua e probabilmente parallela e sorta dalle stesse premesse, è quella di una sostanziale indifferenza finché non vengono toccati alcuni aspetti privati e personali, averi, cose, libertà minime, persone vicinissime e non altre.
      Però, un’altra domanda: non c’è forse anche una questione che riguardi la classe politica?

  2. La classe politica ormai raschia il fondo del barile raccattando consensi dove riesce, e lo fa manipolando la verità e violentando il significato delle parole perché
    A far truffe i xe i più scaltri
    lori varda sempre e scarsee dei altri
    e magagne i le ciama sfighe
    varda lori come che i se la ride.

    I fa presto a incantar la gente
    co la va mal i fa finta de niente
    i va in serca dei marsiani
    e qua in tera i ne fa viver da cani.

    Quei che ne comanda
    i xe sempre ‘na bruta banda
    e più che ‘ndemo ‘vanti
    de cantargheo no saremo mai stanchi.

    Scusa ma mi è partita una citazione…
    Volevo dire che ormai non conta più la realtà ma contano solo le reazioni della gente, per questo si acquisisce consenso attivando i bias cognitivi dei più. Sarebbe bello parlare di princìpi universali, di ideali, di mete da raggiungere assieme ma, purtroppo, è finita l’epoca degli ideali.
    La politica lo sa e ne tiene conto.
    Però, manipolando i bias cognitivi invece che proporre ideali, ottiene il risultato di amplificare ancora di più l’egoismo e l’opportunismo, così gli aspetti privati sono visti isolati (ciascuno ha i suoi averi e le sue libertà) e non si vedono invece come espressione di Averi e di Libertà comuni.

    Vabbè, adesso ne ho sparato abbastanza… Grazie per lo spazio che mi hai lasciato a disposizione e per l’ascolto. Sapere di scrivere cose che poi leggerai mi fa sentire di scrivere cose …”importanti”.

    • Le cose che scrivi, caro GM, importanti non perché le scrivi qui, mi hanno richiamato alla mente un discorso, elegante e potente:

      Studenti dell’Università di Padova!
      Sono rimasto a capo della vostra Università finché speravo di mantenerla immune dall’offesa fascista e dalla minaccia germanica; fino a che speravo di difendervi da servitú politiche e militari e di proteggere con la mia fede pubblicamente professata la vostra fede costretta al silenzio e al segreto. Tale proposito mi ha fatto resistere, contro il malessere che sempre più mi invadeva nel restare a un posto che ai lontani e agli estranei poteva apparire di pacifica convivenza mentre era un posto di ininterrotto combattimento.

      Oggi il dovere mi chiama altrove.

      Oggi non è più possibile sperare che l’Università resti asilo indisturbato di libere coscienze operose, mentre lo straniero preme alle porte dei nostri istituti e l’ordine di un governo che — per la defezione di un vecchio complice — ardisce chiamarsi repubblicano vorrebbe convertire la gioventú universitaria in una milizia di mercenari e di sgherri massacratori. Nel giorno inaugurale dell’anno accademico avete veduto un manipolo di questi sciagurati, violatori dell’Aula Magna, travolti sotto la immensa ondata del vostro irrefrenabile sdegno. Ed io, o giovani studenti, ho atteso questo giorno in cui avreste riconsacrato il vostro tempio per più di vent’anni profanato; e benedico il destino di avermi dato la gioia di una così solenne comunione con l’anima vostra. Ma quelli, che per un ventennio hanno vilipeso ogni onorevole cosa e mentito e calunniato, hanno tramutato in vanteria la disfatta e nei loro annunci mendaci hanno soffocato il vostro grido e si sono appropriata la vostra parola.

      Studenti: non posso lasciare l’ufficio del Rettore dell’Università di Padova senza rivolgervi un ultimo appello. Una generazione di uomini ha distrutto la vostra giovinezza e la vostra patria. Traditi dalla frode, dalla violenza, dall’ignavia, dalla servilità criminosa, voi insieme con la gioventú operaia e contadina, dovete rifare la storia dell’Italia e costituire il popolo italiano.

      Non frugate nelle memorie o nei nascondigli del passato i soli responsabili di episodi delittuosi; dietro ai sicari c’è tutta una moltitudine che quei delitti ha voluto e ha coperto con il silenzio e la codarda rassegnazione; c’è tutta la classe dirigente italiana sospinta dalla inettitudine e dalla colpa verso la sua totale rovina.

      Studenti: mi allontano da voi con la speranza di ritornare a voi maestro e compagno, dopo la fraternità di una lotta assieme combattuta. Per la fede che vi illumina, per lo sdegno che vi accende, non lasciate che l’oppressore disponga della vostra vita, fate risorgere i vostri battaglioni, liberate l’Italia dalla schiavitú e dall’ignominia, aggiungete al labaro della vostra Università la gloria di una nuova più grande decorazione in questa battaglia suprema per la giustizia e per la pace nel mondo.»

      (Discorso del rettore Concetto Marchesi agli studenti dell’Università degli Studi di Padova)

      • Discorso bellissimo, ogni frase trasuda di saggezza e/o verità.
        Oggi noto e apprezzo particolarmente “dietro ai sicari c’è tutta una moltitudine che quei delitti ha voluto e ha coperto con il silenzio e la codarda rassegnazione”.
        Purtroppo siamo sempre lì: prima tanti odiabili indifferenti, dopo tanti codardi rassegnati… 🙁

        • Caro GM, condivido con te ogni concetto espresso e, come te, alla luce dell’età e dell’esperienza oggi sottolineo il periodo che inizia con: “Non frugate nelle memorie o nei nascondigli del passato i soli responsabili di episodi delittuosi” e se un tempo avrei (ho, poche storie) bollato i Pitura Freska come qualunquisti, oggi non posso dire di essere così distante (e qua in tera i ne fa viver da cani). Urge trovare dei modi utili e concreti per ridare radici a questa terra che secca quelle che ha. Io credo si debba, si possa ripartire dalle comunità. Anche piccoline. E questo cerco di fare.

          • Caro Trivigante, curare e costruire comunità è un bellissimo modo per remare contro tutto il peggio che abbiamo descritto in questo nostro scambio di commenti.
            Chi ci vuole sottomettere ci vuole isolati e separati, in questo modo siamo ancora più vulnerabili.

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