laccanzone del giorno: Julia Nunes, ‘Make out’

Julia Nunes è una cantautrice americana: ha cominciato postando su youtube covers e piccoli pezzi propri, spesso fatti con un ukulele o una piccola chitarra e registrati in camera, per approdare poi a un primo album pubblicato da una piccola casa discografica indipendente. Canzoni arricchite di nulla, l’approccio è semplice ma solido, basato su ottime idee, bella voce, tanta sostanza, il che me la fa piacere molto.
Un fulgido esempio di quanto vado dicendo, per cui basterebbero i primi venticinque secondi a dimostrare davvero quanto è brava:

Io consiglio caldamente, poi ciascun per sé. Questa canzone è contenuta in Some feelings, disco del 2015, bello come il precedente Settle down (2012, più bello secondo me) e come, spero, il prossimo, in uscita a inizio 2018.
Una delle sue cover più riuscite a parer mio.

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Una bella utilitella per il PC: LockHunter.

Ecco cosa fa: identifica il processo che sta bloccando una cartella o un file, dà dettagli, cancella files bloccati, rinomina cartelle che windows dice no, insomma una comoda utilitella, a parer mio. Il menu contestuale per lanciarla direttamente da cartella/file, il fatto che è gratuita e il fatto che è generosamente rilasciata da sviluppatori di San Pietroburgo rendono la cosa pressoché perfetta.

a sense of awe

Tre vignette per ricordarmi quanto era divertente e arguto Gary Larson.

[vignetta con Dio al computer]

[vignetta con l’insalata di patate nel frigo che diventa cattiva]

[vignetta con l’alieno che scivola sulla scaletta dell’astronave]

Si è ritirato nel 1995 e ha segnato profondamente il mio senso dell’umorismo.
Nel 2013 Larson chiese di non postare in rete i suoi lavori, poiché li ritiene troppo personali e importanti per sé per non averne più il controllo. Rispetto la sua volontà, per gratitudine.

gente cui non importa assolutamente nulla di niente

«A tarpare le ali di Alitalia non è stato l’avvento delle compagnie low cost, ma le scelte scellerate dei Capitani Coraggiosi chiamati da Silvio Berlusconi per salvare la compagnia di bandiera. Senza i danni causati dal Piano Fenice firmato da CAI – in base al quale l’ex Alitalia ha abbandonato il mercato infrauropeo, rinunciando volontariamente a un tesoro di circa 10 milioni di passeggeri per concentrarsi sul mercato domestico a tariffe non competitive – oggi l’Italia non sarebbe il Paese europeo col maggior tasso di penetrazione di vettori a basso costo».

Non lo dico io, anche se lo pensavo fin da allora senza essere esperto di nulla, lo dice il dossier elaborato dal Dipartimento di Scienze Economico aziendali (Di.Sea.De) dell’Università Statale di Milano Bicocca, «Alitalia e il mercato del trasporto aereo». Che prosegue:

«Dati alla mano, la verità oggi innegabile è che gli oltre 10 miliardi di oneri derivanti da Alitalia si creano quasi tutti del periodo post IRI e oltre la metà di questi è imputabile alla scelta del 2008. Una bella medaglia per il Cavaliere».

Bene, avanti così. Si sapeva, si è detto ma, ovviamente, non importa.
Come sempre. E adesso votatelo di nuovo, dai.
(Qui l’articolo completo, ricco di informazioni irritanti).

if you’re susceptible to seizures, be careful, please

È ancora quel momento dell’anno, per fortuna che c’è, in cui esce il nuovo video degli OK Go. Ormai talmente innovativi da quel punto di vista che la musica non solo pare secondaria ma pare composta proprio in funzione del video, non si capisce più cosa venga prima. Comunque sempre notevoli, consiglio ripassone di tutti i loro video degli ultimi quindici anni.

E c’è qualcuno che fa fatica a farne funzionare una, di stampante.
(Questo video è da pazzi).

ve lo dico con grande onestà: affanculo gli olandesi

Ma chi cazzo sono ‘sti olandesi?
Nella partita per l’attribuzione della sede dell’EMA, l’Agenzia europea del farmaco in fuga Londra dopo la Brexit, eravamo certi – noi italiani, milanesi, lombardi tutti – di vincere. Perché siamo meglio di questi olandesici amsterdamici, andiamo. Così diceva Maroni, governatore della Regione:

“Spero che nella decisione prevalga la consistenza del dossier e non la geopolitica. Se sarà così, Milano vincerà”.

Ovvio, perché se si sta ai fatti, chiaro che si vince. Sala, sindaco di Milano, sfoggia onestà:

“Ve lo dico con grande onestà, il dossier Milano è decisamente il migliore e Milano è anche la destinazione migliore delle persone che lavorano in Ema”

E invece no: EMA ad Amsterdam. Com’è possibile? Sfiga, ovvio, visto che si è proceduto a sorteggio, se si fosse rimasti ai contenuti avremmo stravinto. Anche Gentiloni, presidente del consiglio, lo dice chiaramente:

“C’è grande delusione ma anche la consapevolezza che si è fatto tutto quello che si poteva per avere un dossier di candidatura molto competitivo, lo si è visto nelle prime due votazioni”.

Accidenti. E invece no.
Perché, stando a quanto racconta Lucarelli sul Fatto quotidiano di ieri, il nostro dossier non era mica meglio, anzi: pare «la bozza della ricerca scolastica sulle conquiste di Alessandro Magno fatta da mio figlio in seconda media». Apperò.
Vediamo: «Partiamo dal sommario (…). Scritto fitto utilizzando un font tipo Verdana, parte da pagina 1 per poi passare direttamente alla 3 (…). Le pagina 19 e 20 sono curiosamente bianche», cominciamo bene. «A pagina 25 c’è la prima carta topografica con la mappatura degli ospedali che è su per giù uno screenshot di Google Map (…). A pagina 26 si specifica che “the City of Milano has a record of protecting and promoting the rights of LGBTQI people”. Già. Peccato che il Pirellone che doveva ospitare l’Agenzia, sia quello su cui comparve la scritta Family Day appena un anno fa». Vero. Prosegue: «Poi c’è una cartina sull’aspettativa di vita media in Europa, ma è totalmente sfocata (…). A pagina 35, a sorpresa, altra pagina vuota (…). A pagina 38, nel paragrafo “eating and drinking”, si aspira a conquistare voti decisivi ricordando che qui l’aperitivo è composto da “drinks and nibbles”, bevute e stuzzichini (…). A pagina 39 si scopre che le squadre della città sono Inter e AC Milano (con la o). La mappa cittadina, a pagina 36, è suddivisa per aree e numeri dall’1 al 9 tipo distretti di Hunger Games, senza nomi di quartieri o indicazioni geografiche». Mmm.
In generale: «mappe divise a metà tra una pagina e l’altra, niente margini né interlinea, tabelle come se piovesse, lettere con timbro e firma di Federalberghi che fa giurin giurello sul fatto che manterrà invariati i prezzi delle camere, e tutto quel che potete immaginare nel compitino didascalico di uno stagista psicotico».
Sì, ma il dossier olandese? Com’è? «Grafica accattivante, foto da brochure di viaggi, tabelle chiare e leggibili, pagine colorate, loghi per indicizzare, planimetrie degli uffici e informazioni complete su 84 pagine». Vualà.

Oh, tranquilli: se stiamo ai contenuti, stravinciamo.
Qui sotto l’articolo integrale (non me ne voglia il Fatto), basta cliccarci sopra.

Ed ecco per comoda consultazione:
il dossier italiano in tutto il suo splendore proprio
il dossier olandesico che lo battiamo quando vogliamo
la versione promozionale di quello italiano che, tutto sommato, non è nemmeno male (ma non ha contenuti, ovviamente)