padania, purtroppo

Imperversa la cappa, intendo una coltrona di roba latticineggiante (Conte direbbe poeticamente anice) che avvolge tutto da mattina a sera, e non c’è vento, non c’è pioggia, le centraline di rilevamento dei fattori inquinanti saturano e tutto il paesaggio è irreale. Lo conferma il satellite.

Ristagna. Noi sappiamo che altrove e più in alto c’è un tempo migliore, lo sappiamo perché qualcuno lo racconta, ma se in questi giorni vediamo un disco colorato e caldo in cielo lo temiamo.
Al di sotto della coltre, c’è la nebbia. Quella che una volta c’era sempre e ora non c’è quasi mai, che i vecchi si ricordano Milano e la bassa padana, che non è più così. Però guardi fuori e c’è, almeno ora. E poi è natale. Nebbia e natale, luci e aria lattosa, un mix micidiale che rende la padania il terzo posto migliore in cui vivere dopo Fantasilandia e Mordor.

Le foto sono di Andrea Alessio, ottime perché colgono in pieno l’atmosfera sospesa, e fanno parte del progetto “Before you, Santa Claus, life was like a moonless night“.
Se questa è la fotografia, c’è anche la letteratura, su questo posto infernale: l’Atlante dei Classici Padani, un vademecum imperdibile per chi vive tra lo Scrivia e il Brenta.

100% stampato nella MacroRegione, il che non è da sottovalutare, raccoglie con humour e dà un senso – anche se non compiuto perché sarebbe impossibile farlo – a ciò che caratterizza la padania, ovvero lo spontaneismo edilizio e quel tremendo rumore di fondo fatto di capannoni, cartellonistica pubblicitaria, concessionari, palmizi e luoghi per pranzi di lavoro che non ci abbandona mai.

tutti non sanno che (senza forse)

A bruciapelo: da quale popolazione è costituito il gruppo etnico più numeroso degli Stati Uniti? Mentre qualcuno formula una possibile risposta (africani? italiani? messicani? irlandesi?) un attimo di suspàns con delle belle immagini di gattini.

Che tenerezza. Che bellezza. Altro che internet delle cose…
Comunque, tornando all’appassionante domanda di cui sopra, la risposta è a dir poco sorprendente: i tedeschi. Ebbene sì (il dato è del 2000).

1 German | 42,841,569 | 15.2 %
2 Irish | 30,524,799 | 10.8 %
3 African | 24,903,412 | 8.8 %
4 English | 24,509,692 | 8.7 %
5 American | 20,188,305 | 7.2 %
6 Mexican | 18,382,291 | 6.5 %
7 Italian | 15,638,348 | 5.6 %
8 Polish | 8,977,235 | 3.2 %

Sissignori. Nonostante negli USA non ci siano sindaci di origine tedesca (mentre italiani, polacchi, irlandesi eccetera sì), nonostante non ci siano musei di cultura tedesca (mentre italiani, polacchi, irlandesi eccetera sì), nonostante non ci siano parate o feste di tradizione germanica (mentre italiane, polacche, irlandesi eccetera sì), ovvero la cultura tedesca è sostanzialmente sommersa, i tedeschi in America sono la maggioranza. Un’idea della cosa, contea per contea (in giallo le zone a maggioranza di origine tedesca):

Verso il 1830, i tedeschi cercarono di impiantare in Texas un’estesa comunità germanica, facendo un secondo tentativo in Wisconsin, così riuscito da definirlo una “provincia tedesca”. In questi stati si leggevano giornali tedeschi, le persone si curavano in ospedali tedeschi, studiavano tedesco nelle scuole, ascoltavano prediche in tedesco nelle chiese luterane, cantavano canti tedeschi e suonavano musica tedesca: era la German-America. Tra le città, la più tedesca era di certo Chicago, che nell’Ottocento aveva più di trenta quotidiani di lingua tedesca.

La sparizione dei tedeschi avvenne a seguito della prima guerra mondiale e di un’ondata anti-tedesca senza precedenti: la cancellazione dell’identità tedesca avvenne subito con il cambio dei nomi: il Germania Club diventò il Chicago Lincoln Club; l’hotel Bismarck si mutò in hotel Randolph, l’hotel Kaiserhof in hotel Atlantic. La Società di mutuo soccorso Kaiser Friedrich divenne Società di beneficienza George Washington e la Bismarck School cambiò in Scuola General Frederick Funston. Furono cambiati i nomi di vie come via Reno, via Berlino, via Lubecca e così via. L’ospedale tedesco divenne il Grant Hospital. La Theodor Thomas Orchestra fu ormai la Chicago Simphony Orchestra.
Allo scoccare della seconda guerra mondiale, non esisteva più una questione tedesca in America: si erano già inabissati. Ma, come si è visto, non spariti.

animals meet the challenges of surviving

Nel 2006 fu Planet Earth: una serie di documentari strepitosi della BBC con la voce narrante di Sir David Attenborough e girati con tecnica cinematografica al massimo livello.
Ora, dieci anni dopo, è uscito Planet Earth II:

Fin dalle prime puntate ha mostrato cose mirabolanti, a dire poco. Tra coteste cose, non so in quale puntata, una giovane iguana cerca di sfuggire a un assalto brutale di serpenti davvero organizzati e coalizzati, a Fernandina, una delle più grandi isole delle Galapagos: il video è qui (o cliccando sull’immagine).

C’è una scena clamorosa in questo filmato nella quale i serpenti sbucano da sotto una roccia simultaneamente, manco fosse una scena di un film di Bay: è talmente coreografico da sembrare girato su un set, se non fosse che le iguana hanno dei cachet molto alti e caratteri troppo difficili per sopportare le bizze di un regista.

[Aggiornamento: c’è anche un behind the scenes del filmato breve ma impressionante, si vede una scena clamorosa di caccia collettiva dei serpenti i quali attaccano in massa ma ognun per sé, incredibile. Qui.]

Steve lo sa

Una foto di San Francisco con, in fondo, il pezzo curvo di Lombard street.

161201-lombard-street

Lombard street è quella curiosa strada in parte a zig-zag con una pendenza micidiale di cui ho accennato qui. Se siete Steve McQueen sapete benissimo di cosa si parli. Non si vede mai da questa prospettiva e si intuisce il serpentone in fondo (qui dal satellite).