Per chi ne ha soddisfazione, auguri.

Ma preferisco Banksy a Cattelan.

Per chi ne ha soddisfazione, auguri.
Ma preferisco Banksy a Cattelan.
Oggi è sant’Ambrogio e c’è la prima alla Scala.
Niente opera singola, oggi è in programma un puppurrì, un meglio di, una selezione di arie d’opera da Verdi a Indiana Jones, dato che non si è potuto nemmeno provare.
Bei tempi quando, ventenne, andavo a tirare le uova sulle pellicce delle signore che entravano nel foyer. Bei tempi quando, quarantenne, andavo in pelliccia a vedere la prima nel tempio dell’opera. Bei tempi.
Tempi diversi da oggi, tempo in cui ci tocca guardare la prima in streaming da casa perché gli ammessi in sala saranno davvero pochi o, peggio, guardarla su Rai1, presentata da Milly Carlucci e Bruno Vespa (non è una battuta scadente, purtroppo). Questo paese sa di naftalina e pastina da minestra.
A proposito di Vespa, puntuale si presenta sotto natale con l’ennesimo libro vergognoso su Mussolini e fascismo, mistificando e banalizzando i fatti. Da segnalare che son sempre più le librerie che espongono il tomo al contrario, a testa in giù.
Non sfugge nemmeno il Vaticano al Black friday.
Se i conti in rosso erano di segno negativo, quelli in nero, magari, indicano grandi guadagni. Perché dunque il Vaticano dovrebbe esimersi?
Come resistere dunque alla splendida riproduzione della scultura romana del Nilo in resina e polvere di marmo alla modica cifra di duecentocinquanta euro?
Consiglio l’ombrello «paradiso terrestre».
Dice testualmente: «Con la dott.ssa Carla Basagni, curatrice delle Gallerie degli Uffizi, visiteremo la Biblioteca degli Uffizi, conosciuta anche come “Biblioteca Magliabechiana”». E via con la diretta, bello:
Magnifico, più di un’ora sdraiato sulla scrivania per vedere – ad altissima qualità, non bastasse – la diretta. E sono gli Uffizi, mica la civica biblioteca di Camporgiano.
Ricevo da Poste italiane e volentieri corro a incassare:
Io chiudo qui, cambio vita e adiòs, orvuar, bonsuàr. Statemi bene.
E uno poi pensa di essere unico e irripetibile.
Su instagram c’è un tizio, o tizi multipli, che da otto anni si firma Fontanesi – bel nome che stimola la mia immaginazione ridolera, come Musolesi o Lombardozzi – e pubblica con costanza fotomontaggi di due o più foto, messi e tagliati alla grossa, con esiti ironici e spesso surreali. Ora è a circa seimila.
Non tutti mi piacciono, per buona parte mi dicono poco, ma alcuni sono proprio azzeccati e divertenti. Per esempio:
E poi ce ne sono alcuni, tipo questo, proprio spassosi:
È l’immaginazione che mi piace. Fontanesi sta qua.
TikTok è una cosa per vecchi bacucchi, noi giovani siamo già tutti su Triller.
Poi non dite che non lo sapevate.
Ero a Brignano Gera d’Adda e mi si è spezzata l’auto in due.
Tea for the Tillerman forse non è il più bel disco di Cat Stevens ma, se non lo è, ci si avvicina parecchio. Ed è, comunque, un gran disco: voglio dire, Where Do the Children Play?, Wild World, Sad Lisa, Father and Son e avanti.
Stevens (ora Yusuf Islam) ha deciso di risuonare completamente il disco, in occasione del cinquantesimo. Comunque meglio della ripubblicazione con un milione di inediti del tutto inutili. E c’è anche un video in stop motion girato da Chris Hopewell & Black Dog Films, in attesa del 18 settembre per l’uscita del disco.
Anche la copertina è stata ridisegnata, attualizzando i concetti del disco, pur validi a oggi. Devo dire che il vecchio disco regge benissimo il tempo.
A me, complessivamente, piace di più Mona Bone Jakon ma son preferenze.