il ‘ddl Zan’ e la libertà dei miserabili

Ricapitolo: la Camera approva il ‘ddl Zan’ con 265 voti a favore, 193 contro e un’astensione. Cito dal Post: «I primi due articoli del ddl Zan introducono l’orientamento, il genere sessuale e l’abilismo negli articoli del codice penale, il 604 bis e ter, che puniscono la propaganda e l’istigazione a delinquere per motivi di discriminazione». E «il terzo, il più importante, modifica il decreto legge 122 del 1993, la cosiddetta legge Mancino», ovvero prevede il carcere anche per chi commetta o inciti a «reati di violenza fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sull’abilismo». Bene, no?

No, non del tutto. Durante le votazioni, i deputati di Fratelli d’Italia si sono alzati e in segno di protesta hanno indossato un bavaglio. Eccoli.

Che conclusioni ne dobbiamo trarre? Che gli aderenti al partito ritengano che la propria libertà sia indebolita e limitata da un progetto di legge che vorrebbe punire la discriminazione sessuale? Cioè vorrebbero essere liberi di insultare e istigare all’odio liberamente? È questa l’idea?
I loro colleghi della Lega, analogamente, hanno scandito in aula lo slogan «Liberta! Liberta!» e vale lo stesso discorso, che idea miserabile e modesta della propria libertà hanno, che poco valore le attribuiscono se essa è, di fatto, la libertà di dare del frocio a qualcuno e poi ridersela, che pessimo modo di stare al mondo.

minidiario scritto un po’ così delle cose recidive, ovvero perseverare nella pandemia: novembre, persone che si sfogano, droplets, l’11.11

Che nostalgia – dico meglio: ostalgie – ho per certi paesi in cui la voce era una sola sulle questioni importanti. Non su tutto ma, almeno, sulle questioni sanitarie la cosa aveva una certa utilità. Qui no, qui siamo al parossismo in nome della libertà di parola e dell’autorità diffusa, per cui la voce del governo e delle istituzioni sanitarie stenta a emergere mentre tutto il sottobosco crea un rumore di fondo insopportabile: virologi, governatori di regioni, esperti di ogni sorta, cittadini qualunque, amici, nemici, tizi e caii. Ecco, io non ne posso più. Non riesco a capire se la situazione sia emergenziale o no, non riesco a capire quanto sia localizzata o diffusa, non riesco a capire se il governo si stia muovendo in una direzione precisa o stia effettuando tentativi, non riesco a capire se le procedure funzionino oppure no. Di conseguenza, non riesco a fidarmi e affidarmi, perché non so a chi. Le Regioni inviano dati vecchi o errati o manipolati, la colorazione del territorio non procede con le stesse regole per tutti, la Campania fa il contrario delle altre regioni, la Calabria non ne parliamo e il cortese Gino Strada viene chiamato a sbrogliare la situazione locale (mi chiedo: è la persona giusta o la si è chiamata per notorietà?), alcune città chiudono nonostante le regioni tirino in direzione opposta, chiunque ha qualcosa da dire.

Io no, non ho niente da dire, non ho niente di utile da offrire perché non so nulla del problema, non so come sia il virus, o cosa sia, e non so come si gestiscano le pandemie, non so se gli estetisti debbano rimanere aperti o chiusi, non so la differenza tra una terapia o l’altra. Alzo le mani, vorrei tanto affidarmi. E vorrei non doverne più parlare, in particolare con persone, le incontro tutti i giorni, che alzano i toni riversando nel grande calderone la loro quota ordinaria di caos. Immagino che molti sfoghino la tensione accumulata nel tempo in questo modo, ecco: non fatelo con me. Non dico che non se ne debba parlare ma fatelo tra voi, occupatevene voi, sfogatevi. Io riesco a essere utile su altri fronti, forse, su questo di certo no.

Oggi è la giornata internazionale dei single. La ricorrenza è nata in Cina e doveva essere un’occasione per celebrare l’orgoglio di essere single e la data, con tutti quegli uno, richiama appunto la condizione di chi non vive in coppia. Poi la faccenda ha dilagato ed è diventata un momento di shopping collettivo, soprattutto in Cina, vedi le grandi offerte di Alibaba o JD.com. Senza esagerare, è la più grande ricorrenza commerciale del mondo.
Io sono single da non molto tempo prima che cominciasse la prima ondata, febbraio-marzo, e faccio i conti con la mia condizione: già in tempi normali non è esattamente facile incontrare persone nuove, al momento la cosa è piuttosto complessa. Le mascherine, in questo, poi non aiutano per nulla. Uno deve contare su un colpo di fulmine o di simpatia basato solo sullo sguardo? Improbabile. Che dovrei fare? Andare al supermercato con una maglietta «ehi, sono single e negativo al tampone»? Girare con un cartello al collo? Oppure: visto che immuni non funziona, lo facciamo funzionare tipo Tinder ma con l’avviso quando entri in contatto con un altro single?
Il Belgio invita a trovarsi compagni di coccole, ahah, certamente, ma non è il tipo di cosa cui stavo pensando, diciamo che avevo pensieri più generali e, insieme, decisamente più ristretti e precisi. La mia condizione mi sta benissimo, di solito, perché si accompagna a una situazione fatta, attorno, di cene, incontri, viaggi, spettacoli, discorsi, occasioni, musei, teatri, il che dà un equilibrio piuttosto stabile a tutta la faccenda. La pandemia, ovvero le restrizioni legate a, tagliano via in realtà tutto ciò che stava attorno, ponendo qualche problemino ulteriore. Anche, banalmente, qualcuno che ti guardi in faccia e sia in grado di notare i sintomi di fatica temporanea che questa situazione collettiva dà, di volta in volta, a chiunque e mettà la, non dico tanto, una battuta azzeccata. Sarebbe già parecchio.

Diciamo che non importa, diciamo che va bene così, metto in saccoccia e mi preparo per il futuro: sto leggendo un libro sulle tratte ferroviarie e, imparo, la tratta più lunga percorribile, per quanto non unica, è la Siviglia-Hanoi, interpretabile nelle tappe intermedie come meglio uno crede. Per esempio, Parigi-Mosca-Pechino, per farla facile. Ecco, finiamo questa menata tremenda della pandemia, magari nel modo migliore e saggio possibile, e poi io vado, salgo sul primo treno e mi risarcisco di quanto ritengo giusto. Ossia, una sovrastima inquantificabile.


Indice del minidiario scritto un po’ così delle cose recidive:
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minidiario scritto un po’ così delle cose recidive, ovvero perseverare nella pandemia: novembre, vittoria!, la giustificazione di me stesso, limonare duro

Daidaidai, vince Biden. Si era intuito l’andamento già da mercoledì, poi in Wisconsin, Pennsylvania e altri stati la situazione si era fermata per lo scrutinio dei voti postali e ieri sera, finalmente, la conferma: ha vinto Biden. E porta con sé la prima donna vicepresidente. Poi, tra quattro anni, si vedrà ma varrebbe la pena scommettere su di lei (senza far battute sull’età attuale di Biden). Gran giro di messaggi, battute, felicitazioni e meme. Questa buona notizia – qualcuno dice (GM. Bachi) – forse è l’indizio che questo 2020 si sta indebolendo. In ogni caso, tra meno di due mesi si sarà indebolito del tutto.
La cheerleader di Trump bofonchia qualcosa e finalmente si toglie la mascherina con scritto su ‘Trump’, scemo, quell’altra, la Meloni, non trova di meglio da dire che Biden ha vinto grazie al virus, altrimenti avremmo visto ben altro. Certo, molto interessante, facciamo che adesso i sovranisti si godono la scoppola per un po’ in silenzio, d’accordo? E mi chiedo: e QAnon? Ora che Trump è andato e circolano notizie di un Putin malato, chi resta come difensore del mondo? Se non sapete nulla o poco di QAnon, è ora di saperlo. Infine, lo dico io, non so se sono il primo ma ci provo: c’è una serie politica, molto divertente, da guardare in tema prima-donna-vicepresidente-che-poi-il-presidente-muore, Veep. Una delle cose più spassose per me che amo il genere. Ah, e bel discorso di Biden, pacificatore. Mentre Trump, vero, giocava a golf. Bene così.

Venendo a noi, prima fine settimana di lockdown. La situazione è diversa rispetto a marzo, molti esercizi sono aperti e ciò cozza un filino con le disposizioni: se solo il carattere dell’urgenza giustifica l’uscita di casa, oltre al lavoro, perché i concessionari o i negozi di articoli sportivi sono aperti? Posso spiegare al vigile l’urgenza che mi è venuta oggi di acquistare una Citroën Ami? Con buona pazienza, si può rimediare un caffè o un cappuccino al bar in modalità asporto e poi, per me che sono in motorino, l’asporto finisce un metro fuori. Tutto sommato, dove vivo io e per quello che posso vedere, le persone si attengono abbastanza alle regole: le strade sono gradatamente più vuote, le mascherine sono indossate senza grandi incertezze, le distanze mantenute. Anche a piedi, si circola poco, magari in gruppi di congiunti o qualsiasi cosa siano, ma con una certa compostezza. Ma non ho una visione completa. Certo, se poi nei saloni fanno le feste private tutti nudi assembrati, a me non m’invitano.

Essendo domenica ed essendoci un solino pallido, ma fa caldo grazie all’estate di San Martino, io mi dò letteralmente alla macchia. Lo confesso. Scelgo disinvoltamente di non leggere i chiarimenti del governo che un amico solerte mi invia e di attenermi all’ultima versione da me conosciuta (e a me favorevole): è concessa l’attività sportiva all’aperto, purché da soli. Pronti. Cioè. Mmm, sì, siamo in due, ma camminiamo distanti e ci ignoriamo a sufficienza. Ma sì, nemmeno ci stiamo troppo simpatici, decidiamo prima. E così m’involo in collina.

Lungo la salita incontriamo, ehm, incontro alcune persone, nuclei familiari più che altro, o coppie, quasi tutti rispettosi indossano la mascherina all’incrocio o si scansano; una volta in cima in effetti nel pratone qualcuno c’è ma siamo davvero distanziati. Il mio pensiero al riguardo, credo condiviso da quelli che sono lì con me al sole, è che se la condizione di lockdown dev’essere lunga, come temiamo tutti, allora qualche piccolo svago senza prendere o causare rischi ci può stare. Per quel che ho visto io, non ci sono stati comportamenti irresponsabili o situazioni da evitare anche se, mi rendo conto, sembra un po’ un’autoassoluzione. Può essere, in parte. In effetti. Ho un lungo elenco mentale di giustificazioni personali che potrei sfoggiare al momento, tutto condito da sìmaperò, ioperò, eeeeehèveroma, sonod’accordoma e così via ma non lo farò, non ora, ci sarà tutto il tempo.
Registro nel frattempo che il governo silura il commissario della sanità in Calabria, tal Cotticelli che, sereno, afferma candidamente che non aveva capito che tra i suoi compiti vi fosse la stesura del piano operativo covid. Lo sostituisce con tal Zuccatelli che, in un video di maggio diffuso ora, non trova di meglio che dire che «le mascherine non servono» e spiegare che per contagiarsi «ci si deve baciare in bocca per 15 minuti con la lingua», ottimo, tutto a posto. Suggerisco l’ideazione dello scenario 5 in cui inserire i commissari e chi ha deciso la nomina, tutti in zona bordò. Ovvero amichevole reclusione a Pianosa in compagnia dei diciassette milioni di visoni affetti da una variante del covid che la Danimarca si accinge ad abbattere. E che non mangiano da giorni.


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