non lo posso credere (ancora 11.22.63)

Come detto qui sotto, la serie 11.22.63 (a chi fosse sfuggito, il titolo è la data dell’uccisione di JFKennedy) sta per andare in onda in Italia.

160412.22

Ovviamente la data-titolo è scritta all’americana, mese-giorno-anno.
Ma la cosa bislaccona è che mandandola in onda in Italia hanno ben pensato di ordinare la data all’europea, cambiando dunque anche il titolo:

160412.11

E a seguire il titolo del romanzo e così via. Si fa? No, secondo me non si fa.
Provinciali.

11.22.63

Credo cominci a breve anche in italiano, anche se io consiglio l’inglese sottotitolato, comunque gran serie per alcuni motivi al volo: ottimo JFranco, irresistibile nella parte; un modo originale di trattare il trito tema dei viaggi nel tempo; bella l’idea di ricominciare ogni volta; oggettistica di scena strepitosa; scenografie impeccabili; Oswald non era il cattivone che ci si aspettava? fenomenale il concetto per cui il tempo fa resistenza; fotografia eccellente; forse le cose poi non vanno come uno vorrebbe, se modifica il passato.

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Insomma, cose così. Mica poco, e non ultimo: solo otto puntate, nessun rischio, solo gaudenzìa.

da Aurocastro a San Cimone, da Bagnarolo a Panzanatico

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Il 7 aprile 1966 fu presentato L’armata Brancaleone, e son cinquanta. Girato ovviamente l’anno prima scardinò qualsiasi punto fermo della commedia italiana di ambito storico (e commedia tout court) e, oltre a quanto già detto e noto, fece un’operazione intelligente e nuova: la rappresentazione di un medioevo straccione, scalcagnato e misero, sporco e ribaldo, di contrasto con quei film di cappa e spada con imbelli moschettieri che nulla avevano a che vedere con la realtà. Anche in questo Monicelli fu grandissimo (e non da solo).

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E poi è ancora divertentissimo, forse in cima alla mia personale classifica dello spasso. E che dire della scena con Maria Grazia Buccella, che ancora a solo pensarci mi vien da ridere? Lei, vedova lasciva, si concede a Brancaleone per godere degli ultimi piaceri della vita, causa peste. Omioddio, il Dammiti prendimi cuccurucù! mi causa ancora irrefrenabili spasmi. Come la scena con Teodora, del resto.

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Per chi se lo volesse risentire, magari correndo su qualche cavalcone in fila longobarda verso il proprio feudo, questo è il modo.