Panigotto da Vinegia

«Un sol grido un solo idioma: scapòma!», lo ricordo sempre.

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Lino Toffolo era una persona gentile, di quelle che non si notano troppo ma ci sono.
Memorabile, tra le altre cose, anche il dialogo in cui – come Panigotto – traduce le risposte del presunto infedele Rozzone:

Brancaleone: Parla cane!! Addove trovasi Gerosilemme?
Rozzone: Non sape! Lo posto più vicino è Scatorchiano!
Panigotto: Ha ditto che lo posto più vicino è Scatorchiano.

«in un’epoca di ridondanze so di muovermi in controtendenza»

Oggi è morto Gianmaria Testa, prima ferroviere e poi musicista. Un disco suo è stato per molto tempo nella mia radiola, Extra-Muros, era la metà degli anni Novanta ed era un bellissimo disco. Testa era un caso stranissimo, adorato a Parigi quasi come Conte – poteva fare due settimane di fila all’Olympia come niente – poco noto in Italia, sia per il genere non facilissimo sia per la sua natura schiva.

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Non a caso durante un concerto si rivolse così al pubblico: «Vi prego, non urlate… non riesco a suonare così. Io non sono un urlatore». Un’altra testa bella che se ne va, pure giovane. Mi spiace molto, anche in questo caso.

come riconoscere un film porno

Umberto Eco, una Bustina di Minerva del 1998. Già mi manca molto.

Non so se vi sia mai accaduto di vedere un film pornografico. Non intendo film che contengano elementi di erotismo, sia pure oltraggioso per molti, come per esempio Ultimo tango a Parigi. Intendo film pornografici, il cui vero e unico fine è di sollecitare il desiderio dello spettatore, dal principio alla fine, e in modo che, pur di sollecitare questo desiderio con immagini di accoppiamenti vari e variabili, il resto conti meno che niente.
Molte volte i magistrati debbono decidere se un film sia puramente pornografico o se abbia valore artistico. Non sono di coloro che ritengono che il valore artistico assolva tutto, e talora opere d’arte autentiche sono state più pericolose, per la fede, i costumi, le opinioni correnti, che non opere di minor valore. Inoltre ritengo che adulti consenzienti abbiano il diritto di consumare materiale pornografico, almeno in mancanza di meglio. Ma ammetto che talora in tribunale si debba decidere se un film è stato prodotto allo scopo di esprimere certi concetti o ideali estetici (sia pure per mezzo di scene che offendono il comune senso del pudore), o se è stato fatto al solo e unico scopo di sollecitare gli istinti dello spettatore.
Ebbene, c’è un criterio per decidere se un film è pornografico o no, ed è basato sul calcolo dei tempi morti. Un grande capolavoro del cinema di tutti i tempi, Ombre rosse, si svolge sempre e unicamente (salvo l’inizio, brevi intervalli e il finale) su una diligenza. Ma senza questo viaggio il film non avrebbe senso. L’avventura di Antonioni è fatto unicamente di tempi morti: la gente va, viene, parla, si perde e si ritrova, senza che nulla accada. Ma il film vuole appunto dirci che nulla accade. Ci può piacere o no, ma vuole dirci esattamente questo.
Un film pornografico invece, per giustificare il biglietto di ingresso o l’acquisto della videocassetta, ci dice che alcune persone si accoppiano sessualmente, uomini con donne, uomini con uomini, donne con donne, donne con cani o cavalli (faccio notare che non esistono film pornografici in cui uomini si accoppino con cavalle e cagne: perché?). E questo andrebbe ancora bene: ma esso è pieno di tempi morti
Se Gilberto, per violentare Gilberta, deve andare da piazza Cordusio a corso Buenos Aires, il film vi mostra Gilberto, in macchina, semaforo per semaforo, che compie tutto il tragitto.
I film pornografici sono pieni di gente che sale in macchina e guida per chilometri e chilometri, di coppie che perdono un tempo incredibile per registrarsi negli alberghi, di signori che passano minuti e minuti in ascensore prima di salire in camera, di ragazze che sorbiscono liquori diversi e si gingillano con magliette e merletti prima di confessarsi a vicenda che preferiscono Saffo a Don Giovanni. Detto alla buona e volgarmente, nei film pornografici, prima di vedersi una sana scopata occorre sorbirsi uno spot dell’assessorato ai trasporti.
Le ragioni sono ovvie. Un film in cui Gilberto violentasse sempre Gilberta, davanti, di dietro e di fianco, non sarebbe sostenibile. Nè fisicamente per gli attori, nè economicamente per il produttore. E non lo sarebbe psicologicamente per lo spettatore: perché la trasgressione abbia successo occorre che si disegni su uno sfondo di normalità. Rappresentare la normalità è una delle cose più difficili per qualsiasi artista – mentre rappresentare la deviazione, il delitto, lo stupro, la tortura, è facilissimo.
Pertanto il film pornografico deve rappresentare la normalità essenziale perché possa acquistare interesse la trasgressione – nel modo in cui ciascun spettatore la concepisce. Pertanto se Gilberto deve prendere l’autobus e andare da A a B, si vedrà Gilberto che prende l’autobus e l’autobus che va da A a B.
Questo irrita sovente gli spettatori, perché essi vorrebbero che ci fossero sempre scene innominabili. Ma si tratta di una illusione. Essi non sosterrebbero un’ora e mezzo di scene innominabili. Quindi i tempi morti sono essenziali.
Ripeto dunque. Entrate in una sala cinematografica. Se per andare da A a B i protagonisti ci mettono più di quanto desiderereste, questo significa che il film è pornografico.

umberto, il gigante

Era la persona più spiritosa, più leggera e colta, più varia ed eclettica che io abbia mai avuto il piacere di conoscere attraverso i libri. Gli volevo poi bene per ragioni famigliari, ma questo è un fatto mio. Mancherà molto anche a me.

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In una delle ultime bustine di Minerva, il suo genere che preferisco, Eco parlava dell’insulto, arrivando a suggerire un nutrito elenco di possibilità a uso giovanile, per schivare la banalità e ravvivare la polemica generazionale. Ditemi voi se par l’approccio di un ottantenne:

Una volta gli adulti evitavano le parolacce, se non all’osteria o in caserma, mentre i giovani le usavano per provocazione, e le scrivevano sulle pareti dei gabinetti della scuola. Oggi le nonne dicono “cazzo” invece di perdirindindina; i giovani potrebbero distinguersi dicendo perdirindindina, ma non sanno più che questa esclamazione esistesse. Che tipo di parolacce può usare oggi un giovane, per sentirsi appunto in polemica coi suoi genitori, quando i suoi genitori e i suoi nonni non gli lasciano più alcuno spazio per una inventiva scurrilità?
Avevo quindi ripreso una vecchia “Bustina”, consigliando ai giovani parole desuete ma efficaci come pistola dell’ostrega, papaciugo, imbolsito, crapapelata, piffero, marocchino, morlacco, badalucco, pischimpirola, tarabuso, balengu, piciu, cacasotto, malmostoso, lavativo, magnasapone, tonto, allocco, magnavongole, zanzibar, bidone, ciocco, bartolomeo, mona, tapiro, belinone, tamarro, burino, lucco, lingera, bernardo, lasagnone, vincenzo, babbiasso, saletabacchi, fregnone, lenza, scricchianespuli, cagone, giocondo, asinone, impiastro, ciarlatano, cecè, salame, testadirapa, farfallone, tanghero, cazzone, magnafregna, pulcinella, zozzone, scassapalle, mangiapaneatradimento, gonzo, bestione, buzzicone, cacacammisa, sfrappolato, puzzone, coatto, gandùla, brighella, pituano, pisquano, carampana, farlocco, flanellone, flippato, fricchettone, gabolista, gaglioffo, bietolone, e tanti altri termini bellissimi che lo spazio mi obbliga a tagliare.
Speriamo bene, per la riscoperta dell’idioma gentile.