nothing we can say it’s gonna change anything now

L’Emilia Romagna è alluvionata, il gran premio di Imola viene annullato, questioni di rispetto, logistica e soldi insieme, immagino, e Springsteen ha invece suonato regolarmente a Ferrara al Parco Urbano Bassani questa sera. Claudio Trotta di Barley Arts, l’organizzatore, e il sindaco hanno spiegato che non essendo in zona rossa e non essendovi problemi particolari e, come sempre, volendo tutelare i lavoratori coinvolti, il concerto non si sospende. C’è del vero in questo, come è vero che è cominciato con cinque ore di ritardo per permettere alla Commissione di vigilanza di svolgere i controlli del caso e come è vero che i cinquantamila partecipanti in qualche maniera Ferrara l’hanno pur dovuta raggiungere, sovraccaricando un sistema in difficoltà. E come è un mio pensiero che, forse, i novecento addetti per la sicurezza, fra cui duecento delle forze dell’ordine tra Polizia, Guardia di Finanza e vigili urbani, centocinquanta volontari della protezione civile e sessantadue operatori sanitari del 118, Ausl di Ferrara e Croce Rossa, avrebbero potuto essere destinati ad altre mansioni legate all’emergenza.

Sicuro, invece, che Springsteen sul palco non ha dedicato una parola, un pensiero, una canzone alla situazione di emergenza circostante. Colpisce, nel senso che da un cantautore che dell’attenzione alle difficoltà della vita ne ha fatto una misura del proprio lavoro è lecito aspettarsi qualcosa. Da un trapper attento alle proprie sopracciglia no, da lui sì. Dopo di che non è avvenuto, non era tenuto a farlo, non era obbligatorio, non l’ha fatto. Ciascuno scelga per sé se essere deluso o no.

In questo senso, l’immagine che mi viene in mente è quella di John Lennon e Yoko Ono durante il loro Bed-In del 1969, protesta non-violenta contro la guerra in Vietnam. Lodevole, grande eco, rimasero nel letto per due settimane, una ad Amsterdam e una a Montreal, per protestare contro la guerra e di promuovere la pace mondiale. Le lenzuola, però, ogni tanto andavano cambiate ed ecco la fotografia:

Esatto, la cameriera. È pur vero che erano in albergo, le lenzuola bisognava chiederle, che insomma eccetera, d’accordo. Però, anche in questo caso, qualcosa stona e colpisce. Ciò toglie qualcosa al senso e al messaggio della protesta? No, direi di no. Avrebbero dovuto cambiarsi le lenzuola da soli? No, non erano tenuti, non l’hanno fatto. Sarebbe stato meglio? Forse sì, chissà, di certo oltre a tutte le immagini del Bed-In, di grande impatto, resta anche questa, quella della cameriera. Una working class hero. Anche in questo caso, ciascuno scelga per sé se essere deluso o no e in che misura. Io un po’ sì, qui e là.

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