il mio proposito

C’è un brano del Talmud che penso contenga – sebbene io rifugga ogni testo religioso o consimile – alcune indicazioni utili per il mio futuro. Per cui, ho deciso di provare ad attenermicisi (-mitivimi) l’anno entrante:

Bada ai tuoi pensieri perché diventano parole.
Bada alle tue parole perché diventano azioni.
Bada alle tue azioni perché diventano abitudini.
Bada alle tue abitudini perché diventano il tuo carattere.
Bada al tuo carattere perché diventa il tuo destino.

Bado. Poi tanto sono cretino e mi perdo via in qualche scemenza e mi vien da ridere alle frasi fatte. Vabbè, ce provo.

in chiusura

Un panoramello decembrino del quasi-centro di Riga, bellissima città, andavatela.

Poiché è stata una delle cose belle di quest’anno, merita di essere messa in conclusione, per me. E di riparlarne ampiamente. Buon anno.

Qui sotto, invece, il riassunto del 2016 di Chris the barker che, in una citazione colta, ha sintetizzato questa specie di falcidiamento che ha colpito un po’ tutti e alcuni fatti dell’anno che sta finendo.

A-ri-buonanno.

maledetta ‘g’

Prima un po’ di persuasione commerciale, una battuta amichevole, un consiglio da chi se ne intende. Ma il tengaggio è in agguato, maledetto.

Non contento, il signore passa alle minacce (forse ha comprato un’auto):

Non venga, signore, non venga con il suo tengaggio. Sembra il Guzzanti di Snack & Gnola: «Trova il Signore prima che lui trova te». Vengo io da lei, prometto.

nord, sud, ovest, est (e forse quel che cerco neanche c’è)

Un tempo, diciamo da Isidoro di Siviglia in poi (VII secolo, quindi), la rappresentazione del mondo su mappa andava di moda così:

Copia del XII secolo delle Etimologie

Tutto sensato: l’Europa, l’Africa, l’Asia, il Mediterraneo in mezzo a separarle e tutto attorno un grande oceano. Un bellissimo esempio di mappa orbis terrae, ovvero una rappresentazione schematica della terra – davvero, nessuno nemmeno allora pensava che la terra fosse fatta così, e nemmeno piatta (quella, poi, è un’idea del tutto ottocentesca, ne riparleremo) – con Gerusalemme al centro, perché è lì che doveva stare, e tutto il resto attorno.
Il Mediterraneo era a forma di “T”, l’oceano attorno a forma di “O” ed ecco le cosiddette mappe T-O. Un esempio molto bello del 1472, incunabolo quindi:

Etimologie, Guntherus Ziner, Augusta, 1472

Questa aggiunge anche qualche dettaglio, per esempio i punti cardinali e i continenti come domini dei figli di Noè: Sem-Asia, Cam-Africa, Jafet-Europa.

Direi che a questo punto una cosa salta agli occhi: poiché l’Asia sta in alto nelle due mappe, direi con certezza che l’est (detto in maniera colta: l’oriente) sta in alto, come il nord oggi.
Vero: era infatti consuetudine – in Europa, almeno – posizionare l’est in alto nelle mappe, metodo che i Romani derivarono senz’altro dagli Etruschi e che ebbe una diffusione clamorosa fino a tutto il Medioevo.

La mappa del mondo di Pomponio Mela (I secolo d.C.) nella ricostruzione di K. Miller (1898)

In questo modo, l’Italia veniva proprio al centro della mappa e lo scopo era raggiunto.
Per questa stessa medesima ragione, gli Egizi erano soliti mettere il sud in alto nelle mappe, così da porre il proprio paese al centro, consuetudine poi ripresa da quasi tutto il mondo arabo. L’operazione fu tentata di nuovo da Stuart McArthur nel 1979 con la sua McArthur’s Universal Corrective Map of the World: la cosa causò un certo senso di straniamento in molti popoli del mondo.

L’idea, riuscita, era di riallineare le prospettive e sgonfiare l’ego europeo, mostrando come in realtà noi ci si trovi in un angolino schiacciato e angusto. Abbastanza vero. In fondo, una bussola non deve mica necessariamente indicare il nord: può benissimo indicare il sud, come facevano le bussole cinesi, per esempio.

Tornando però all’est, come detto, nelle mappe europee se ne stette in alto per più di un millennio in gran parte delle mappe. A ridirla colta, quindi, oriente stava in alto, dove sorgeva il sole, che chi sa il latino dice subito: ŏrĭor, ŏrīris, ortus sum, ŏrīri. Esattamente. Ecco perché noi, ancora oggi, ci orientiamo e facciamo conto sul nostro senso dell’orientamento, invece che usare quello del nordimento. Verso est.

“I drowned in moonlight, strangled by my own bra”

Come a molti, anche a me piace ricordare Carrie Fisher così (o anche col bazooka):

Mi ricordo anche una puntata matta di 30 Rock (04×02, Rosemary’s Baby) in cui Fisher interpretava una scrittrice completamente pazza e la cosa era particolarmente buffa. C’era un lato comico preponderante in lei, non sempre ben compreso (il titolo di questo post è un obituary che Fisher ha scherzosamente scritto per sé).

E poi sì, c’è anche tutto il resto.

Che peccato.
[Aggiornamento del 29/12: stroncata dalla perdita, due giorni dopo è morta anche la sua mamma, Debbie Reynolds. Per quanto uno resti indifferente, la cosa fa effetto].

la maestrina, il camionista gay e…

Tra le migliaia di foto che sono saltate fuori alla morte di George Michael, una mi fa particolarmente ridere:

July 13, 1985, Britain’s Princess Diana meets singers Elton John and George Michael on her arrival at Wembley Stadium in London for the Live Aid famine relief concert for Africa.

Elton John è nella parte del gondoliere malaticcio, vestito però da festa. Perché sta incontrando la maestrina. Che spasso, fortuna che gli Ottanta sono finiti.
Tra le cose di GMichael – sarò sincero: non mi piaceva – che adoro ricordare c’è questa: perché vi recitano alcune mie ex-fidanzate dell’epoca che rivedo sempre con soddisfazione.

Il contadino astrologo

C’era una volta un re che aveva perduto un anello prezioso. Cerca qua, cerca là, non si trova. Mise fuori un bando che se un astrologo gli sa dire dov’è, lo fa ricco per tutta la vita. C’era un contadino senza un soldo, che non sapeva né leggere né scrivere, e si chiamava Gambara. – Sarà tanto difficile fare l’astrologo? – si disse. – Mi ci voglio provare. E andò dal Re. Il Re lo prese in parola, e lo chiuse a studiare in una stanza. Nella stanza c’era solo un letto e un tavolo con un gran libraccio d’astrologia, e penna carta e calamaio. Gambara si sedette al tavolo e cominciò a scartabellare il libro senza capirci niente e a farci dei segni con la penna. Siccome non sapeva scrivere, venivano fuori dei segni ben strani, e i servi che entravano due volte al giorno a portargli da mangiare, si fecero l’idea che fosse un astrologo molto sapiente. Questi servi erano stati loro a rubare l’anello, e con la coscienza sporca che avevano, quelle occhiatacce che loro rivolgeva Gambara ogni volta che entravano, per darsi aria d’uomo d’autorità, parevano loro occhiate di sospetto. Cominciarono ad aver paura d’essere scoperti e, non la finivano più con le riverenze, le attenzioni: – Sì, signor astrologo! Comandi, signor astrologo! Gambara, che astrologo non era, ma contadino, e perciò malizioso, subito aveva pensato che i servi dovessero saperne qualcosa dell’anello. E pensò di farli cascare in un inganno. Un giorno, all’ora in cui gli portavano il pranzo, si nascose sotto il letto. Entrò il primo dei servi e non vide nessuno. Di sotto il letto Gambara disse forte: – E uno!- il servo lasciò il piatto e si ritirò spaventato.

Entrò il secondo servo, e sentì quella voce che pareva venisse di sotto terra: – E due! – e scappò via anche lui. Entrò il terzo, – E tre! I servi si consultarono: – Ormai siamo scoperti, se l’astrologo ci accusa al Re, siamo spacciati. Così decisero d’andare dall’astrologo e confessargli il furto.

– Noi siamo povera gente, – gli fecero, – e se dite al Re quello che avete scoperto, siamo perduti. Eccovi questa borsa d’oro: vi preghiamo di non tradirci. Gambara prese la borsa e disse: – Io non vi tradirò, però voi fate quel che vi dico. Prendete l’anello e fatelo inghiottire a quel tacchino che c’è laggiù in cortile. Poi lasciate fare a me. Il giorno dopo Gambara si presentò al Re e gli disse che dopo lunghi studi era riuscito a sapere dov’era l’anello.
– E dov’è?
– L’ha inghiottito un tacchino.

Fu sventrato il tacchino e si trovò l’anello. Il Re colmò di ricchezze l’astrologo e diede un pranzo in suo onore, con tutti i Conti, i Marchesi, i Baroni e Grandi del Regno, Fra le tante pietanze fu portato in tavola un piatto di gamberi. Bisogna sapere che in quel paese non si conoscevano i gamberi e quella era la prima volta che se ne vedevano, regalo di un re d’altro paese.

– Tu che sei astrologo, – disse il Re al contadino, – dovresti sapermi dire come si chiamano questi che sono qui nel piatto. Il poveretto di bestie così non ne aveva mai viste né sentite nominare. E disse tra sé, a mezza voce: – Ah, Gambara, Gambara… sei finito male!- Bravo! – disse il Re che non sapeva il vero nome del contadino. – Hai indovinato: quello è il nome: gamberi! Sei il più grande astrologo dei mondo.

(Una mezza meraviglia di Italo Calvino).