Riporto da Anna Foa, Andare per i luoghi di confino:
«Una studentessa milanese non ancora diciottenne, di famiglia antifascista, fu arrestata e poi condannata a cinque anni di confino, nel 1941, per un tema scolastico in cui negava che Machiavelli, nel Principe, avesse prefigurato Mussolini. Fu anche cacciata da tutte le scuole del Regno e solo in seguito a un’amnistia poté, con una licenza dal paesino della Lucania in cui trascorreva la sua condanna, andare a Milano a sostenere gli esami di maturità».
Comunque «Il potere logora chi non ce l’ha» non l’ha detto Andreotti, l’ha detto Talleyrand. Eddai. Andreotti pare abbia detto: “Un mio amico siciliano mi diceva che «il potere logora chi non ce l’ha»”, ed escludendo che Talleyrand fosse e amico di Andreotti e siciliano, ancora una volta è riuscito ad apparire più colto e brillante di quel poco che, in realtà, fosse.
Ma al di là del dibattito e delle ridicolanze del “sì se commemorazioni”, una qualche bella manganellata ben assestata ai nostalgici di Acca Larenzia perché non gliela si dà? E perché invece agli studenti sì?
È qualche mese che, quando ci passo davanti in libreria, mi dà proprio fastidio il titolo dell’ultimo libro di Aldo Cazzullo.
Sarà anche l’aquila, i termini «impero», «padroni», il font, il maiuscolo, sicuro. Comunque, mi pare piuttosto esente da smentita sostenere che sia l’argomento che la resa, titolo, copertina, ammicchino non poco al clima attuale e, di conseguenza, al governo in carica e ai suoi maggiorenti. Operazione che posso anche comprendere, per carità, non giustificare, ma da Cazzullo, affermato giornalista e scrittore, meno.
Comunque, qualche considerazione al volo: – eravamo: piano con le prime persone, eravamo chi? Noi romani dell’impero? Davvero? Al di là degli infarti agli storici, mi pare davvero difficile individuare un qualche tipo di continuità tra l’impero romano e l’Italia repubblicana del ventesimo e ventunesimo secolo, davvero difficile. A parte il nome di una città che è certamente lo stesso, pochino. Forse, ma dico molto molto forse, qualche residente in Vaticano potrebbe avere una parola in più su questo ma, insomma, siamo nel campo dell’inesistenza; – i padroni del mondo: ma quando mai? Del Mediterraneo, dell’Europa a volersi allargare, classico atteggiamento destroide del ‘padroni a casa nostra’ disinteressandosi del fatto che c’è un mondo fuori dalla casa, che agisce e si muove e che magari non è d’accordo. Spostandosi appena appena a est, e i Romani lo fecero, si incontrava la Persia, l’India, ancor di più la Cina e il Giappone di là. Parecchio mondo non romano e parecchie civiltà che qualcosina di significativo hanno prodotto, talvolta pure prima di certi chiamati Romanes. E poi: padroni? Ma perché? Che idea è? L’imperatore, finché le legioni o i congiurati non decidevano il contrario, era forse padrone di alcunché, di sicuro non entità collettive come ‘noi’, ‘Roma’, boh. Un impero coloniale, certo, però con delle regole, un diritto piuttosto sofisticato, una robusta burocrazia, un editto a un certo punto che rendeva tutti cives, insomma non direi nemmeno questo; – l’impero infinito: infatti è finito. E ci sono stati anche sei secoli prima con un bel po’ di repubblica, vabbè, è il meno.
E son rimasto alla sola copertina, chissà che bei regali di natale a casa Vannacci, Lollobrigida, Crosetto, Batman Fiorito ed Er pecora. ‘A Cazzù, eddai pure tu…
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