Shackleton, durante la sua spedizione con l’Endurance verso l’Artico, ben prima di perdere la nave con tutto ciò che ne seguì, una sera entrò in cambusa e, sentendo che i suoi uomini parlavano di quanto avrebbe retto la nave alla pressione del ghiaccio, raccontò una storiella:
C’era una volta un topo che viveva in una taverna. Una notte scoprì un barile di birra che perdeva e ne bevve più che poté. Quando fu pieno fino al collo, si tirò in piedi, si lisciò i baffi e si guardò attorno con aria truce. «Dunque», sbottò con aria arrogante, «dove s’è nascosto quel dannato gatto?».
Tra le cose belle da vedere al mondo ci sono, a parer mio, le ville palladiane. Alcune più vicine alle mie preferenze (Saraceno, Zeno, Poiana maggiore, Rotonda, Caldogno, Gazzotti eccetera), altre notevoli ma con meno rapimento mistico e sensuale. Al di là di ciò, è chiaro che io debba vederle tutte e sono, devo dire, a buon punto. La mappetta, per chi non avesse chiara la dimensione geografica della cosa.
Per inseguire questo traguardo, oggi ho deviato per Piombino Dese per vedere villa Cornaro (o Cornèr), Palladio 1552.
Come molte altre ville palladiane, anche questa è rimasta incompiuta, è andata poi in rovina, come davvero è capitato a tante e, infine, è stata acquistata da stranieri facoltosi – americani questa volta – che l’hanno abitata a lungo. Da un paio d’anni è stata venduta ma non sono riuscito a sapere a chi. Per farmi invitare, casomai. Tra i dettagli migliori di questa villa segnalo i gradini all’entrata, sottilissimi e a coppie di tre (ops, a triple di, ovviamente, tre?), profondi e molto bassi. E ovviamente il doppio ordine di colonne che, a mia memoria, richiama senz’altro villa Pisani a Montagnana, sempre una palladianata di gran valore. Palladio 1553, i conti tornano, il riferimento mi pare quello.
Le foto sono mie, come le considerazioni da profano. Se Piombino Dese non pare meritare grandi cenni, al contrario i suoi dintorni sono molto gradevoli; Montagnana invece vale eccome una gita, consiglio caldamente (mi ripeto), magari con Este e i luoghi ameni che le circondano.
Tornando a villa Cornaro, non è visitabile se non forse il sabato pomeriggio o in gruppo, tocca quindi farsi un’idea degli interni consultando immagini e descrizioni in rete. Quattro stelle e mezzo su cinque su Google danno una rappresentazione credibile del riscontro positivo del pubblico.
Tranne uno, Gastone. Che, oltre ad avere degli evidenti problemi con la tastiera del telefono, non deve aver avuto una bella giornata a villa Cornaro in compagnia della moglie.
Ma perché una stella sola alla villa, porella? Che ti ha fatto, Gastone?
E poi capita la fortuna che un’amica mi porti da una sua amica che è appassionata di ortensie, così che io scopro, altra fortuna, che le ortensie non solo solo un modello con quattro colori ma infinite varianti che, a volte, è addirittura difficile riconoscere come appartententi alla stessa famiglia.
I colori, poi, dipendono da mille fattori, dalla qualità della terra, dalla composizione, persino dai vicini, ovvero dalle piante accanto. Accompagnarsi bene è fondamentale in ogni contesto.
Addirittura un’ortensia bianca fatta a favo, sembra davvero quello delle api. Per poi passare a quelle ancor più strane, con un colore e una forma all’interno e una del tutto diversa all’esterno. Ogni anno, mi dicono, come per le rose ne vengono proposte nuove varianti, frutto di incroci continui. Alcune durano, altre no.
Ne sono davvero uscito ebbro, di tanto colore e bellezza. Grazie.
1974, alle ore 1.30 del 4 agosto, una bomba esplose nel secondo scompartimento della quinta carrozza del treno Italicus, Roma-Monaco di Baviera, mentre transitava all’interno della galleria della Direttissima a San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna. Morirono dodici persone: Nunzio Russo di Merano, tornitore delle ferrovie, la moglie Maria Santina Carraro e Marco, il figlio quattordicenne. Nicola Buffi, 51 anni, segretario della Dc di San Gervaso (Fi) ed Elena Donatini rappresentante Cisl dell’Istituto Biochimico di Firenze. E poi Herbert Kontriner, 35 anni, Fukada Tsugufumi 31 anni, e Jacobus Wilhelmus Haneman, 19 anni. La bomba uccise anche Elena Celli, 67 anni e Raffaella Garosi, di Grosseto, 22 anni. Silver Sirotti, invece, non era stato coinvolto nell’esplosione. Aveva 24 anni ed era stato assunto dalle Ferrovie da dieci mesi, stava svolgendo servizio sul treno quella notte e, quando vide le fiamme in galleria, impugnò un estintore e incominciò a estrarre i feriti. Rimase anche lui bloccato tra le fiamme. Fu decorato con la medaglia d’oro al valor civile. L’incendio rese irriconoscibili molti corpi, tra cui quello di Antidio Medaglia, 70 anni, che venne riconosciuto dalla fede al dito.
L’attentato fu subito rivendicato. Fu fatto ritrovare un volantino di Ordine nero che proclamava: “Giancarlo Esposti è stato vendicato. Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare. Vi diamo appuntamento per l’autunno; seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti“. Poi qualcuno fece il nome di Tuti, qualche pista portò poi a Gelli (Arezzo è vicina), al SISMI e così via. Facile indovinarne la conclusione: nessun colpevole individuato.
Questo è un post di dieciundicidodici tredici anni fa. E la cosa tragica è che non fa nessuna differenza.
Ora, con la condanna a gennaio di Cavallini per aver aiutato gli esecutori materiali Fioravanti, Mambro e Ciavardini, sappiamo molto della strage. Sappiamo molto anche di coloro che depistarono, Gelli e Musumeci, Belmonte e Pazienza, lasciando perdere chi, ogni anno, non si faceva mai mancare il piacere di dire qualche volgare stupidaggine interessata sulla strage, schifosi.
Dei mandanti non molto, diciamo che mancano i nomi ma gli ambienti e i moventi sono chiarissimi, in realtà si potrebbero anche fare dei nomi senza andare troppo lontano: Gelli, Ortolani, D’Amato, Tedeschi, Bellini. Un processo è ancora aperto, perché gli imputati sono vivi: l’ex carabiniere Segatel, l’ex generale dei servizi segreti Spella e Catracchia, che salta fuori di nuovo in via Gradoli a Roma, tutti accusati di aver intralciato le indagini.
Per far memoria di questa strage bisogna – anche – pensare a sé, oggi: mentre si parte per le vacanze, o per una fine settimana, in un autogrill, un casello, un luogo qualsiasi, una stazione, appunto. Gli ottantacinque di Bologna sono io, oggi, ogni giorno e ogni anno ai primi di agosto. Ma bisogna provare a immaginarlo, mentre oggi si fa una cosa qualsiasi, comprare un giornale o fare la spesa al supermercato, all’improvviso scoppia tutto. Ed è finita.
Trovate eccitante un fronte caldo che sfiora un’isobara? Il meteo è la vostra passione e cliccate refresh ogni cinquanta secondi per sapere se pioverà tra le 14:23 e le 14:28 di oggi? Se avete la fortuna, stavolta sì, di essere lombardi, ho una cosa per voi: il Centro Meteo Lombardo. Il CML è un’associazione culturale per la promozione dello studio della climatologia che si occupa, tra l’altro, delle previsioni del tempo sulla Lombardia. Utilissimo il loro radar delle precipitazioni, mi ha salvato molte volte da docce intense in motoscurreggia, utile il loro sito e i servizi offerti ma la cosa migliore per cui vale la pena seguirli è il loro canale telegram. Stante la loro ottima condotta – non inviano nulla dopo le 23, scrivono solo in caso di avvisi urgenti etc. – i testi sono spassosi: «Good Morning, Val Cambogiana» è il saluto dell’altro ieri (in Lombardia fa particolarmente caldo in questi giorni), non male anche la dissuasione di ieri con «sia chiaro: mettetevi il cuore in pace perché tanto domattina sarà ancora più caldo e afoso di oggi» e la previsione cronologica come si trattasse dell’arrotino in bicicletta, «Orari? Teoricamente dalle 20 alle 23, ma molta attenzione perché in questi casi in cui la forzante è relativamente debole non è possibile stabilire orari precisi. Potrebbe anche tardare un po’». Non sono concisi, questo no, anche perché a volte non li si sente per parecchio, per fortuna allegano sempre anche un’immagine spiegona:
Ma, come ho detto, i testi restano il meglio. Come la memorabile chiusa dell’altro ieri:
La cosa meravigliosa di questo ennesimo pippone è che il meteo ha sempre e comunque l’ultima parola, quindi stasera – per capriccio – potrebbe anche non combinare nulla. Tuttavia l’eccezionalità delle condizioni al contorno ci (vi) impongono la massima attenzione.
Che dire? Grazie, CML. Diffondo e sostengo, chinandomi deferente.
E poi ogni tanto tocca scendere negli abissi. Stavolta, nel profondo della mente del comunicatore che, per consulenza, ha immaginato la nuova linea comunicativa degli interni di Autogrill. Arrivato a un certo punto, si sarà chiesto che fare col cesso. Come renderlo attrattivo ed elegante? Come adeguarlo al resto? Come enfatizzare l’esperienza togliendo l’urina?
Vualà, fatto. Bastava così poco, in effetti. O forse no, il lavoro non era finito. Serviva ancora dare al banco delle pizze un dettaglio grafico rassicurante, che trasmettesse confidenza e vicinanza, le pizze scelte dall’esperto sono davvero buone perché scelte con professionalità ed esperienza. E chi meglio del?
Un’ottima idea dopo l’altra. Considerando poi che l’autogrill resta quel posto dove mangi una rustichella e ti chiedi il resto del viaggio perché l’hai fatto.
Andrea Bocelli, il cantante lirico non vedente chiamato a cantare in una piazza Duomo deserta a Milano durante il lockdown, ha dichiarato qualche giorno fa, al fianco di Salvini: «Io conosco un sacco di gente, ma non ho mai conosciuto nessuno che fosse andato in terapia intensiva, quindi perché questa gravità?». In risposta all’improvvida dichiarazione del cantante, il sindaco di Bugliano, dott. Fabio Buggiani, ha comunicato che la cittadinanza onoraria conferita ad Andrea Bocelli è stata ritirata. Ecco la lettera:
Apriti cielo, i leghisti danno di matto. La Padania, per esempio:
Il caso monta e io, come molti altri, sono a dir poco estasiato. Perché quell’accenno del sindaco, dott. Fabio Buggiani, al «convegno di idioti» e la decisione, elegante, di cambiare la serratura piuttosto che chiedere indietro le chiavi della città a Bocelli, sono vette irraggiungibili di genio. Ma niente a che vedere con il genio ancor più grande: Bugliano, serve dirlo?, non esiste. E ora chi lo dice a buona parte della stampa italiana e soprattutto ai leghisti? E poi: si deve dimettere il sindaco di Bugliano, dott. Fabio Buggiani?
Con ritardo, eccomi. Sono tornato, più di dieci giorni fa, il diciassette, ma non ho dato conclusione al minidiario. È ora di farlo. Persino troppo facile dirne male ma se la colpa è di Trenitalia perché nasconderlo? Forse per non essere tacciato di pregiudizio nei loro confronti? Ma io lo ammetto, ho il pre-, il durante e il post-giudizio nei confronti di Trenitalia: dopo otto giorni di treni di ogni nazione, compagnia e colore, tutti mediamente in orario e secondo promesse (quello che c’è scritto sul biglietto), il viaggio di ritorno è stato più complicato del previsto. Bene la minitratta Worms-Mannheim, ferrovie tedesche, e quando si è trattato di prendere il treno da Mannheim a Milano (tratta interessante, il Milano-Francoforte, peccato per la gestione Trenitalia) ci ho messo poco a capire che non era il treno atteso. Infatti, si trattava di un treno tedesco in sostituzione di quello italiano, rotto, con destinazione Basilea. A Basilea, treno locale fino a Lugano, da lì altro localone per Milano, senza farsi mancare una bella sosta di un’ora a Monza per «rottura del materiale rotabile». E non solo, la rottura. Comunque, quattordici ore di viaggio in cambio delle sette promesse, treni locali al posto di eurositi. Rimborsi? Manco a parlarne. Che la cosa è minimamente accettabile se uno parte per la vacanza ma se torna mica tanto. Perché, dunque, racconto queste piccolezze di treni mancanti e sostituiti senza avviso? Perché è sempre un po’ la stessa storia che si ripete: là fuori, intendo in Europa centro-occidentale, per un sacco di motivi vivono meglio di noi. Poi possiamo discuterne, e parecchio, ma per quanto riguarda l’efficienza dei servizi di base, la cortesia, il rispetto e la correttezza delle aziende verso il cliente, la chiarezza della comunicazione, non c’è partita. Poi è chiaro che uno, vivendo in Italia, si adegua e nulla è insopportabile ma quando capita di fare il confronto è davvero un po’ umiliante. Vabbè, solita solfa. Anche le gommosità nei distributori automatici hanno, loro. Mmm.
Dice il proverbio lucchese:
Hai voglia di girare il mondo e rigirallo, se parti ciuco non tornerai cavallo.
Com’è vero. Non sono tornato cavallo però, però sono tornato un pochino meno ciuco, perché qualche cosa ho visto, qualcosa ho imparato, ho ascoltato qualcuno e due domande me le sono fatte. Ciuco resto, chiaro, ma non quanto lo sarei rimasto stando a casa. Forse, almeno, ciuco più riposato e rilassato e con qualche chilometro in più nelle zampe. Nel vastissimo campo delle riflessioni sul viaggio, migliaia di anni di speculazione sul tema, per le quali è inutile andare lontano o, addirittura, è inutile andare proprio, perché alla fine uno porta in giro sé stesso, con la propria testa, cuore e gambe (detta meglio: «Perché ti meravigli che non ti giovino io viaggi? Tu porti in ogni luogo te stesso; ti incalza cioè sempre lo stesso male che ti ha spinto fuori», per citarne due dico Socrate e Orazio), devo dire che mi ci riconosco fino a un certo punto: il bello del mio andare in viaggio e che ci vado con la versione migliore di me. La versione curiosa, aperta, spensierata o quasi, la versione che si muove e non vorrebbe mai fermarsi, la versione disponibile al dialogo, paziente e gentile, nei limiti del possibile. Questo mi piace, mi piace anche che i muscoli vadano meglio di giorno in giorno, il fiato pure, più si cammina e meglio è, più peso si porta e… no, quello no. Il movimento riequilibra tutto, porta sonno buono, fame giusta, stanchezza corretta. Non vedo l’ora di ripartire. E di tenerne memoria per chi ne avrà voglia. Per ora devo ringraziare tutti coloro che hanno dato una scorsa, una fugace vista, una lettura attenta, un commento, un riscontro, una parola di ritorno, mi hanno riferito di una risata: grazie. Io ho buttato giù di giorno in giorno, di panchina in panchina, spero di essere riuscito a trasmettere la necessaria leggerezza per raccontare un piccolo viaggio di esplorazione ai tempi della pandemia mondiale. È stato un rimedio ai mesi chiusi in casa, ai pomeriggi a guardare la mappa e fantasticare, mettere i segnalini e guardare le fotografie. Cosa succederà nei prossimi mesi? Saperlo… Di sicuro bisogna approfittarne finché si può, godendone sinceramente, senza quell’aria da schiaffoni che impera al momento fatta di foto in posti da sogno e commenti del tipo: «eeeh, quest’anno Italia…» con tono rassegnato. Maandéadaviàlcul. Mi ripeto ma per sincerità: grazie a chi c’è stato in questi otto giorni. E grazie a chi vorrà condividere qualsiasi cosa in futuro in modo reciproco, ne sarei contento. E ora, via con la vita normale: pagamento TARI, oplà. Le cose di trivigante continuano, i viaggi tra un po’.
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