minidiario scritto un po’ così di navigazione di un grande fiume: quattro, verdure, sciarpe di lana di dromedario, canti liturgici, trasgressioni in cantina

Dev’essere una roba da tropico: alba alle sei, tramonto alle sei. Almeno è facile. La striscia attorno al fiume, cioè quella verde ricoperta di palme, banani e soprattutto manghi, è davvero sottile. A meno di anse, sono alcuni metri, poi deserto. Spesso deserto montagnoso, lo spazio fertile e utile è davvero poco. Da sempre, la riva abitata del Nilo è quella orientale, la riva dei vivi, quella di là era lasciata ai morti; oggi non è più così ma la collocazione dei templi e delle tombe è evidente.

La differenza di reddito e di potere d’acquisto tra noi turisti e la gran parte degli egiziani è tale che, come in molti paesi africani e in particolare i più turistici del nordafrica, inseguire a bordo di una barchetta la nostra barca e anche le navi molto più grandi, tirare a bordo tovaglie e coperte di lana di dromedario, diciamo, e poi negoziare il prezzo da una barca all’altra per tre o quattro euro evidentemente ne vale davvero la pena.

Il cotone egiziano è una fantasia, almeno oggi. Io che non riesco a non sorridere alle persone che mi chiamano vengo regolarmente assalito dai venditori, succedeva anche in Cina come in Marocco. Stamane poi mi hanno assunto come venditore a bordo nei confronti dei miei compagni di barca, mentre l’egiziano in barca sotto mi gridava di insistere e i prezzi da proporre, continuando a lanciarmi tovaglie, sciarpe e tappeti. Mi ha offerto pure una commissione su ogni vendita, mi veniva da ridere. Credo mi abbia anche sgridato, a un certo punto. A girare in gruppo, si viene assaliti, a girare da soli o in due, generalmente no. L’insistenza è tipica da qui a Istanbul a Marrakech e ricevere un pagamento in euro, comprensibilmente, molto apprezzato. Alcuni chiedono il cambio di monete in euro in carta o carta su carta per lo stesso valore ma non ho afferrato lo scopo, ancora. Amichevoli e sorridenti, sono sempre a mio agio anche se immagino vi sia una regola inderogabile: nulla può accadere a un turista, pena la morte o quasi, vivendo il paese di questo. In alcuni momenti veniamo affiancati da un militare con fucile allo scopo, mi spiegano, di tenere a bada i venditori e i seccatori, non perché vi sia pericolo reale. Io mi sento più inquieto per lui che per loro ma non lo dico. Difficile fare domande o esprimere opinioni in dittatura, non si sa mai con chi si stia parlando, vedi Regeni o Zaki, per stare ai casi a noi noti.

A Edfu un tempio impressionante per l’integrità della struttura e a Esna uno che conserva le pitture con i colori originali grazie a una supermuffa che li ha ricoperti e preservati e che ora si toglie come una ceretta. Sovrapponendo le visite, si riesce ancora ad avere un’idea piuttosto precisa di ciò che erano i templi egizi, millennio più o meno. In barca proseguiamo la navigazione e puntiamo su Luxor e Karnak e se lo dicessi con il nome antico sarebbe ancora più emozionante: Tebe. La leggendaria e splendida Tebe, fin da Omero. La cosa buffa è la posizione relativa: per me Omero è un termine post quem, ovvero una delle figure più remote io possa citare in quella che considero la mia cultura in senso stretto e quando Omero citava Tebe essa aveva toccato il suo culmine cinquecento anni prima ed era bell’e che tramontata, colpevole Assurbanipal, nel 663 avanti cristo. Figuriamoci.

Alle cinque, mattina o sera, e per altre tre volte partono i lagni dei muezzin. Per carità, non voglio essere irrispettoso (sì lo voglio) ma a orecchio ineducato (invece capisco benissimo) parrebbe una lamentazione (lo è) invece che una litania (che canbia?). La tecnologia non aiuta, nel senso che gli altoparlanti rompono le storie a grande distanza e non contenti sono molti i fedeli che hanno la sveglia del telefono puntata alle ore canoniche e come suoneria parte la preghiera (lagna). Naturalmente viene lasciata suonare per tutta la durata e spesso, siccome il fedele sta facendo altro, interpreta l’ascolto come preghiera sufficiente. Eh, bravo, così ho pregato anch’io e tutti gli altri nel raggio di abbastanza. Però cibo ottimo, fave, zucchine, melanzane anche bianche e molto piccole, pomodori, cipollotti, spinaci, legumi vari, felafel, pasta filo, marmellate, spezzatini, riso, tutto ottimo e con spezie moderate e gentili. Ci vado a gran nozze.

Mentre cammino per le strade di Luxor o Edfu dei giovani uomini mi fanno cenno, a volte con una lattina di birra in mano, di entrare in un garage o ripostiglio o casa buia per bere degli alcolici segretamente. Non sono mai molesti, nessuno qui lo è mai, al massimo insistenti nel tentativo di vendere qualcosa perché la differenza di capacità economica è troppo ampia. Comunque, mi vien da ridere, hanno l’aria di adolescenti che ti offrono il primo sorsone di Glen Grant dal mobile bar di famiglia, ovviamente ci salutiamo e a posto così, grazie. La cosa è ragionevolmente tollerata, altro discorso per le droghe o le opinioni politiche un po’ troppo esposte, stare in campana. Il resto sono larghe zone di città in cui si cammina tranquillamente oppure mercati in cui solitamente si viene assaliti da venditori, come spesso accade in nordafrica, senza la rinomata delicatezza dei venditori iraniani. La cosa davvero buffa è sempre la contrattazione, non è raro che una cosa parta da settecento, per dire, e si venda a cinquanta. Che è già non poco, due volte su tre fanno tutto loro. Ma d’altronde, per quanto mi riguarda, è una specie di piccola pratica di redistribuzione.


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