venceremos

[il resto, o victoria o muerte, assume un carattere strano, vista la situazione; peraltro più vicino a quello originario, ora che ci penso da questa nuova prospettiva].

Sono arrivati i compagni cubani, i 37 medici e 15 infermieri specializzati nel trattamento di malattie infettive.

Ho il mio moto di orgoglio, perdio. Non me lo scordo Fidel che diceva: «Il nostro paese non sgancia bombe contro altri popoli, né manda migliaia di aerei a bombardare città. Il nostro paese non possiede armi nucleari né armi chimiche né armi batteriologiche. Le decine di migliaia di scienziati su cui conta il nostro paese, i suoi medici, sono stati educati per salvare vite. Viva la fratellanza tra i popoli. Viva l’umanità». Grazie Cuba, grazie compagni, grazie nostalgia.

almanacco dei sette giorni, per debanalizzare (20.12)

Merda, hanno cancellato l’Eurovision Song Contest. E adesso?
Ah, giusto, se no poi me ne dimentico: un mago, un astrologo, un veggente che abbia previsto qualcosa del genere c’è? Eheh.
È morto Gianni Mura e a me spiace parecchio. Come molti, l’ho ereditato da Brera, nel senso che dal maestro sono passato, con timore prima e con soddisfazione poi, all’allievo. E leggere del tour attraverso lui era piacevolissimo, con quella grande abitudine di partire prima dal contesto, i paesini, il vino, l’atmosfera, i vecchi, era uno dei piaceri più sopraffini della carta stampata per me, ma anche leggere della boxe e, addirittura, del calcio, l’unica cosa che leggessi era Mura e le sue cronache dei sette giorni di cattivi pensieri. Ma il ciclismo era davvero un’altra cosa. E quest’anno il tour non si farà, immagino, mi par giusto per Mura, anche se lui ne sarebbe dispiaciuto. Come concludeva lui i coccodrilli, mutuando da Brera e a sua volta dall’antica Roma, che gli sia lieve la terra.

Amazon, finalmente, ha sospeso la vendita del Mein Kampf e dei volumi di propaganda nazista in generale perché «non più compatibile con la linea di condotta dell’azienda». Alla faccia, dopo decenni di richieste di ogni tipo.
Kooness è una piattaforma di mercato che si occupa di arte. Avendo evidentemente una buona mole di dati disponibili, hanno reso pubblica una ricerca sulla parità di genere nel mercato dell’arte. Si comincia col dire che più del 60% degli artisti è uomo e, di conseguenza, la distribuzione dei premi, per esempio, risente di questa percentuale. Ma il prezzo medio per opera no, non dovrebbe:

E invece è una bella differenza. Qui altre informazioni.
L’hanno segnalata in molti e lo faccio anch’io, perché la radio è sopra tutto: Radio Garden è un sito e un’app che permette di ascoltare in streaming tutte le radio del mondo. È fatta bene e funziona, finalmente posso ascoltare RadioRAI3. Ahah, non scherzo, dove sto io non prende, misteri dei rimbalzi e dei coni. A ogni modo, avanti con il neomelodismo svedese.
In tema, due raccolte da visitare questa settimana: il pubblico registro dei murales e della street art di Chicago, bello per quello che è e per quello che significa; il MET di New York che ha messo online tutto ma tutto tutto, dalle duecentomila opere del museo fino alle audioguide, tutto con licenze open. Poi discutiamo sugli americani ma in queste cose sono abbastanza imbattibili.
Tra tre giorni è Dantedì. Sì, il Dantedì del 2020. Chissà che feste, in giro.
Mah.

minidiario scritto un po’ così dei giorni di reclusione causa cojonivirus: giorno 14

Quando finirà ’sta menata parto per un viaggio che durerà settimane. No, mesi. Anni, anni, santoddio, anni. E chi c’è visto s’è visto.
Ora tocca parlare della reclusione, perché in serata (occhio al bisticcio) c’è stata una doppia serrata: prima il governo con Conte che si è fatto attendere fino a mezzanotte per annunciare la chiusura di tutte le attività produttive non essenziali e poi subito a spron battente il governatore della Lombardia che ha inasprito le cose sulla libertà di spostamento. Non l’ho presa bene, lo ammetto.
In queste due settimane di reclusione sono passato da una media mensile di tre concerti, un viaggio lungo, due viaggi brevi, quattro camminate in collina, quattro giornate in campagna a far lavori, due o tre partite di basket, per restare alle cose da fare fuori casa, a qualche pomeriggio occasionale in giardino a zappettare. Mi sono messo di buzzo buono e ho cercato di organizzarmi, come tutti. Ho ripiegato, d’accordo, faccio la mia parte e placo il mio desiderio di vivere perennemente in giro e all’aperto. Ecco, poi la possibilità di andare in giardino – che non è adiacente a dove abito – viene stroncata dal decreto e dall’ordinanza, un uno-due da game-set-match. Per carità, capisco benissimo che serva, che è la situazione di molti, ci mancherebbe, non voglio farla lunga, dico solo che onestamente mi pesa. Non sono un passeggiatore o camminatore, io sono un lavoratore, ho bisogno di rimestare.
Perché il non poter stare, da solo, a fare qualche lavoro in giardino è solo una parte della faccenda che mi pesa, mi rendo conto. Una buona parte è il fattore costrizione, ossia l’impedimento forzato di poter fare qualcosa mi crea qualche problema, come immagino a molti. Il pensiero, a momenti, mi rode un po’, da qualche parte dentro di me c’è qualcosa che spinge alla ribellione solo per infrangere il divieto. Poi, ovvio, non lo faccio e sto buono, distraendomi come posso. Immagino che il sentimento sia alquanto condiviso. E poi c’è il terzo elemento che mi scoccia, e parecchio: il fatto che le regole siano così strette perché c’è una percentuale di persone, esigua o meno, che se ne è fregata finora. O non ha capito, non fa differenza. Ecco, questo non riesco a farmelo andare giù. Come a scuola, me ne rendo conto, con la classe punita per qualche demente. Il mio sentimento democratico e sociale – che già non è saldissimo, devo confessare – mi spinge a considerare anche le esigenze degli ultimi, certo, ci provo, ciò non toglie che quando l’onda di ritorno di questo atteggiamento va a toccare la mia libertà e il mio diritto individuale non solo vacillo ma mi vien pure da mordere. Tasse non pagate, regole comuni aggirate, disinteresse per il pubblico bene, menefreghismo, egoismo, cupidigia, tutte cose che mi danno un sostanzioso fastidio in questo senso, il tizio fuori con il cane di peluche non mi fa ridere – il genio è proprio un’altra cosa – lo omaggerei di una rispettosa sprangata. Che strano, son cose che piacciono a tutti, sono proprio fatto male.
Mi rendo conto di quanto questo discorso faccia acqua, ancor più ora che lo sto scrivendo di getto, rileggendo a malapena quanto scrivo (è una delle regole che mi sono dato per questo diario, lo dichiaro fin dal titolo) ma non per questo il mio disagio stasera è minore. Sono disponibile, e lo faccio, a lasciare spazio a chiunque finché serve ma, MA, con dei limiti: non se questo accade per malafede o disinteresse, questo no. Non lo accetto. Vabbè, me la devo sfangare in qualche maniera, un pezzo alla volta, con calma, come tutti. Ma il mal comune non mi ha mai dato alcuna soddisfazione, è un concetto così miserabile e sciocco.

Oggi giornata di scrittura e di mezzo lavoro, quei brandelli che ne restano, e in serata spesa su commissione. Perché per rendermi utile cerco di fare la spesa al supermercato e dal fruttarolo per un numero congruo di persone e nuclei familiari in modo da sostenere coloro che è meglio che non escano e ridurre al minimo le uscite e gli spostamenti, complessivamente. Gli orari sono stati leggermente ridotti, quindi vado prima delle otto e trovo una modesta coda, chissà se il fatto che sia sabato ha qualche tipo di ripercussione positiva o negativa sui flussi, chissà se il fatto che sia un giorno o l’altro ha ancora importanza, chissà. Faccio la spesa, esco, e vado a consegnare i sacchetti in due case, distanza complessiva circa dieci minuti di motorino (motoscurreggia). Nel tragitto, incontro non meno di dodici riders, bicicletta o motorino, in giro a consegnare pizze o altro cibo. Capisco che sia l’unico modo per alcuni posti per lavorare ma, sinceramente, mi chiedo se sia il caso. L’aspetto sgradevole è, penso, l’ulteriore disinteresse per le condizioni di lavoro degli addetti alle consegne, piove sul bagnato, e una perplessità in generale, poi, su un diffuso coprifuoco punteggiato da tizi in giro a consegnare cibo. Pizza stasera? O cinese? Ah no, quello no. Di questo ne riparleremo.
Ah, ma quando tutto questo finisce vado, eccome se vado. Ah sì, sì sì.

I giorni precedenti:
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laccanzone del giorno: Guns ‘n’ Roses, ‘Patience’

Dopo il successo interplanetario del primo disco, i Guns ‘n’ Roses uscirono l’anno dopo con un piccolo disco acustico, G N’ R Lies, che in realtà comprendeva un precedente EP e un paio di covers, oltre a tre pezzi originali suonati, come detto, con tre chitarre acustiche e scarne percussioni.
Ora, non ha nessuna importanza cosa io o voi pensiate dei Guns ‘n’ Roses, né oggi né allora, il punto è che Patience è un pezzo clamoroso, in sé per scrittura e melodia, e fuori di sé per arrangiamento che risalta ancor più sorprendente sapendo le specialità del gruppo.

La canzone fu registrata in un’unica sessione, il gruppo era al massimo della forma, il video girato all’Hotel Ambassador, l’albergo di Los Angeles in cui fu ucciso Robert Kennedy, poi demolito, e mostra qualche curioso oggetto della fine degli Ottanta, per esempio il telefono col neon.

Trostfar, gentilmente, raccoglie tutte leccanzoni in una pleilista comoda comoda su spozzifai, per chi desidera. Grazie.

la primavera più strana che non potessimo immaginare

Buona primavera a tutti quelli che sono chiusi in casa.

Gli altri no, tornate a casa e stateci, rimbecilliti.
Pochi minuti fa, chissà perché, mi sono svegliato con il desiderio di essere in un parco, all’aperto, magari a Milano, non per forza al Lambro, a sentire dal vivo la mela di Odessa degli Area. Uouououououo. Chissà perché.
Anche un paese giallo di grano pieno di gente felice va benissimo.

minidiario scritto un po’ così dei giorni di reclusione causa cojonivirus: giorno 13

Ordinanza del governo, oggi, che limita ancora un po’ lo spazio di azione individuale: infatti, pare ci sia un po’ troppa gente in giro con la scusa della corsetta o di qualsiasi altra cosa. Dal mio limitatissimo angolo di prospettiva, l’ho detto, non ho visto eccessi ma, in effetti, non vedo parchi o colline o isole ecologiche o qualsiasi luogo possa costituire attrazione di questi tempi. Se ne leggono di ogni, in effetti. Niente attività sportiva, dunque, se non in prossimità di casa, chiusura dei parchi e dei giardini, vietate attività ludiche all’aperto e ogni spostamento nei festivi e pre. I governatori leghisti avevano richiesto la chiusura dei supermercati nei fine settimana e questo è bastato a scatenare, di nuovo, l’assalto ai generi alimentari: bisognerebbe parlare molto molto meno. Per fortuna, mi ripeto, al governo il sale in zucca c’è e, a Cesare!, si stanno comportando bene, dando dimostrazione di serietà e prontezza. Nessuno, credo, possa dirsi abbandonato in questo momento. I casini più evidenti si riscontrano quando intervengono i governatori locali delle zone più colpite, Lombardia e Veneto, dunque leghisti entrambi, che premono per avere la propria visibilità e, quindi, impongono conferenze stampa in concorrenza con quelle ufficiali della protezione civile. Oppure quando i loro compari all’opposizione del governo, anche in questo caso alla ricerca di visibilità, bloccano l’approvazione veloce del decreto che destina aiuti a imprese e autonomi: ve la ricorderete questa cosa?

Il mio amico e collega M. ci racconta cos’è successo ai suoi genitori: hanno trovato nella cassetta della posta, e come loro tutte le persone della via, una busta anonima con il seguente messaggio: «Cari vicini, andrà tutto bene. Dio vi benedica. Forza Italia». Dentro, quattro mascherine. Il padre di M. è riuscito a vedere in lontananza l’autrice di questo gesto di grande umanità: la famiglia di cinesi che abita cento metri più avanti nella via. Nonostante – mi si perdoni la battuta – gli accenni a Dio e Berlusconi, trovo la storia commovente. Sono molti i gesti di umanità in questo periodo, minori e maggiori, dalla condivisione della spesa al sostegno tra persone vicine, per ogni imbecille fuori a esercitare la propria individualità ce ne sono parecchi che, invece, agiscono per il meglio e in modo collettivo. Oltre ai sanitari, ovviamente, e tutto ciò che ci gira attorno, si va dalle grandi aziende come la LVMH, gigantesco conglomerato di marchi del lusso come Dior e Loewe, che ha annunciato ieri di aver convertito l’intera linea di produzione di profumi in gel disinfettante per le mani, ai gesti dei volontari che consegnano in ogni quartiere spesa e farmaci, agli insegnanti che con sforzo notevole proseguono le lezioni online e a tutti coloro che, anche nello spazio di un pianerottolo o di un cortile, fanno la propria parte.
A Jennifer Haller, donna di 43 anni di Seattle con due figlie adolescenti, che due giorni fa si è fatta iniettare la prima dose di “mRNA-1273”, dando il via ufficiale alla sperimentazione dei vaccini al Covid-19 sull’uomo. Meglio: sulla donna. Partiti gli USA, l’Europa annuncia i primi test a giugno, l’Italia è già un po’ più avanti ed è ai test pre-clinici sugli animali, oltre all’avanzata sperimentazione di farmaci già esistenti. In Cina sono alla soglia dei test umani. Insomma, ci si muove insieme.
Ed è in quest’ottica che è arrivata in Italia. alcuni giorni fa, una delegazione di medici e industriali cinesi per portare l’esperienza diretta di quanto fatto con successo a Wuhan, oltre a un aereo pieno di aiuti materiali. Sono arrivati anche i medici cubani a sostenere lo sforzo dei nostri, in linea con uno scambio che da anni va avanti tra Italia e Cuba (noi gli mandiamo odontotecnici da decenni, per condividere le professionalità). Molti tra cui io non hanno potuto fare a meno di notare la coincidenza degli aiuti da paesi, almeno nominalmente, socialisti. Tra tutte le storture dell’applicazione della teoria, il sostegno e la solidarietà tra paesi è però parte fondante della cultura socialista, va riconosciuto e ne va merito.

È il confronto che, talvolta, va a nostro svantaggio, se mandiamo avanti i governatori leghisti e forzitalioti del nostro paese, purtroppo. Ieri, il signor Hua Hu, amministratore delegato di Cosco Shipping Lines Italy, ha donato alla Regione Liguria cinquantamila mascherine e Toti e i maggiorenti della Regione hanno ben pensato di farsi una foto con lui.

Dando visibile dimostrazione di beotismo, ignorando le minime funzionalità e il senso delle mascherine, la differenza è evidente. Uno, dico io, uno. Vabbè.
È primavera.

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sputazzatelo! Dategli le bave del gran contagio!: giorno 13

Oggi l’ONU ci tiene a farmi sapere che è la Giornata internazionale della felicità.

«L’Assemblea generale […] consapevole di come la ricerca della felicità sia uno scopo fondamentale dell’umanità, […] riconoscendo inoltre la necessità di un approccio più inclusivo, equo ed equilibrato alla crescita economica che promuova lo sviluppo sostenibile, l’eradicazione della povertà, la felicità e il benessere di tutte le persone, decide di proclamare il 20 marzo la Giornata Internazionale della Felicità, invita tutti […] a celebrare la ricorrenza della Giornata Internazionale della Felicità in maniera appropriata, anche attraverso attività educative di crescita della consapevolezza pubblica». (Assemblea generale delle Nazioni Unite, Risoluzione A/RES/66/281)

Posso? Maandéadarviàlcul. Hanno rimandato il gran premio e vinitali, facciamo che rimandiamo anche questa e siamo felici al momento giusto? Grazie.

minidiario scritto un po’ così dei giorni di reclusione causa cojonivirus: giorno 12

Pulizie. Costretti a casa, alla maggior parte delle persone è venuto l’impulso di mettersi a pulire, sistemare, mettere a posto ciò che rimandavano da tempo. Comprensibilissimo, credo stia a pagina uno del Manuale per affrontare lunghi periodi di reclusione o sopportare tempi difficili. La cosa ha molteplici vantaggi, sia perché vista la prospettiva di abitare le nostre case in modo costante, cosa che non succede quasi mai, è meglio che siano pulite, sia perché è una pratica che tiene impegnati, soprattutto la testa. Ed è così che ieri a Crema hanno chiuso le isole ecologiche perché c’erano duecento persone in coda. A me no, questa pulsione non mi ha sfiorato proprio, per vari motivi che è inutile elencare qui. Ecco, il minimo indispensabile per me e per la casa. Alla fine di tutta ’sta faccenda, per favore, ricordatevi di me e avvisate qualcuno che mi venga a prendere tra i cumuli di rifiuti e il tg4 acceso sulla tv. Comunque, dopo più di dieci giorni posso considerare di assistere, per quel poco che posso vedere di mondo, a una flessione: mettere a posto e pulire è una rottura di balle anche in tempi di pandemia e, di conseguenza, mi pare che molti l’abbiano anche piantata lì. Che vuoi fare? Ripulire tutto di nuovo? E, allora, il dilemma per molti: che fare adesso? E ora?
A me capita di avere così tante cose da fare che le giornate siano troppo brevi. Scrivere, leggere, zappare, lettera, testamento. Ovvero, esattamente come prima della pandemia, sebbene siano stati tolti i viaggi e le visite di qualsiasi tipo. Per cui, trovo curioso questo bombardamento in rete di suggerimenti di cose da vedere, serie tv, film, cose da leggere, libri, fumetti, articoli, cose da sentire, podcast, canzoni, radio, per far passare il tempo in questo periodo. E poi i balconi, l’inno alla radio, le dirette social e così via. Che poi, uno non comincerà a leggere ora, se non gradiva prima, e tendenzialmente non cambierà le proprie predilezioni proprio ora: usciremo da questo periodo e l’Italia sarà diventata una nazione di accaniti lettori? Giuro, questa non me la vorrei proprio perdere.
(Qui sotto due esempi di «social distancing» di questi giorni, anche in preghiera).

Dopo i primi giorni, frenetici, di consultazione delle notizie e degli scambi continui di informazioni e pareri, mi sono accorto che, adesso, ho bisogno di un po’ di distacco. Un po’ perché rischio di soccombere alla mole di informazioni sul virus e contorno, ho smesso di accendere la radio la mattina appena sveglio e, piuttosto, provo a sentire musica che non ho mai sentito. Per dire, adesso, e non per fare sfoggio di coltezza ma perché mi son stati suggeriti, sto ascoltando i preludi di Debussy suonati da Krystian Zimerman e li sto trovando piuttosto noiosi. Ma va bene, meglio del virus per sedici ore al giorno. Poi, ho dovuto mettere un freno anche ai vari telegram, whatsapp, chat e compagnia bella, perché il profluvio di scambi, mi sono reso conto, mi stava travolgendo e mantenendo il mio umore perennemente basso: non posso convivere tutto il giorno con lo scemo a Treviso che è uscito col cane di pezza, con lo stordito che ieri ha bruciato la vecchia (tradizione) in cascina ed erano in ottanta, con la rintronata che fingeva di avere la spesa e in realtà se l’era portata da casa, con gli irresponsabili di ogni forma e colore. Ecco, non ce la faccio.

Non ce la faccio nemmeno a sopportare la moltitudine di meme, di battute (alcune anche davvero buone, sia chiaro), di spiritosaggini, di scherzi e di trovate che girano vorticose in rete: è un sovraccarico emotivo costante che non reggo, una distrazione forzosa che pregiudica l’andamento della mia giornata. Ne sono stato parte anch’io, all’inizio, ora basta. Quando ci sarà una notizia davvero utile, lo saprò. Sono giunto alla conclusione che sia sbagliato intrattenersi, in generale e soprattutto in questo periodo, intendo dire cercando svaghi per far passare il tempo, puntando ad arrivare a sera. È un errore in generale, perché distrarsi significa perdersi ore, giorni, mesi e anni di vita, e in particolare in questo periodo, perché non sarà breve – si è detto ma ora non breve comincia ad assumere una connotazione più precisa – e cercare distrazioni di continuo per far passare alcune ore porta solo, prima o poi, a scoppiare. Serve una strategia, serve impegnare questi giorni o settimane in modo duraturo, facendo se possibile qualcosa insieme di costruttivo e impegnativo, non troppo leggero e che abbia un inizio, un obbiettivo chiaro e una durata non breve, appunto. Bisogna imparare, è un allenamento che richiede pratica, conviene iniziare quanto prima, un pezzetto al giorno, per poi diventare cinture nere in un tempo ragionevole. Come diceva qualcuno, suddividere la giornata in unità di tempo (venti minuti, mezz’ora) e dedicarne in modo accurato alcune ad attività pianificate, anche in modo multiplo, aiuta. Pulire e Netflix non aiutano, da soli. Per fare, quindi, un esempio, questo minidiario è una cosa di questo tipo, serve a me. A ciascuno, dunque, il suo.

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