la stagione dell’amore viene e va

È ormai quasi finita, ma la stagione delle Clarks (simil-) è tra le mie preferite.

Raccontava l’imprenditore che fece fortuna importando le Clarks dall’Inghilterra che all’inizio non le voleva nessuno. Nessuno proprio. Poi ne mandò un paio in regalo a Pasolini che, per caso, le mise in non so quale trasmissione. Dal giorno dopo, erano le scarpe della sinistra, e gli ordini cominciarono a fioccare. E giù giù fino a me.
Mi piace quando escono dal letargo estivo in tutti i colori possibili, dura qualche settimana ma mi piace quando succede. Poi io le prendo lo stesso grigie o blu, ovviamente tarocche.

amanti dello sport in lotta con il lettering

Quelli che attaccano gli adesivi per far sapere che vanno in Corsica o che hanno un Apple o che hanno tre figli e vogliono che tutti conoscano i loro nomi li capisco poco. Ancor meno ma mi piacciono di più quelli che invece sulla macchina ci scrivono proprio, esplicitando i propri interessi o il messaggio che vogliono dare. Questo è uno, ma bisogna aguzzare la vista.

Più vicino, sì più vicino. Ecco. Così.

Certo, farsi un bel progettino di composizione, andarsi a prendere le letterine adesive, pulire l’auto e poi cannare alla grandissima l’ordine significa una cosa sola: manca un amico pietoso che sorvegli le normali attività della vita. Uno affidabile, magari un triathelta.

odi et non olet

Time la tocca piano, per ben concludere l’anno.

Senz’altro, possiamo anche essere d’accordo su molto di questo. Ma perché giova usare toni da bassa rissa? Perché, cito il Sole 24 ore, «il New York Times ha registrato 267mila abbonati in più nel quarto trimestre, arrivati per la maggior parte dopo l’elezione del magnate», per dirne uno. E non solo, tutti i principali giornali e gruppi editoriali americani hanno avuto una robusta crescita dall’elezione di Trump, in particolare negli abbonamenti digitali. Qualche dato da un’indagine di Statista.com:

Come Repubblica ai bei tempi di S.B. Forse c’è da ben sperare nel futuro, vero?

Certo, poi lui per risultare simpatico non fa la metà di quanto fa costantemente per sembrare uno sceicco saudita sborone.

Perché il lusso, ricordarselo, è l’unica categoria merceologica che al salire della domanda fa corrispondere un aumento del prezzo. Saperlo.

evitare consapevolmente di cogliere le opportunità (vi odio, laggente)

Questa è un’invettiva. I destinatari sono laggente, quell’entità che fa tutti la stessa cosa, perché bisogna sentirsi tutti parte e non esclusi. Che però pensano di essere splendidi individui e, insieme, unici e irripetibili. Facendo quello che fanno tutti ma saltando la coda perché devono fare delle cose importanti.
Quella laggente, ecco, ce l’ho con loro.

Stavolta, musica: siete tutti lì a spippolare Spotifai (brani disponibili: trenta, 30!, milioni) e Yutub (non so quanti videi ci siano ma dichiarano un miliardo di ore di video visualizzati al giorno) e poi ascoltate tutti le stesse, identiche cose. Ovvero, scegliere consapevolmente di non scegliere, di non cogliere quanto disponibile, di restare uguali a sé stessi per paura di, chissà, migliorare? E giù: Despacito. Il miglior disco dell’anno? Kendrick Lamar, ovvio. Tutti a ballare Gabbani allo stesso momento e poi nulla. Iglesias e la sua radio. Sheeran che non si capisce se lui capisce o Lana Del Rey che, porella, vien voglia di donarle il proprio cervello, a gratis. E avanti così, Thegiornalisti, Rovazzi, J-AX & Fedez in quella schifezza che è senza pagare, Takagi & Ketra o robe impossibili da concepire come Baby K (che canta «Sparami», se non son tentazioni queste…) per restare alle cose di questo paese, il tutto certificato dalle classifiche di fine anno, o dai video più visti.

Va bene. Anzi, meglio: tutto il resto – la roba buona – a me. D’accordo.
E allora eccovi un paio di suggerimenti perfetti, in linea: tutta la discografia de Il Pagante (che qualcuno ne abbia pietà e gli tiri un colpo) e i grandissimi Marcelo Que Belo e Luigia Pigia Parigia che, almeno, uno si diverte a dirlo. Vivete easy, prima o poi vi beccherò in un vicolo buio.