23 marzo 1944

Quest’anno l’anniversario di via Rasella è passato un po’ sotto silenzio, per l’avanzare delle vicende politiche. Il neopresidente della Camera Fico, però – e qui devo dirlo: bravo – lo ha ricordato nel suo discorso di insediamento.

Poteva essere molto più pavido, vedi per esempio la presidente del Senato. Speriamo non sia solo l’inizio. Per chi volesse, via Rasella qui, qui e qui.

olocausto? dimostralo

Nel 1996 la storica Deborah Lipstadt, durante una conferenza sull’olocausto, fu interrotta da David Irving, saggista inglese, che la accusò di propagandare falsità: secondo Irving, infatti, non vi erano prove che la soluzione finale fosse stata ordinata da Hitler e, anzi, si spinse anche più in là, sostenendo che non vi fossero prove che i campi di concentramento avessero effettivamente dei forni crematori destinati allo smaltimento dei cadaveri. Un negazionista. Alle rimostranze di Lipstadt, che lo definì «un negazionista», Irving rispose querelando lei e la sua casa editrice, la Penguin.

Secondo il diritto anglosassone, toccò a Lipstadt e Penguin dimostrare la propria ragione e, di conseguenza, dimostrare in un’aula di tribunale l’effettiva consistenza e avvenimento dell’olocausto. Nessuno ci aveva mai pensato prima: dover dimostrare un fatto così eclatante, gigantesco e mostruoso di fronte a una corte e, soprattutto, con gli strumenti di avvocati e giudici, si rivelò una faccenda davvero molto complessa e dai risvolti incredibili.

Gli avvocati difensori di Lipstadt, per fare un esempio, decisero di non farla parlare e, ancora più stupefacente, di non far parlare nemmeno i sopravvissuti: una causa in tribunale si gestisce, infatti, su altri piani e con altre regole. Per una storica, la cosa divenne rapidamente incomprensibile. Ma si fidò e vinse: il che vuol dire – non banalmente – che dal 2000 l’olocausto è anche una certezza giudiziaria, che non può essere negata. Irving fu riconosciuto colpevole non solo di calunnia ma, più tardi, di negazionismo e di aderenza a formazioni di estrema destra, oltre ad aver «per le sue ragioni ideologiche continuativamente e deliberatamente manipolato e alterato l’evidenza storica».

Dalla vicenda, Lipstadt ne trasse un libro importante, «History on Trial: My Day in Court with a Holocaust Denier» (in italiano, «La verità negata. La mia battaglia in tribunale contro chi ha negato l’Olocausto», 2016, Mondadori) e, a sua volta, da esso fu tratto un film, «Denial», «La verità negata», ben scritto e girato con ottimi attori (un bel pezzo del cast di Sherlock).
Credo sia un buon modo per ricordare, oggi, e per capirne un pezzetto di più: dover dimostrare l’effettiva esistenza dell’olocausto in un tribunale si è rivelato un compito difficile e arduo, una ragione in più per mantenere viva la memoria su ciò che è stato.

landsleute 1977-1987

Il 9 novembre è l’anniversario della caduta del muro. L’ostalgie, per me, è un sentimento vero che, ovviamente, nulla ha a che vedere con Honecker e la Stasi.
E ci mancherebbe.

Alexanderplatz, Berlino, Germania Est, 1980

Kreuzberg, Berlino, Germania Ovest, 1980

Halle-Neustadt, Germania Est, 1983

Le foto sono di Rudi Meisel e hanno fatto parte di un progetto decennale di fotografia delle due Germanie (1977-’87). La prima in alto è strepitosa, c’è addirittura il signore al centro che fa da inconsapevole muro.

ancora Bologna, ancora il quattro agosto

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1974, alle ore 1.30 del 4 agosto, una bomba esplose nel secondo scompartimento della quinta carrozza del treno Italicus, Roma-Monaco di Baviera, mentre transitava all’interno della galleria della Direttissima a San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna.
Morirono dodici persone: Nunzio Russo di Merano, tornitore delle ferrovie, la moglie Maria Santina Carraro e Marco, il figlio quattordicenne. Nicola Buffi, 51 anni, segretario della Dc di San Gervaso (Fi) ed Elena Donatini rappresentante Cisl dell’Istituto Biochimico di Firenze. E poi Herbert Kontriner, 35 anni, Fukada Tsugufumi 31 anni, e Jacobus Wilhelmus Haneman, 19 anni. La bomba uccise anche Elena Celli, 67 anni e Raffaella Garosi, di Grosseto, 22 anni. Silver Sirotti, invece, non era stato coinvolto nell’esplosione. Aveva 24 anni ed era stato assunto dalle Ferrovie da dieci mesi, stava svolgendo servizio sul treno quella notte e, quando vide le fiamme in galleria, impugnò un estintore e incominciò a estrarre i feriti. Rimase anche lui bloccato tra le fiamme. Fu decorato con la medaglia d’oro al valor civile. L’incendio rese irriconoscibili molti corpi, tra cui quello di Antidio Medaglia, 70 anni, che venne riconosciuto dalla fede al dito.

L’attentato fu subito rivendicato. Fu fatto ritrovare un volantino di Ordine nero che proclamava: “Giancarlo Esposti è stato vendicato. Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare. Vi diamo appuntamento per l’autunno; seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti“.
Poi qualcuno fece il nome di Tuti, qualche pista portò poi a Gelli (Arezzo è vicina), al SISMI e così via. Facile indovinarne la conclusione: nessun colpevole individuato.

Questo è un post di otto nove dieci anni fa. E la cosa tragica è che non fa nessuna differenza.