
Uno dei giorni più neri della mia giovinezza.
Oggi fanno gli speciali e le fiction ma allora Scommettiamo che? non lo sospesero mica.

Uno dei giorni più neri della mia giovinezza.
Oggi fanno gli speciali e le fiction ma allora Scommettiamo che? non lo sospesero mica.
Un saluto con una vecchia cosa.
Oggi ma un sacco di anni fa moriva Primo Levi.

Il perché e il come, che pur avevano avuto importanza al momento, ora non ne hanno più molta. Di sicuro, a me manca.

L’ho già detto, lo ripeto, lo considero il più grande scrittore italiano. E non lo dico per le sue opere concentrazionarie, lo dico per La chiave a stella, per Vizio di forma, per Il sistema periodico, per le Storie naturali, i racconti di Lilìt, gli articoli di L’altrui mestiere. E viviamo in un periodo fortunato se con solo diciannove euro (meno di nove in formato elettronico) si può avere copia cartacea di tutta questa meraviglia e, dico, possederla.
Guardandolo così, in una rara foto in cui sorride (non sono sicuro sorridesse raramente, di sicuro lo faceva raramente nelle fotografie), come si fa a non volergli bene?

È morto Giovanni Sartori, politologo.

Io cerco di avere un po’ di memoria e un po’ di onestà, se riesco, per cui devo dire che ho un debito di riconoscenza nei confronti di Sartori: negli anni della, ehm, discesa in campo di Berlusconi e negli anni, peggiori, di governo continuato (2001-2006), Sartori fece sempre sentire la sua voce in modo molto chiaro e limpido, spiegando di volta in volta le storture alle quali il sistema politico era costretto da Berlusconi, per ruolo, comportamento e figura.
Per questo, ovvero per quanto ha fatto allora, io gli sono grato.
[Poi in anni più recenti Sartori se la prese un po’ a destra e a manca, per esempio con: «Prenda Obama. Frequentava alla Columbia il corso di laurea dove insegnavo. Ma non l’ho mai visto alle mie lezioni. Le sembra uno capace? […] Io avevo due corsi importantissimi per lui! Uno sulla teoria della democrazia, l’altro su metodo, logica e linguaggio in politica. Tu vuoi fare politica e non segui questi corsi? Gli interessava solo di essere eletto. Personaggio da quattro soldi», dal Fatto quotidiano, il che è un ragionamento un pochino discutibile, ed è pur vero che negli anni di Berlusconi ci siamo agitati e abbiamo gridato in parecchi, senza che nulla accadesse, ma la cosa adesso ha poca importanza].

Bellissima e, ancora, un po’ triste.
Ovviamente si riferisce al giorno della consegna della richiesta ufficiale, il 28 marzo.
Sembrava eterno, c’era da sempre e mentre molti se ne andavano, lui restava.

Ha letteralmente inventato il rock ‘n’ roll, nel senso più esteso, da Johnny B. Goode al duck walk. E io non potrei essergliene più grato.

È morto Tzvetan Todorov: il suo «La conquista dell’America. Il problema dell'”altro”» è uno dei libri che ha segnato la mia crescita come persona decente.

Per questo motivo lo ricordo sempre con piacere, lui e il libro, e mi spiace molto se ne sia andato. Memorabile l’incipit: «Alla domanda: come comportarsi nei confronti dell’altro? Non sono in grado di rispondere se non narrando una storia esemplare».
E così ha fatto.
Sentire le dirette dagli Stati Uniti, ieri sera, sentire che le persone vengono prelevate agli sbarchi, ammanettate, imprigionate e rimandate indietro, tra l’altro esponendole a rischi incalcolabili, mi fa stare malissimo. Via da quella che loro chiamano casa da anni.


Vedere la mobilitazione delle persone giuste negli aeroporti, vedere gli avvocati e i governatori al lavoro per bloccare le espulsioni mi ha fatto sentire un po’ meglio per ora. Come a tutti credo. Sarà durissima.
Il 15 dicembre scorso è morto Howard Bingham. C’è una foto, tra tutte, che spiega molte cose riguardo chi fosse.

Un autoscatto (non esattamente, ma insomma il concetto è quello) che risale a qualche giorno prima del combattimento tra Ali e Foreman nel Rumble in the jungle. In Zaire, quindi, e presumibilmente nell’ottobre del 1974.
Fotografo ma, soprattutto, amico di una vita di Muhammad Ali, era uno dei pochi dell’entourage di Ali a essergli legato per sole ragioni di amicizia (oltre che a mantenersi da solo, cosa rara nel circo che circondava il campione).
Bingham scattò decine, forse centinaia di migliaia di fotografie ad Ali tra il 1962, anno in cui si conobbero, e il 2016, anno che li ha visti scomparire entrambi. Eccone alcune:

Ali nel 1978, forse negli incontri contro Spinks

L’incontro Ali-Liston II nel 1965

A Louisville nel 1963

Sitting on a million dollar, 1963

Zaire, 1974
Ma non solo: Bingham fu fotografo per Life, Look, Time, Newsweek, Sports Illustrated, People e altri importanti magazines; fu uno dei primi fotografi neri della International Cinematographers Guild e, proprio per il fatto di essere afroamericano, ebbe anche accesso ad ambienti complicati, in quegli anni, quali per esempio le Pantere nere e le proteste del movimento.

Black panthers, 1968

Black panthers, gun control protest, 1968
Questa seconda foto si riferisce a una protesta relativa alle armi: se in una prima fase le Black panthers furono contrarie all’uso delle armi, in un’ottica di protesta nonviolenta, poi cominciarono a praticare il “patrolling“, ovvero seguire con le armi in bella vista le azioni della polizia, in modo da impedire abusi nei confronti dei fermati di volta in volta.
Bingham è stato un grande fotografo, ha documentato la società americana nell’arco di cinquant’anni con decisione, grazia, ironia e coscienza politica, è stato senza dubbio il migliore amico di Ali, di cui ha fotografato tutta la carriera standogli vicino e consigliandolo in ogni occasione, ed è stato senza dubbio una persona che ha reso il posto dove viviamo in qualche modo migliore.

Autoscatto, 2008

Sports illustrated, 1998