dire e fare

Il ministro dell’Interno Salvini – che continua a dedicarsi a tutto fuorché al suo ruolo – si reca a Gerusalemme, visita il Museo dell’Olocausto e lascia una sentita dedica sul libro degli ospiti.

Traduco per i bisognosi: «Da papà, da uomo, solo dopo da ministro, il mio impegno, il mio cuore, la mia vita xché questo non accada mai più e xché i bimbi, tutti i bimbi, sorridano».
Ora: chiaro che dispiace che il nostro rappresentante in visita non colga l’inopportunità di usare un linguaggio da sms su un registro di quel genere, ovvio, diciamo che dà come minimo da pensare, anche lo stampatello sarebbe stato considerato preoccupante da una qualsiasi delle maestre che ho avuto io, ma quello che a me disturba è che scriva cose (il mio impegno… xché questo non accada mai più) che non corrispondono affatto alle sue azioni. Cioè sono solo parole, vanno e vengono senza alcun senso né, tantomeno, impegno. Non lo riguardano, in sostanza, e il fatto di averle pronunciate non lo vincola affatto. Anzi, potrebbe dire esattamente il contrario domani in altro contesto, se la cosa gli conviene.
Ecco, questo è un pessimo modo di rappresentare un paese e, più importante, di stare al mondo.

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