minidiario scritto un po’ così delle cose recidive, ovvero perseverare nella pandemia: marzo, dotti, medici e sapienti, Aria fritta, il bello di essere leghisti, attesa, ancora attesa

È che proprio passa la voglia. La voglia di raccontare, di tenere memoria, di conseguenza di ricordare. Perché va bene ciò che è difficoltà oggettiva, la pandemia, la malattia, la sofferenza, ma ciò che non va per insipienza, incompetenza, miseria e furbizia, no, non è accettabile. Il caos, là fuori. Vaccinazioni a rilento, sistemi informativi in tilt, categorie trascurate, categorie favorite, anziani dimenticati, appuntamenti saltati o dati a centinaia di chilometri, consegne dilazionate, grandi proclami e pochi fatti positivi. Gli altri non saprei, io la vivo abbastanza male.
Non è lo Scanzi di turno, che frega la fila e si vaccina, o non solo, è la situazione complessiva che mi disturba. Un anno fa non sapevamo quando avremmo avuto i vaccini ma un paio di cose erano già certe: che sarebbero arrivati, prima o poi, e che si sarebbe dovuta vaccinare la quasi interezza della popolazione italiana, in qualche maniera. Ci si poteva lavorare fin da allora, destinando risorse e persone, dedicando intelligenze, trovando modi.
A dicembre, la situazione lombarda in cui non erano disponibili nemmeno i vaccini antinfluenzali, una certezza da anni, già aveva prospettato un avvenire preoccupante. Ma è bastata una crisi di governo in cui sono stati imbarcati quasi tutti e la sostituzione di un paio di nomi in Regione e la cosa si è acquietata per l’ennesima volta. Fino al disastro-vaccinazioni, per cui è stata esautorata tutta la dirigenza leghista della società Aria srl di Regione Lombardia, fiore all’occhiello della giunta attuale e incapace di gestire decentemente il sistema di prenotazioni delle vaccinazioni. Fa Aria da tutte le parti, dice il mio vicino M. Ma non solo la Lombardia, le sette regioni peggiori per numero di vaccinazioni fatte rispetto alle dosi ricevute sono tutte amministrate dalla Lega, vogliamo dire caso? Diciamolo, giusto per continuare a far finta di niente.

Poi, lo dico per il me del futuro perché è a questo che servono i diari, anche mini, è stato il caos sui vaccini: non vengono consegnati; AstraZeneca prima sospeso poi riammesso con procedura del tutto politica – è stato un segnale per l’azienda? O per chi?; le categorie in grado di fare lobbying passano avanti a quelle non rappresentate, per cui gli psicologi prima degli ottantenni, gli avvocati prima dei malati, i docenti universitari prima dei settantenni, per poi ripensarci e tornare tardivamente a criteri di anzianità, d’ora in poi; il nuovo governo che cerca di centralizzare le procedure senza però scontentare troppo le regioni, specie quelle messe peggio, amministrate ora da una forza della maggioranza, quando invece bisognerebbe d’arbitrio riportare la sanità a una funzione unica, gestita centralmente; proclami continui, con date sempre più spostate in avanti e numeri immaginari per le vaccinazioni quotidiane, ma è un giochino da scolaretti che non hanno studiato oggi e promettono di fare domani il doppio delle pagine, cretinate. Vabbè, potrei andare avanti per molto ma il me del futuro avrà capito. La faccenda, al momento, è piuttosto deprimente, motivo per cui da tre settimane stavo girando attorno al minidiario cercando di svicolare.

E, magari, di parlar d’altro. Chissà come fanno i comici, mi chiedo sempre, a restar comici anche nelle incazzature. Non si incazzano, perché sono comici? A me il sensofiumor mi si azzera, ammesso che io ne abbia a sufficienza. Mi piacerebbe far battute, perché spunti ce ne sono, ma non mi vengono e si vede. A ciascuno il suo, a me purtroppo tocca essere pesantone in questo tipo di cose, per spunti divertenti in tema pandemia rivolgersi altrove. Io, al momento, mi limito a registrare qua e là gli avvenimenti principali, in attesa di tempi migliori.
Tocca attendere che finisca l’attesa.


Le altre puntate del minidiario scritto un po’ così delle cose recidive:
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