Rosencrantz: Tu credi che la morte possa essere una nave?
Guildenstern: No, no, no… la morte no: la morte non è. Cerca di capirmi, la morte è la negazione totale, il non essere. Non si può non essere su una nave.
Rosencrantz: A me è capitato spesso di non essere su una nave.
Guildenstern: No, è diverso, tu eri, ma non su una nave.
Probabilmente il mio film preferito. No, che probabilmente? Di gran lunga il mio preferito.
Complesso, ridicolo, colto, assurdo, teatrale ovviamente. La partita di tennis con le domande, le continue quasi-scoperte scientifiche dei due, il destino che governa le traiettorie individuali delle persone, le tragedie che si compiono nolenti i protagonisti, la morte e l’incomunicabilità, tutto strepitoso. Come il testo teatrale, entrambi di Tom Stoppard, il film fu il suo unico come regista. A Venezia nel 1990 era fichissimo.

Nato nel 1937 con il nome di Tomáš Sträussler in una famiglia ebraica in Cecoslovacchia, divenne Stoppard in Gran Bretagna, dove rimase, e dove è mancato oggi. Non posso che ringraziarlo, trentacinque anni di puro godimento di testa e di pancia e ancora oggi nessuno sa quale sia uno, Rosencrantz, e l’altro, Guildernstern. Potere della tragedia intramontabile che è, poi, quello in cui viviamo immersi.