minidiario scritto un po’ così di una breve campagna punica: due, lo spiegone iniziale, un caffè, grazie, tanto non ho né soldi né documenti

Uhm, qui tocca pigliare il sacco in cima e fare un po’ di ordine per sommissimi capi sulla conquista degli arabi musulmani del nordafrica, altrimenti non mi ci raccapezzo. Milleduecento anni in un soffio.

Tutta al presente, saltare i prossimi due paragrafi in caso. Poco dopo la morte del profeta Maometto e la divisione tra sunniti e sciiti, il califfo Omar, due generazioni dopo, espande il califfato verso la Persia e verso occidente, Siria, Palestina, Egitto, nel biennio 641-42, il Maghreb, che in arabo significa ‘il luogo in cui cala il sole’, fino al Marocco alla fine del settimo secolo. E poi l’Andalusia, che è quel pezzettino di storia che conosciamo sommariamente. L’espansione procede per fondazioni di campi fortificati, simili ai castra romani e chi non aderisce alla fede islamica paga la protezione per mantenere le proprie abitudini. Adesso la taglio male e grossa, sicuro al quarantotto per cento di quel che vado dicendo: il Maghreb, occupato a quell’epoca da cristiani, romani, berbero-punici, in parte si converte all’Islam sunnita e in parte si forma una posizione terza, i kharigiti, cioè i fuoriusciti. L’eresia islamica del kharigismo si diffonde nelle zone isolate del nordafrica, molti berberi si convertono a essa. Essi però contestano l’autorità dei califfi, per cui da Damasco, ormai capitale, e poi con le dinastie successive da Baghdad, vengono inviati generali per reprimere i ribelli e nominato un governatore di tutta la zona del nordafrica, Aglab, dal quale ha inizio una dinastia di emiri che governerà la regione per un secolo. E che conquisterà la Sicilia nel nono secolo e qui qualche eco risuona. Califfo là, emiri qua.

All’inizio del decimo secolo gli aglabiti vengono attaccati dai fatimiti, una fazione di sciiti che seguiva un altro Imam, cioè la guida spirituale, con riferimento a Fatima, figlia di Maometto. Sono detti anche ismailiti, dal nome dell’Imam. Il proselitismo dei fatimiti si caratterizza per la presenza di missionari che si recano in tutto il califfato, per convertire gli sciiti ortodossi con il messaggio del ritorno del Mahdi, il profeta. I berberi aderisono in massa, formando di fatto un grande esercito con il quale i fatimiti conquistano tutto il nordafrica. Ecco, qui dovevo arrivare perché quelli che noi chiamiamo ‘gli arabi’ in questo caso sono i fatimiti, che danno forma e impronta alla dominazione araba sul Maghreb. In Tunisia essi, i fatimiti, fondano Mahdiyya, la città santa, che farà da modello a molte altre città tra cui il Cairo, fondata sempre da loro nel decimo secolo. Di fatto, dunque, essi fondano un altro califfato nel decimo secolo, ed esso durerà per due secoli, fino a Saladino. La conquista andalusa, invece, di carattere prettamente berbero, costituirà il terzo califfato, rispetto a quello ortodosso di Baghdad.

Uff, questi sono baratri, voragini che mi si spalancano sotto i piedi, anche solo riassumere in poche righe quel che cerco di intuire non rende minimamente la complessità di questi mondi sovrapposti e affiancati. Ho tralasciato decine e decine di -ismi e sette e popoli e varianti che non ho mica capito dove stiano. E vorrei sottolineare come tutta ‘sta cosa mi tocchi spiegarla senza rete, non essendoci alcuna connessione, voglio dire. Comunque, spiegone fatto e almeno qualche punto l’ho messo. Passo la mattinata a Monastir, l’antica Ruspina, sulla costa nel Sahel. È una località marittima e turistica rinomata, oggi c’è vento e il mare ha uno splendido colore, complici le onde. Il mausoleo di Bourguiba, il primo presidente dall’indipendenza e padre della patria, racconta questa figura di innovatore laico e moderno, paragonato ad Ataturk per il progetto di progresso del paese. Vedo le scarpe, il telefono, l’agenda, il cappello di Bourguiba. Molto più interessante il Ribat, costruzione religioso-militare islamica medievale, una specie di convento fortificato come alcuni dei nostri, abitata da monaci guerrieri. In teoria la Sicilia dovrebbe esserne stata piena, al tempo della conquista.

Proseguo lungo la costa per Mahdiyya, la capitale del regno della dinastia dei fatimidi. Costruita su una penisola rocciosa che mi ricorda subito l’Ortigia, si caratterizza per la medina fortificata al centro, il forte ottomano verso il mare e l’impressionante porto punico, anzi i porti, quello militare e quello commerciale. Secondo i cartelli, il primo poteva contenere fino a quarantacinque navi da guerra.

Nel museo, grandi esempi di architettura e arte fatimita, tra cui molta Palermo, quella che noi chiamiamo con grande precisione ‘araba’. Il duomo di Monreale, per esempio, o la cappella palatina, da non confondersi invece com l’architettura di committenza normanna, Federico II, con manovalanza fatimida, ovviamente posteriore alla  riconquista. Tutta tutta un’altra cosa. Mahdia, scritta semplice, è proprio bella, verrebbe da fermarsi qui per un po’ a bere caffè sotto le piante, ho già trovato il posto.

Ma no, proseguire. Registro un intoppo minimo, ossia ho dimenticato passaporto e soldi-euro a Tunisi, nell’accidenti di cassaforte dell’albergo. E me lo dico sempre di non usarle, che poi non ci penso. Poco male, comunque, la carta di credito ce l’ho, quella di identità pure, recupererò tutto alla fine, quando tornerò a Tunisi. La preoccupazione maggiore sarebbero le difficoltà in questura in Italia per il rilascio, mica qui. Figuriamoci. Il resto prossima parte, che per oggi ho cosato abbastanza.


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