mostri nei Settanta

Quello a destra qui sotto è Edmund Kemper III, efferato serial killer americano. Quello a sinistra è Cameron Britton, un simpatico e gioviale attore che interpreta, appunto, Kemper.

Ma la somiglianza davvero inquietante è quando lo interpreta in movimento, l’assenza di affettività, la presenza dominante, insomma ottima resa e ottimo livello.
Per vedere Kemper-Britton bisogna vedere Mindhunter, nuova serie tv su un argomento trito e ritrito che però tira sempre: i serial killer. La differenza, stavolta, la fa l’ottimissima fattura del prodotto, ambientazione, scrittura, dialoghi, trama, gran recitazione, una seconda stagione già confermata eccetera, e la regia di Fincher, che è uno che basta dire: Seven, Fight club, Zodiac e un po’ di House of cards. Non male no.
Certo, deve piacere il genere e a me, modestamente, non lo piace. Ma questa sì, questa mi è piaciuta, nonostante parecchi abominii. E poi c’è lei: Dànamm.
(Qui una recensione più sensata della mia).

«conta prima la mimica, poi la parola: questo non lo insegna più nessuno»

Ho buttato un occhio veloce a «In arte Nino», biografia dei primi anni di Nino Manfredi girata dal figlio Luca, perché Manfredi è e resta uno dei miei preferiti (inarrivabile per sempre come Pasquino in «Nell’anno del Signore») e ho trovato Elio Germano, ancora una volta, pazzesco per bravura e somiglianza.

Non dico solo somiglianza, oserei dire – e qui sta la grandezza dell’attore – mimesi, quasi totale, non solo nell’aspetto fisico ma nelle movenze e nelle espressioni del viso. Impressionante, Germano si conferma di gran lunga il migliore della sua generazione.

il nemico ha orecchie ovunque

Marc Haynes, un uomo inglese, ha raccontato una storia simpatica di quando incontrò per due volte Roger Moore, a distanza di trent’anni.
Eccola (la traduzione è del Post):

Più meno nel 1983, quando avevo sette anni, prima che gli aeroporti avessero le lounge per i viaggiatori di prima classe, ero con mio nonno all’aeroporto di Nizza e vidi Roger Moore seduto in attesa di prendere un aereo, che leggeva un giornale. Dissi a mio nonno che avevo appena visto James Bond e gli chiesi se fosse possibile andare da lui per chiedergli un autografo. Mio nonno non aveva idea di chi fossero James Bond o Roger Moore, così andammo da lui e mi ci piazzò davanti, dicendo: «Mio nipote dice che sei famoso, potresti fargli un autografo?».
Con la massima gentilezza possibile Roger chiede il mio nome e firma per bene il retro del mio biglietto aereo con una frase gentilissima. Io sono felicissimo, ma mentre torniamo ai nostri posti butto un occhio alla firma. Non si capisce bene, ma di certo non c’è scritto James Bond. Mio nonno guarda l’autografo e capisce che c’è scritto Roger Moore. Non ho idea di chi sia Roger Moore e inizio a starci male. Dico a mio nonno che ha sbagliato a firmarlo, che l’ha fatto con il nome di qualcun altro. Così mio nonno torna da Roger Moore, con in mano il biglietto autografato. Mi ricordo che mentre sono ancora seduto al mio posto, mio nonno gli fa: «Mio nipote dice che hai firmato con il nome sbagliato, che il tuo nome è James Bond». Roger Moore fa una smorfia, capisce, e mi dice di andare da lui. Quando gli sono vicino si abbassa, si guarda intorno, alza un sopracciglio e con voce bassa mi dice: «Ho dovuto scrivere “Roger Moore” perché altrimenti… Blofed [il nemico di James Bond] potrebbe scoprire che sono qui». Mi chiese quindi di non dire a nessuno di aver visto James Bond, dicendomi che dovevo tenere il segreto. Tornai contentissimo a sedere. Mio nonno mi chiese se c’aveva scritto “James Bond”. Gli dissi di no, che mi ero sbagliato. Ero quindi diventato un alleato di James Bond.
Molti, molti anni dopo, stavo lavorando alla sceneggiatura di una cosa che aveva a che fare con l’Unicef e Roger Moore ci stava recitando come ambasciatore. Fu gentilissimo e mentre i cameramen stavano sistemando le cose gli raccontai di quella volta in cui lo incontrai all’aeroporto di Nizza. Ne fu felice, fece una risatina e disse: «Beh, non me ne ricordo ma sono felice che tu abbia incontrato James Bond». Fu bellissimo. Poi fece una cosa geniale. Dopo le riprese mi passò vicino in un corridoio, andando verso la sua macchina. Quando mi fu accanto si fermò, si guardò intorno, alzò un sopracciglio e con voce bassa mi disse: «Certo che me lo ricordo quell’incontro a Nizza. Ma prima non potevo dire niente, con tutti quei cameramen attorno: avrebbero potuto essere uomini di Blofed». Avevo 30 anni e la felicità fu la stessa che provai quando ne avevo sette. Che uomo  straordinario.

Bravo. Io ho lo stesso problema con Mendoza.

in morte del più grande battutista di sempre

Il 7 ottobre ho appreso, con grandissimo dispiacere, della morte di Cosimo Mele.

Mele, al tempo in cui era parlamentare dell’Udc, fu beccato con un paio di prostitute e una bella montagnetta di cocaina in un albergo nel centro di Roma. Era il 2007.
All’uscita dall’albergo tra un paio di poliziotti regalò alcune perle di umorismo tuttora insuperate nella mia memoria, e se la meno bella è: «Forse che i parlamentari dell’Udc non fanno l’amore?» figuratevi il resto. Qui scrissi di Mele e delle sue fantastiche battute. Resterà sempre nei miei migliori ricordi.

potato’s brother

Liam Gallagher è quello scemo dei due fratelli Oasis, cioè quello che cantava.
Ora è uscito con un disco suo, dopo un paio di tentativi con una band, e non perde occasione per insultare il fratello capace, che ha più successo di lui.
C’è da dire che ha preso bene lo scioglimento degli Oasis.

Il suo profilo twitter è uno spasso da seguire, è il profilo di un adolescente rancoroso che gli girano le balle ogni cinque secondi. Ihih.