Una giovane guida autistica di un museo vive secondo una rigida routine fino a quando non si innamora del suo collega e deve affrontare un vortice di nuove e intense emozioni.
È la trama di Goyo di Marcos Carnevale ma non è quello che mi interessa: semplice, senza fronzoli, dritta al punto, non convenzionale, coerente con la trama, è la locandina. Ben fatta, ben riuscita, complimenti. Unica pecca, del film e non della locandina: sarebbe bello, sorpresa!, se la guida autistica fosse lui e il (la) collega che la trascina nel vortice fosse lei. Invece no, sempre la stessa dinamica.
Una volta i video musicali raccontavano storie strutturate, piccoli film a corredo di una canzone. Non tutti, quelli però che avevano una buona produzione e un budget sufficiente sì. I registi di videoclip erano molto richiesti e servivano buone idee. Oddio, tutto questo valeva anche per le canzoni che, spesso, raccontavano appunto storie, più o meno convincenti. Se ne potrebbero citare centinaia, forse migliaia.
Tra le canzoni più riuscite, Cloudbusting di Kate Bush. Il brano, ispirato dall’autobiografia di Peter Reich, A Book of Dreams, racconta il suo rapporto con il padre Wilhelm, psichiatra e psicoanalista, e, in particolare, i suoi ricordi giovanili riguardo una macchina, il cloudbuster, inventata dal padre per far piovere (e respingere gli alieni, altra storia), e il suo successivo arresto, tra i timori e la frustrazione del figlio. E già sarebbe parecchio per questi nostri tempi così poco creativi. C’è di più. In collaborazione con Terry Gilliam, Bush scelse Julian Doyle per dirigere il video e fu coinvolto in corsa un grande attore che si poteva prestare: Donald Sutherland interpreta il ruolo di Wilhelm Reich e Kate Bush quello di Peter da giovane. Mica male, eh, per un video? Altro che musicarelli o le semplici riprese di un playback. Scelsero Vale of White Horse nell’Oxfordshire al posto del Maine per ambientare la storia, fecero costruire il cloudbuster al team che aveva realizzato la messa in scena di Alien, e si vede, e vualà: ecco un piccolo film.
«I got into the video because Kate found out from Julie Christies hairdresser that I was staying at The Savoy. She came and knocked on my door. She was so small that when I opened the door I didnt see anybody. I looked down and there she was. She told me she wanted me to play Wilhelm Reich. I wanted to be able to create a character that could hold a child by his feet and hit him against the side of a building and turn his head into a squashed pumpkin, which is what we did. So it so profoundly impressed me that she wanted to do that. I adored her. I thought she was great».
Beh, tante cose insieme e tutte direi abbastanza notevoli.
Dopo Utah, Romania, California, New Mexico e Galles, ne avevo detto qui, la Las Vegas Metro Search and Rescue – LVMPD – ne ha avvistato uno vicino a Gass Peak, bellissimo.
Dove andrà, ora, questo monolite matomatomato? Chi lo sa, la vicenda è a dir poco appassionante, questo di Las Vegas, perché non è sempre esattamente lo stesso, esso muta leggermente, è pure molto bello e scintilloriflettente. Notevole. Vai, prisma, vai, libero come tu sai essere.
Uhm, Dublino, Belfast, Birmingham o Nottingham? Scelte, scelte, che cosa magnifica sono le scelte. In Inghilterra ci si pesta di più, al centro-nord pure, quindi direi che la scelta obbligata è Birmingham o Nottingham. Che poi sono una attaccata all’altra, un’ora di treno. Doppietta? Potrebbe, almeno delle città.
E l’O2 Institute Birmingham è pure notevole e mi ci potrei fermare fino al 17 per vedere anche i New Model Army. Andata, arrivo amici.
Ora, ciascuno ci legga quel che desidera, i gironi danteschi, la critica al consumismo sfrenato, alla voracità, all’assenza di limiti e così via. Senza una parola, alcune figure e alcuni sguardi qualche cosa la dicono. C’è anche la signora Leningrad cowboys, magnifica.
E benedetto sia maggio anche per le uscite musicali: Beth Gibbons su tutti, il suo Lives Outgrown di fatto è il primo da solista; Brad Mehldau che corre dietro per la seconda volta a Bach e per la prima a Fauré; poi il bellissimo Gringo Vol. 1 dei Selton, e ci sarà pure un due; e che dire di Nevermind the Tempo degli I Hate My Village? Ascoltare, in attesa di qualche giro estivo, spero; un Paul Weller in più, che dichiara l’età, 66, e Fu##in’ Up degli intramontabili per fortuna Neil Young & Crazy Horse. E senza dimenticare A noi piace il liscio! de L’Orchestrina di Molto Agevole, che apre la stagione estiva delle feste salaminose. Slurp.
Estrosi anche stavolta. Il museo ebraico di Berlino si conferma a direzione eclettica e brillante – visitare, senza remore – e propone l’esibizione: Sex: Jewish Positions, titolo notevole per una mostra che «plays with the differing perceptions of sexuality in Judaism». Ottimo il titolo, ironico, interessante il tema, gestito con apprezzabile leggerezza e, appunto, ironia.
La posizione ebraica non entrerà nel kamasutra, mi pare ovvio, ma nel novero delle idee ben riuscite, come diceva Hannibal, di sicuro.
facciamo 'sta cosa
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