Libero, il giornale, prima per una settimana fa titoli e articoli schifosi, vergognosi, alzando la tensione sul coronavirus a livelli mai visti. Poi, la settimana dopo, si stufa e invita tutti noi, noi!, a moderare i toni.
E anche oggi, continua:
Non se ne può più di Libero, mica del virus. Stronzi.
Il governatore del Veneto della Lega Luca Zaia ha dato l’ennesima dimostrazione di stupidità: in un’intervista ad Antenna Tre aveva criticato le abitudini igieniche dei cinesi, chiosando: «Li abbiamo visti tutti mangiare i topi vivi!». Naturalmente, polemiche a non finire; Zaia prima ha ovviamente detto di essere stato frainteso e poi, alla nota dell’ambasciata cinese, si è scusato. Diciamo.
La stupidità, oltre alle affermazioni in sé, sta anche nel fatto che Zaia non sa ciò che è avvenuto nemmeno troppi anni fa a casa sua e non ricorda nemmeno ciò che ha scritto, diciamo, qualche anno fa:
Naturalmente là è ‘una straordinaria immagine’ e qua sono incivili e zozzoni. Bravo, ancora una volta: bravo.
Già non si capisce come Amelio si sia prestato, Favino è evidentemente interessato più alla mimesi che agli scopi dell’operazione, fatto sta che la riabilitazione di Craxi con conseguente messa in discussione di ogni verità storica è compiuta. Nella fiction viene passato il messaggio che non rubasse per sé ma per il partito e la politica che, si sa, ha i suoi costi. Poi, magari, qualcosa restava attaccato ma certe cose vanno così. E ora si vaneggia di strade e larghi a Milano. Sorgi, che reputavo un bravo giornalista, pubblica questo vergognoso libro (Einaudi, maledizione!) che fin dal titolo mi fa incazzare: presunto che?
Craxi era colpevole, è stato condannato, è scappato per non andare in carcere (si chiama latitanza, non esilio), in poche parole nonché fatti era un bel ladro, arrogante e sfrontato. Scrive Sorgi: «Perché alla fine del 1999 non fu possibile costruire un corridoio umanitario per far rientrare in Italia da Hammamet Bettino Craxi, gravemente malato, e farlo operare e curare in un centro specializzato senza che fosse arrestato?». Corridoio umanitario? E perché? Senza che fosse arrestato? E perché? Craxi avrebbe potuto tornare in ogni momento e farsi curare nel modo migliore. Certo, poi sarebbe stato arrestato, come prevede la legge. Non si capisce perché avrebbe dovuto costituire un’eccezione. Quindi, ecco il commento politico: presunto una fava.
E, allora, serve la correzione. Tranquilli, amici di Einaudi e Sorgi, ci penso io:
Questo non è un paese per vecchi o, almeno, non solo: questo è un paese di vecchi. E non è una questione anagrafica: uno dei più vecchi di tutti è Salvini, che chiama le donne mamme, ha paura delle novità e ripete le stesse due cose fino allo sfinimento; ci sono in giro, invece, ottantenni davvero giovani e soprendenti. Perché è una questione di testa.
Ieri tre scienziate – oh: scienziate – ricercatrici allo Spallanzani di Roma isolano il Coronavirus. Intendiamoci, è una pratica già effettuata in Cina e in altri paesi europei ma ciò non toglie assolutamente nulla al successo, è un passo fondamentale nel debellamento del contagio. Chapeau e grazie, dico sul serio. Bene: il titolo di Repubblica di oggi? Eccolo:
Angeli? Sul serio? Mavaffanculo. Ancora a questo stiamo: uno scienziato maschio sarebbe stato un magnifico professionista abile e preparato, tre donne che fanno la stessa cosa sono angeli. Angeli premurosi che poi ci preparano anche la cena, una volta a casa. Angeli del focolare, paternalisti.
Per restare in tema, giovedì si è votata al Parlamento europeo una risoluzione per assicurare parità di salario per uomini e donne in Europa entro marzo 2020. Ovvero: subito, da non credere. Bene, la Lega ha votato no alla parte che prevede sanzioni per le aziende che non si adeguano.
Quindi, ne è uscita una risoluzione ampiamente indebolita. Inutile, direi, visto che si avvicina a un caloroso consiglio. Perché, ovvio, il liberismo e la tutela dell’imprenditoria privata supera ogni altra conquista civile e sociale. Dice la parlamentare europea della Lega Elena Lizzi: «L’uguaglianza tra uomini e donne è un valore fondamentale dell’Unione europea, secondo solo ai diritti umani, ma non può essere certo risolto con l’intervento della Commissione europea sui salari». No, certo che no. Bravi. Ora – vale per tutti – non potete non saperlo in cabina elettorale.
(In fondo in fondo a tutto vorrei ricordare che siamo il paese europeo che destina meno soldi alla ricerca. Inutile, quindi, esultare senza mettere un “nonostante” all’inizio di ogni frase).
Un ultimo confronto prima del voto, se ancora ve ne fosse bisogno: a sinistra la più recente comunicazione social di Bonaccini, a destra quella di Borgonzoni.
Serve ancora altro? Eddai, cazzo, capisco che lo scritto fitto fitto sarà anche pesante, che si fa tanta tanta fatica a leggere, ma mica si può mandare in vacca anche questo, no?
Speriamo che il voto vada come deve andare, soprattutto dopo le parole di ieri del segretario della Lega dell’Emilia Romagna: «Il programma di Lucia [Borgonzoni] è stato fatto insieme ai governatori del Veneto e della Lombardia con un modello che preme verso la sanità privata». E non contento: «Qui in Emilia Romagna è un tabù, ma in Lombardia le prestazioni private sono il 50%, in Emilia Romagna solo il 20% e quindi bisogna procedere anche in questo senso». Poi vedete voi.
Tomaso Montanari, oltre alle indubbie qualità come critico e storico dell’arte, ha un grande pregio: dice le cose senza ipocrisia. L’aveva già fatto con Luzzatto e il suo indegno libro (ne ho detto qualcosa qui) e molte altre volte. Stavolta, unico o quasi nel panorama giornalistico italiano infido e codardo, ha scritto un articolo su Giampaolo Pansa e su quanto scritto in occasione della sua morte. Siccome, è facile prevederlo, adesso salirà l’ira scomposta dei destrorsi sostenitori della parificazione tra fascismo e antifascismo e i morti di tutte le parti, riporto l’intero articolo qui prima che qualche solerte redattore cagasotto lo renda irreperibile.
La santificazione a testate unificate di Giampaolo Pansa lascia sconcertati.
È naturalmente comprensibile il lutto degli amici e degli ammiratori, così come è lodevole la gratitudine dei più giovani giornalisti che ripensano ai loro debiti verso quello che fu, fino a un punto preciso della sua vita, un maestro del nostro italianissimo giornalismo. Ma il silenzio sulla scelta revisionista di Pansa (una scelta che assorbe, portandolo di male in peggio, quasi gli ultimi vent’anni della sua vita), o peggio i tentativi di liquidarla con accenni a un suo gusto per le questioni «controverse», al suo essere «bastian contrario» o «sempre contro», sono invece inaccettabili. E nemmeno il combinato disposto dell’intollerabile ipocrisia italica e borghese del «de mortuis nihil nisi bonum» e del corporativismo giornalistico possono giustificare questa corale opera di depistaggio.
È esattamente questa coltre di silenzio che obbliga a prendere la parola proprio ora, a caldo: perché ci sia almeno qualche voce che contraddica la canonizzazione, e instilli dubbi proprio nel momento in cui il nuovo santo viene innalzato sugli altari, a riflettori ancora accesi.
Apre il Vernacoliere, che iddio lo preservi sempre, e Salvini di rimbalzo commenta:
Non mi capacito. Ha forse una barriera architettonica nella testa? È forse caduto e ha mancanza di memoria recente? È spiritosissimo e io continuo a non capirlo? Mistero.
E potrei andare avanti davvero a lungo.
facciamo 'sta cosa
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