la casa, le banane, uno dei più raffinati e scanzonati letterati italiani del Novecento, cose che non avremo più

A Cremona, mi scappa l’occhio su una vecchia insegna. Anzi, ex-insegna.

Ma certo, la casa della Banana di Cremona, ed è un colpo ai ricordi: mi torna alla mente quel racconto breve di Giampaolo Dossena, uno dei miei prediletti di sempre, in cui riportava la memoria all’Italia coloniale che spingeva al consumo patriottico di banane, seppur straniere allora fascistissime perché provenienti dall’Impero.
Quarantacinque piccole memorie, una pagina o due, ma brillanti e acute come lui sapeva magistralmente fare, pubblicate in Mangiare banane, Il Mulino, 2007. Appunto. E parlava proprio di questa, del giovane Dossena a Cremona, chissà quando è stata chiusa, chissà le banane fino a che punto hanno avuto richiamo e una casa propria, prima di soccombere agli avocado e ai nuovi tipi di banane.
Perché, sapevatelo, le banane che mangiavano i nostri bisnonni erano molto più buone, più bananose, di quelle che mangiamo noi, le cavendish. Loro non le avrebbero mai mangiate, queste, roba da maiali. È che quelle di allora si sono estinte per colpa di un parassita e anche le nostre, preparatevi, lo faranno. E rimarremo senza banane per sempre. SEMPRE. Mangiatene ora, mentre ascoltate la storia raccontata bene da Kesten nel suo bel podcast.

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