ancora sul temperatore

Parlavo della figura del cosiddetto temperatore raccontando qualche settimana fa una bella storia che riguarda la torre dell’orologio di san Marco a Venezia. Il temperatore è, era, colui che viveva nella torre e che lì, pure, lavorava, sistemando gli ingranaggi, ricaricando i pesi, sostituendo i pezzi consumati.
L’ultimo temperatore – perché la nostra stolta civiltà li ha eliminati sostituendoli con cose automatiche -, Alberto Peratoner e i suoi avi recenti, tra cui Giovanni, scattarono fotografie dalla finestra ovale della torre, a volte poetiche con la neve sui tetti della città, a volte documentali, come nel corso delle visite dei papi o dell’acqua alta del 1966, a volte per un bel tramonto.

Una delle foto che preferisco è quella di Katherine Hepburn e Rossano Brazzi che girano, all’alba nella piazza deserta, una scena del film Tempo d’estate di David Lean del 1955.

La storia è quella di un amore estivo nato nelle calli di Venezia e che tale resterà per vicende che non racconto per questo terrore contemporaneo dello spoiler. Lui è sposato. Il film è disponibile in inglese qui e la scena della foto comincia a questo punto. Ma il punto vero, qui, è il temperatore e la torre dell’orologio con i suoi due pastori del passato e del presente, veri protagonisti per cinque secoli di un pezzo della storia di Venezia e di un angolino della piazza. Lo dico: la vicenda del temperatore è un film già pronto e scritto, basta buttar giù qualche dialogo credibile e girarlo, ’scolta me che dico davvero sul serio. Una storia alla Tornatore già bella pronta, di grande bellezza, vera, e di possibile interesse persino per questa destra stracciona al ministero per aver i due soldi che bastano per fare un film così.

it’s still hard for people to talk about their disease

Bello il mural di Larsen Bervoets in Oude Beurs 17 ad Anversa.

Il faccione di un clown che si toglie il trucco rappresenta, nelle intenzioni dell’autore, la difficoltà di ciascuno a comunicare le proprie malattie, da cui il titolo dell’opera, “We all live with HIV“. Al di là, l’utilizzo delle due pareti distinte è notevole, compreso il muretto che le unisce, dà profondità e tridimensionalità. Peccato quell’assurdo parcheggino sotto fatto alla brutta. Anversa è piena di murales, questo l’ho osservato per un po’.

il presente è un soffio

Ovviamente tra passato e futuro o tra due martelli di bronzo.
Sulla torre dell’orologio in piazza san Marco a Venezia, in cima, ci sono due statue di bronzo raffiguranti due pastori che battono con un martello le ore su una grande campana.

Il motivo è ricorrente in parecchie città dominate da Venezia. In questo caso, le statue sono chiamate mori di Venezia per il loro colore bruno e, sebbene paiano identiche, in realtà una ha la barba e l’altra no.

Questo perché una rappresenta un vecchio e l’altra un giovane. Ma non basta, ecco il bello: il moro vecchio batte le ore due minuti prima dell’ora esatta, ed è il passato, il moro giovane invece picchia due minuti dopo l’ora precisa, per rappresentare il tempo che verrà. E il presente, quella fissazione dell’ora tonda, non lo batte nessuno, si sentono il prima e il dopo, che dopo non è più perché ti giri un secondo ed ecco che è un prima. Ma poi dopo di che? Che cosa stupenda.

A fianco degli orologi rinascimentali, esisteva la figura del temperatore, o moderatore, che di fatto era un manutentore che provvedeva alla regolazione di pesi e contrappesi, della lubrificazione degli ingranaggi, al perfetto funzionamento del meccanismo. Spesso, come nel caso della torre di Venezia, all’interno vi era un’abitazione nella quale il temperatore viveva, così da essere sempre pronto alla bisogna. L’appartamento della torre di Venezia, che tale è perché sviluppato su tre piani con ambienti di soggiorno e di lavoro, esiste dal 1499, anno di entrata in servizio del primo temperatore. Dopo trentatre temperatori e quattrocentonovantanove anni, l’ultimo di essi, Alberto Peratoner, venne mandato in pensione perché dopo l’ultimo restauro venne installato un meccanismo automatico di ricarica. E così il 30 marzo 1998 l’ultimo temperatore chiuse la porta e lasciò l’orologio incustodito, dopo cinque secoli. Qui alcune fotografie scattate da Peratoner. Vedi il presente? Svanito.

sul filo filo filo di lana

Mai vista una finale dei cento metri così. Tutti appiccicati.
12 centesimi tra il primo e l’ultimo che, tra l’altro, ha corso con il tempo con cui Carl Lewis vinse l’oro nel 1984. Tra il primo e il secondo, Lyles e Thompson, cinque millesimi, 9,784 contro 9,789, tant’è che all’arrivo non si capiva chi avesse vinto, Lyles si è complimentato con Thompson, che chiedeva a gran voce il tabellone. Il fotofinish l’unica possibilità e anche quello difficile da decifrare. Questa è una foto:

E questo il fotofinish ufficiale, si vede dalle sbavature fisiche, uno scatto al millesimo:

E anche qui mica semplice, se non si conosce il principio. Quel che conta è il tronco, non la testa, non i piedi. Il tronco, cioè devono essere passate le scapole. Ecco perché Lyles, allora sì che si vede.
La particolarità di questa finale è stata che tutti e otto sono arrivati a un’incollatura, la semifinale con tutti sotto i dieci secondi lo faceva presagire, bella l’immagine con le reciproche posizioni per tutta la gara:

(Photo by Hector Vivas/Getty Images)

Oltre all’arrivo, anche la partenza ha avuto un qualche interesse, con Bednarek che salta in zucca ai gigantoni che ha attorno:

Tutti molto lontani, comunque, dal 9,63 olimpico di Bolt nel 2012, figuriamoci dal record di 9,58.

Biden lascia, go Kamala!

Non dev’essere facile, politicamente e umanamente. E nemmeno tutta l’operazione, adesso, dai delegati ai finanziatori alla campagna, il partito dovrà fare quadrato perché, come dice Obama nella lettera a Biden: «We will be navigating uncharted waters in the days ahead», navighiamo in acque sconosciute, vero.

E avanti Kamala, a questo punto, che gode di una rarissima seconda occasione. Nel suo primo discorso, notevole, in Wisconsin, ha formulato un primo slogan per la campagna, tompettiano: «We’re not going back». I giochi di parole già si sprecano, da Yes we Kam, buono, alla Casa Bianca già ribattezzata in Kamalot, Beyoncé ha dato il suo assenso per l’utilizzo della sua Freedom in campagna e un importante endorsement, pare che nelle prime ore siano stati raccolti cento milioni di dollari e il numero di delegati raggiunto, staremo a vedere.

Trovavo Kamala convincente anche quattro anni fa, poi chissà dove si è persa. La trovo affascinante anche fisicamente, ora e anche quando sembrava la controfigura di Prince, lasciamoci prendere dalla Harrismania alla conquista di Kamalot!

e invece no (siamo – quasi – tutti antifascisti qui in Francia)

E contrariamente alle attese, il gambetto alla francese funziona e la faccia di Bardella a sera è da incorniciare nella galleria delle soddisfazioni. “Alleanza del disonore” la chiamano Le Pen e il giovanetto e la destra tutta e in effetti il gioco delle devoluzioni dei candidati è un po’ al limite, l’avessero fatto loro forse avrei avuto a che dire. Ma loro son fascisti, è questa la differenza. Per cui la Francia va a letto che è a sinistra mentre si era alzata sicura della destra, vedi te la vita. Serve un’altra rassegna stampa, ancor più stavolta col risultato ribaltato. E la gente va in piazza, come mostra Libération:

Le Figaro fa più l’istituzionale, mostra la sconfittona di RN, “cocente”:

Il quotidiano liberale l’Opinion sottolinea la difficoltà di trovare una maggioranza, imparino da noi che siamo molto più bravi in questo, e sottolinea il carattere un po’ estemporaneo di tutta la vicenda elettorale:

La prima pagina più bella, insieme a Libération, è quella del cattolico La Croix, la Francia dice no a RN, con l’ennesima Marianna avvolta nel tricolore:

Les Échos è il principale giornale economico finanziario francese per cui registra i fatti apparentemente senza entusiasmi o mal di pancia:

L’Humanité, infine, giornale fondato da Jean Jaurès e da sempre vicino alle posizioni del PCF gongola non poco e sfodera per la prima pagina la grande onda di Kanagawa:

Beh, che goduria, esser certi del peggio e poi ritrovarsi del tutto in altra situazione. Sarà un pasticcio comunque, intendiamoci, l’operazione è stata spericolata – non per la prima volta, peraltro – ma ne è valsa la pena: all’angolo RN e con esso anche il governo italiano e la tronfia destrina europea, che perdono appoggi da qualche settimana. Su 151 ballottaggi tra la sinistra e il RN, i due terzi sono vinti dalla gauche, e su 131 ballottaggi tra macronisti e RN, nel novanta per cento l’estrema destra è stata battuta ed è anche sconfitta in 70 delle 75 triangolari. Stiamo a vedere, adesso servono alchimie complesse e difficoltose ma se non succedono scemenze se ne riparla alle presidenziali tra due anni e mezzo. Salùt e in culo ai lepenisti.

(AP Photo/ Christophe Ena)
(AP Photo/Louise Delmotte)
(AP Photo/Christophe Ena)
(AP Photo/ Christophe Ena)

la valanga di mattoni in UK

Come da previsioni, larghissima vittoria dei laburisti in Gran Bretagna, come non se ne vedevano da Tony Blair ma nemmeno dal 1906, credo sia la peggiore batosta per i conservatori dell’epoca moderna. E del tutto non solo meritata ma pervicacemente cercata, portando il paese sull’orlo del baratro, ’sti criminali minchioni.

Ho una certa voglia di rassegna stampa, voglio vedere come la stanno prendendo, là. A partire dalla prima pagina più bella, secondo me, il Daily Express che ammette e accoglie la sconfitta, decent and sincere:

Tra i locali, l’unico a dedicare quasi tutta la prima pagina è il Manchester Evening News che sottolinea l’urgenza del compito di Starmer:

Il Daily Mirror invece gongola, mattone per mattone:

Immagine del mattone ripresa anche dal Daily Record, scozzese, a fronte della sonora sconfitta anche degli indipendentisti del paese. Noto il possessivo our prime minister non da poco e mi fa sorridere l’elenco delle pagine dedicate, perché 2-17 chiaramente non riempiva la riga:

Il Daily Star conferma la fetecchia che è, sottotitolando una cosa del tipo: “Starmer inizia il lavoro facendo cose importanti”, lasciando poi spazio alle consuete notizie ben più importantissime:

Il Liverpool Echo, da sempre rivolto alle cose davvero fondamentali in città, il calcio, il fòball, il calcio e quella cosa contro i mancuniani, fa la battutona e unisce i rossi al governo ai rossi di casa:

Il Newcastle Chronicle va via pulito per essere un locale e segnala la vittoria popolare, facendosi scappare qualche soddisfazione:

Un po’ di quelli grossi. Ehm, nazionali. Il Guardian è ovviamente entusiasta e parla appunto di ‘valanga’:

Il liberale The Indipendent riporta invece la notizia in modo asciutto, tranne il carattere del titolo, pur segnalando anch’esso la valanga e giocando sulle due foto, chi entra e chi esce:

Il Sun, ahah da minchione qual è, ripiglia la stessa immagine e in modo del tutto irrilevante gioca di parole tra ‘here’ e ‘Keir’, il nome di Starmer, serve immaginare la pronuncia:

Ciò che conta è la seconda pagina, al Sun. Il Times, che è conservatore ma più decent, riporta fatti e dichiarazioni:

Non male la pubblicità ingannevole in fondo alla pagina.
Segnalo infine la dichiarazione ufficiale di Rishi Sunak, premier uscente, magnanima e onesta insieme, che alla sconfitta ha dichiarato: «Sir Keir Startmer will shortly become our Prime Minister. In this job, his successes will be all our successes, and I wish him and his family well», i suoi successi saranno i nostri successi, visto il lavoro che fa. Non è nuovo, Sunak, a questa frase, già usata svariate volte. Ma è comunque un tono e un modo che da noi sarebbe davvero impensabile e questo mi dà anche stavolta da pensare.
Avanti, dunque, adesso con la valanga e vediamo di fare le cose come vanno fatte. Amen.