Trenta milioni di italiani di più di cinquant’anni e uno solo che, diciamo, non lo voleva fare. Com’è andata a finire?
Ovvio, Mattarella, ancora. Non che fosse difficile, l’avevo scritto due mesi fa sulla porta della cucina, non era complicato da prevedere. Ma perché era prevedibile la sconfitta della politica, di questa classe dirigente, uno stato perdurante di cose: rieleggere per la seconda volta consecutiva il presidente della repubblica è sintomo di grande debolezza e incapacità, fare poi leva sull’umana disponibilità di una persona che ti levi le castagne dal fuoco è ancora peggio. Peraltro eleggendolo ora come salvatore della patria per farlo diventare, tra due anni, un ingombro da levare, trasformando così la carica più alta in un mandato a scadenza contro una durata legale. Certo, se poi il ruolo di regista lo si lascia a Salvini, arrivederci. Ma non è che altrove abbiano brillato, l’immagine di Casellati che, ormai perduta l’occasione, gioca col telefono durante lo scrutinio che sta presiedendo dice moltissimo su di lei e la compagnia bella. Poteva andare molto molto meglio.
nemici
quella stupidità ributtante al di là del comprensibile
L’11 gennaio si è aperto in Egitto, a Sharm el Sheikh, il World youth forum: una manifestazione in stile nordcoreano organizzata per celebrare il regime egiziano – il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi era in prima fila, raggiante – facendo finta di parlare di sviluppo, progresso, diritti umani, libertà, democrazia, cultura, climate change. Tutte cose impossibili nell’Egitto del dittatore criminale al Sisi e che suonano come irreali in questo frangente.
Alla kermesse del regime è stata invitata anche l’attrice spagnola Itziar Ituño, una delle protagoniste de la Casa di carta, la cui consapevolezza è evidentemente scarsa, oppure se ne frega nonostante l’età e il ruolo che ha nella serie tv. Tra le cose paradossali, oltre al fatto che la serie è percepita come la rappresentazione di un’efficace ribellione al sistema, e non lo è affatto, è che nella sua colonna sonora ha Bella ciao, a dir poco impropriamente. E la canzone stessa, in un accostamento pop tra serie, canzone e festa dei giovani, è stata suonata e cantata di fronte allo stato maggiore egiziano, al Sisi compreso, i quali beati applaudivano a una bella canzone tradizionale dalla bella melodia. Il cui significato sarebbe, però, come molti sanno ma non certo gli sceneggiatori della Casa di carta o i papaveri egiziani, la rivolta proprio contro i tiranni come loro.
La stampa di regime celebra, per esempio Youm al Sabaa scrive: «la cultura [ha] un grande ruolo nel curare le nostre ferite. Grazie a lei possiamo superare le sfide importanti di oggi con più determinazione», il che suona ancor più scellerato in un paese in cui le persone che si occupano di cultura sono tutte in carcere quando non eliminate fisicamente. Giulio Regeni è uno dei tanti.
Partecipare alla celebrazione del tiranno rende senz’altro complici, contribuire a dare una patina di modernità e progressismo a un regime anacronistico e spietato è senz’altro una responsabilità di cui bisognerebbe essere chiamati a rispondere. Perché al Sisi sa benissimo quello che fa, e lo fa. Altri, che per soldi vanno ovunque senza porsi domande, invece? Citando Gramsci, odio anch’io gli indifferenti, sono il peso della storia: «Domando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime».
seppuku?

Magari in diretta tv, alla Mishima, son già sul divano.
già l’augurio sarebbe quel che è
Alla fine della trasmissione che lo ricorda, “Caro Battiato”, tra gli artisti che ne hanno interpretato una canzone e che rivolgono un saluto direttamente a lui, i Baustelle che gli augurano «Buona vita» sono un momento da pelle d’oca. Magnifico, ci voleva davvero tutta e loro sì, ci sono riusciti.
l’informazione a trecentosessantacinque gradi, ancora
Ho conosciuto a yoga un lupo narcisista con le labbra screpolate.

Ancora una volta grazie, Repubblica, per la solita messe di notizie di fondamentale utilità.
inventare-altro-motivo
Quando poi sei in trattoria che ti godi il tuo quando entra un tizio che dice scusatemi avevamo prenotato per due ma la mia compagna si sente poco bene.
E poi lo fanno sedere di fianco a te.
E poi comincia a tossire.
E poi te in realtà è me.
e poi prendi la pista ciclabile

Portland, Oregon, mica una megalopoli.
autocensura preventiva timorosa a senso unico
Me ne stavo bel bello guardando una puntata di Succession… come? evabbè, ma se mancano le basi essenziali come si fa? Uff, grandissima serie, famigliona proprietaria di un enorme gruppo di infotainment diversificato fino alle crociere che, vedi il titolo, si fa la guerra per: appunto. Comunque, è appena uscita la terza stagione e io, come dicevo, stavo beatamente guardando la sesta puntata, in cui i Roy sono riuniti in una stanza per decidere il candidato alla presidenza da appoggiare – degli Stati Uniti, si gioca in grande – quando a un certo punto Shiv dice una cosa chiarissima. Ma bisogna guardare la versione originale.

Cosa che in italiano, prontamente, sparisce. Già, più facile parlare di Bielorussia.

A parte il testo edulcorato (e “fuck pile“? un cazzo di mucchio), non è certo la prima volta e sempre su Berlusconi. Basti ricordare anni fa un episodio di How I met your mother o, molto meglio come serie, in Veep, in cui si diceva: «Has POTUS gone nuts? We can’t have a crazy president. -In Italy they do». Via anche quella. Si tratta evidentemente di censurina preventiva, per evitare rogne, il che è abbastanza deprimente ed è proprio un peccato. Perché, in ogni caso, Shiv aveva detto una cosa del tutto sensata, o i colbacconi di Putin e Berlusconi insieme ce li siamo dimenticati?
alla consòll (in teatro)
I premi Ubu, i premi per il teatro italiano, stasera al Cocoricò di Riccione – «dopo molte edizioni al Piccolo Teatro di Milano» – la dice lunga sullo stato di cose di un sacco di cose in questo paesone.