minidiario scritto un po’ così di un paio di giorni in giro. Due su quattro. Duemila anni di sviluppo altoadriatico spiegati da me che ho fatto l’università della strada.

Passando Rimini è come voltare un angolo e cambiare strada: il centro di gravità permanente non è più Bologna ma Roma. Sarà che siamo sulla via Flaminia, sarà che tutte le strade portano lì, sarà che le valli appenniniche, ortogonali alla costa, vanno in quella direzione, sarà che i cartelli stradali indicano quella destinazione. Alla fine, è la stessa strada che percorse il disgraziato papa Mastai Ferretti che da Senigallia finì a porta Pia a far da ultimo papa re. L’accento si sposta decisamente verso il romano, pur con le inflessioni locali da mevòiscipparculo?, appaiono i friarelli broccoletti, la cicoria passata, molti che vogliono lavorare devono scavalcare l’Appennino. Perché sono duemila anni che per la valle tiberina i collegamenti con Roma sono semplici, per molti secoli andare dall’Urbe a Fano fu il solo modo per venire al nord, agganciandosi alla via Emilia e tirando dritto fino a Milano, crocevia delle vie del nord. Persino quel retrogrado del papa fece subito la propria ferrovia, la Pio Centrale, da Roma ad Ancona, tanto era naturale.

Oggi i miei obbiettivi sono due, cioè sono due le cose che imparerò: cosa diavolo è il Metauro e la sua piana, quella dei trentamila morti romani contro Asdrubale, e la partita era davvero capitale, e che Senigallia non è in Puglia. Quella è Gallipoli, sono confuso dalla fonetica, e qui D’Alema non viene. Ravenna, Rimini, Pesaro, Fano, Senigallia, Ancona, tutta una dorsale strategica romana di grande importanza e storia: dal porto di Ancona, progettato da Apollodoro di Damasco, alla basilica di Vitruvio a Fano al ponte di Tiberio a Rimini e poi tutto un fiorire di teatri, anfiteatri, mura, castra e domus a punteggiare, ma con regolarità, la costa. Ed ecco come funziona, più o meno. A un quadrato o rettangolo cittadino romano, costruito a una certa distanza di sicurezza dal mare, si sovrappose poi la città medievale, mantenendo e innalzando le mura cittadine e le porte, conservando ponti e decumani. Di solito, in un angolo delle mura veniva costruita una rocca, probabilmente su precedenti strutture militari, un palazzo comunale in centro, poi ducale e poi ancora comunale. Idem durante Rinascimento e secoli successivi, più o meno è rimasto tutto così, magari una villa qua e là, a seconda dei tempi, se turbolenti o meno. Che poi ci fossero i Malatesta di Rimini, i Malatesta di Fano, i della Rovere, il duca Valentino, i Montefeltro o gli Sforza o il papa, poco cambiava da questo punto di vista. Nel 1863, poi, il regno d’Italia, fresco fresco, iniziò la costruzione della ferrovia adriatica e gli ingegneri la fecero passare nel posto più comodo, ovvero a ridosso delle mura, tra le città e il mare. Con il treno, nei primi anni del Novecento fu un fiorire di villeggiature marittime in splendide ville liberty, tutte costruite a ridosso della ferrovia, mantenendo la pineta tra le case e il mare. Poi arrivò lo sviluppo turistico, quello della sabbia di velluto di Senigallia, ben prima di quei parvenu di Rimini e Riccione, via la pineta, alcune ville liberty e giù di condominii praticamente fin sulla sabbia. Ed così che dal centro città per andare al mare, e parlo di quasi tutte le città tra Pesaro e Ancona, si deve: arrivare alle mura, sottopassare la ferrovia, che è un taglio sociale mica da poco, attraversare una breve fascia di belle ville, se ancora ci sono, poi una fascia più lunga di baretti, locali, alberghi a condominio, tutto anni Sessanta, per poi trovare un varco tra i bagni privati per arrivare, finalmente, al mare.

Rimini, lo so che non lo si sospetterebbe, è bellissima. Basti dire il tempio malatestiano, le pescherie e il palazzo ducale, ma ce n’è. Di Pesaro ho detto ieri. Fano, complice la Fortuna che la accompagna da sempre, è graziosa e ha certo avuto momenti sontuosi nella storia, sia romana come dicevo, sia successiva. Le tombe dei Malatesta, deposte nella scoperchiata chiesa di San Francesco, stanno lì a mostrarlo, e la firma è di Leon Battista Alberti, LBA, mica paglia. E se Vitruvio non c’è più, la memoria resta e restano pure molti resti, perché della pentapoli Fano era la capitale. E oggi, tra l’altro, c’è il carnevale, che qui ovviamente considerano superiore a quello di Rio. E di Viareggio e Venezia, figuriamoci. Proseguo il concatenamento verso Senigallia, che non è in Puglia, e lì la struttura è simile, fu la prima colonia romana sull’Adriatico, poi malatestiana, roveresca, con la differenza che ha un fiume, il che ne condizionò favorevolmente la vocazione commerciale. Anche se oggi è profondo forse quindici centimetri. E del turismo ho detto, con Cortina ebbe la prima azienda turistica del paese. E un papa, duraturo e disgraziato, fu quello dei bersaglieri e del non expedit e anche, sciagurato, quello della Repubblica romana. Che la si poteva chiudere felicemente vent’anni prima.

Il mare d’inverno, l’Adriatico in particolare, suscita in me un fascino particolare. Sia per tutta la vita che pare andata via per un momento, promettendo di tornare presto, sia per una certa malinconia ben raccontata da de Andrè. Che poi la malinconia qui è letteratura, è solo perché è chiuso quel che riguarda il mare ma per il resto c’è vita, le calamite da frigo ci sono ancora. Si mangia bene, son cordiali e abituati al foresto, basta rientrare di pochi chilometri che il paesaggio diventa completamente un’altra cosa, basta puntare il dito su una cartina, seee, che posti belli ne saltan fuori a bizzeffe. Non s’è visto, finora?


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