satellite of love #44: il paradiso è questa cosa qui, altroché

La città rosa andalusa sopra Granada, l’Alhambra, uno dei rari posti nel mondo che valga qualsiasi spostamento, anche tre aerei, due pullman, un treno e cinque risciò consecutivi pur di arrivarci. Il premio sarà al di sopra di ogni sforzo: angoli di perfezione, armonia e bellezza impareggiabili, difficile trovare un concentrato tale che possa competere. Quando eravamo più furbi, tutti, e dagli arabi imparavamo a costruire piccolo e armonioso.
Dal satellite mostra tutta la sua estensione, si intuisce bene il palazzo di Carlo V – inserto successivo e si vede – e per un occhio che sa anche il Partal, probabilmente uno degli angoli migliori della città, basta cliccare.

Una cosa da fare, per godere al massimo di tanta delizia: salire la mattina presto – magari in inverno – e assistere all’alba dalla cima, quando il sole scavalca la sierra e colora le mura della città. Momenti di rara perfezione, come ho già avuto modo di consigliare.
La bellezza dell’Alhambra è tale che da secoli si diffonde nel mondo, anche in modo del tutto improprio, come per esempio a Köningsberg.

le botteghe oscure di trivigante e amici sono tornate a casa

Dopo quasi dieci anni di peregrinazioni, le botteghe di trivigante sono tornate a casa.

920 fotografie (e post) testimonianze di commercio colpevole, dalla Norvegia alla Cina, dai fornai alle pompe funebri (outlet), dieci anni – come detto – di raccolte, grazie all’aiuto di AG, SF, AL, JO, LA, MB, FB, MG, MG, SB, MN, FM, FC e MM, nate prima come pagine statiche, poi erano diventate un blog come usava al tempo e, ora – finalmente! – tornate a casa, dentro trivigante.it: www.trivigante.it/botteghe
Un blog semplice, aggiornato e senza troppe pretese di aspetto, per mettere bene in vista le botteghe e niente altro sia sul web che, come impongono i tempi moderni, sui telefoni e su tutti i cosi. Ora le botteghe continueranno a crescere di qua e non saranno più, mai più, fuori di casa.

Ovviamente per chi vuole partecipare: posta[at]trivigante.it, luogo e tipologia. E titolo, se volete, il tutto ben gradito.

piazza della Loggia: la verità giudiziaria, finalmente

Due ergastoli confermati per Carlo Maria Maggi leader di Ordine nuovo e Maurizio Tramonte, informatore dei servizi segreti, riconosciuti anche dalla Cassazione come mandante ed esecutore materiale della strage di piazza della Loggia a Brescia, il 28 maggio 1974. Oggi si è scritta una verità, giudiziaria, ma una verità. Quella storica chi ha voglia di conoscerla, la conosce già.

[aggiornamento 21/06: pare che Tramonte si sia dato, vigliacco ancora una volta di più]. [aggiornamento 21/06 ma dopo: pare che Tramonte sia stato arrestato in Portogallo. Bene].

è il basso che comanda, è bene saperlo

Questa è Tina Weymouth al massimo della sua grazia e della sua potenza musicale.

Tina Weymouth, come si può notare dalla scarsità di corde sullo strumento che impugna, di lavoro faceva la bassista. E mica la bassista qualunque, bensì – è fatto piuttosto noto nell’ambiente – nei Talking Heads prima e nei Tom Tom Club dopo.
Tra le tante cose che Tina Weymouth ha fatto, ce n’è una che ha segnato un’epoca: un giro di basso pazzesco, nel 1977. Ossia, la linea di basso di Psycho killer, una delle più riconoscibili della storia della musica, che da sola è sufficiente a reggere il peso di tutto il pezzo: quando sono all’autogrill che aspetto il Camogli carbonizzato e alla radio parte Psycho killer, il mio corpo si muove ancor prima che io lo sappia consciamente. È solo dopo che comincio a cantare «Qu’est-ce que c’est?», fa-fa-fa-ffà.
A dimostrazione di questo, cioè che questa linea di basso è talmente potente da poter sostenere parecchi confronti, basta ascoltare cosa ne hanno combinato quei criminali che scrivono le cose per Selena Gomez: Bad Liar, un singolo del tutto campionato che non varrebbe una cicca in croce se non avesse, appunto, una robustissima linea di basso sotto. E poi capita pure di riascoltarlo, da matti.

ci sono posti più importanti di altri

Un anno fa, esatto, ero a Roma, in largo Torre Argentina.
Che è un bel posto, vuoi perché c’è tutta l’area sacra da ammirare dall’alto, vuoi perché lì – proprio lì – ci hanno ammazzato Cesare, col tuquoque, il coltello, la statua di Pompeo e tutto il resto, vuoi perché le rovine non sono a disposizione degli umani turisti e cittadini ma solo dei gatti, colonia numerosissima, vuoi perché questo è sempre stato un posto importante.
Infatti, ecco cosa saltava fuori a scavare un pochetto, nel 1928.

La testona della Fortuna, colossale. Così ci si fermò e si abolirono, per fortuna, i piani di costruzione e si scavò l’area archeologica, per la nostra gioja attuale.
Contento per essere lì, mi è capitato di indovinare una foto, e qui la metto.

Per tenerla in vista, più che altro.

laccanzone del giorno: Flake music, ‘The Shins’

Qualche mese fa annunciavo come fringuello felice l’uscita del nuovo disco degli Shins. Oltre alla gioja, sulla fiducia, mi chiedevo se nel nuovo disco ci sarebbe stata una nuova New Slang o una nuova Phantom limb, che sono i loro due capolavori assoluti (e chi dice il contrario è un ciciulamentine).
Ora posso più o meno dirlo: no, non c’è.
Però, però, c’è altro: ora gli Shins hanno ristampato un vecchio disco, quando ancora si chiamavano Flake music (dal 1992 al 1997, all’incirca) e in quel disco c’è una perla che sta alla pari. Eccola.


E la cosa buffa è che la perla si intitola «The Shins», per far ancor più tortuosi i percorsi. Che matti, ‘sti Flake music. No, Shins. No, Flake.
E grazie a scimpanzone che l’ha piazzata nella sua pleilista d’estate, qui.

io e Helmut Kohl nel 1991

Nell’estate del 1991 i miei mi portarono a Berlino: era il momento giusto per andarci, una Berlino così nessuno l’avrebbe mai più rivista.

Porsche e trabant, bancarelle con i pezzi di quello che doveva essere un muro più lungo della muraglia cinese, manifesti che inneggiavano ai soldi e al guadagno, gente felice che non ricordava nemmeno più dove passasse il muro, gente spaventata perché i soldi dell’est divennero improvvisamente carta straccia e i marchi dell’ovest altrettanto improvvisamente furono costosissimi. Era il posto dove essere, il posto da vedere. Good-bye Lenin racconta tutto molto meglio di me.
Tra le mille cose che accadevano, una ci colpì: davanti al palazzo del Bundestag si fermò un tram e ne scese un omone alto, grosso e pelato, che svettava su tutti per imponenza. Era Helmut Kohl, l’uomo determinante del momento in Germania e, direi, nell’Europa del tempo. Era semplicemente sceso da un tram per andare in parlamento e si era incamminato in mezzo alla folla.
Noi italiani? Secchi. Niente auto blu, niente sirene e, magari, i cecchini c’erano ma noi non li potevamo vedere, insomma il potere vero che non si comportava come eravamo abituati a vedere noi, a casa. Fummo molto stupiti e a tutt’oggi ne abbiamo, tutti, un ricordo preciso: quello era un momento da scorte su scorte. Eppure no, forse era solo costume tedesco, forse era un modo di dimostrare tranquillità e sicurezza.
Kohl è morto oggi e io ne conservo questo ricordo, a prescindere.