l’invasione

Ecco, ci siamo.

Ho, abbiamo sperato in molti, che non accadesse. Un’amica in Ucraina sentita stamattina mi ha parlato dei bombardamenti a tutti gli aeroporti del paese ed era lei a tranquillizzare noi, dicendo che sta bene. E poi, terrificante sentirlo, mi ha detto che non sa per quanto avranno ancora la rete, per poter comunicare. Un’altra, moldava, mi racconta che il figlio non può più uscire dal paese e, in effetti, lo spazio aereo è chiuso da stamane. Che fare? Prevale l’angoscia e il pensiero per ciò che è e per ciò che può diventare. Almeno, mi sono detto, non c’è Trump. Ma, ovviamente, non basta. Una parte di me continua imperterrita a dirsi che finirà a breve, si prenderà l’Ucraina mettendo su un fantoccio e occupando qualche parte del paese e finirà. Una parte di me, quella che si ricorda di più, si ripete che è proprio così che cominciano le cose.

Ma perché vivere così?

laccanzone del giorno: Procol Harum, ‘A Whiter Shade of Pale’

Che dire? Una canzone meravigliosa, chiaramente ispirata a Bach e Percy Sledge, evocativa, malinconica e progressiva insieme. Spiace dirlo oggi, dopo la notizia della scomparsa di Gary Brooker, ovvero uno degli autori, voce e tastiera della canzone, praticamente quasi tutto.

A me ricorda il grande freddo, questione anagrafica, ma se avessi avuto la possibilità di sentirla nel 1967 mi avrebbe colpito, eccome. Un singolo fenomenale, ancora non invecchiato per nulla e distinguibile da mille e mille altri per qualità, suono e melodia. Tra i pochi inarrivabili.

Trostfar, gentilmente, raccoglie tutte leccanzoni in una pleilista comoda comoda su spozzifai, per chi desidera. Grazie.

la sora Ceciarelli

Ciao, Monica Vitti. Mi ci ero affezionato, quel lato comico irresistibile che dalla ragazza con la pistola in poi fu buona parte di lei:

Vedi tu Nello me piaci perché sei moderno, personale, fresco, non romano e, come tale, hai un ideale nella vita, eh! Tu Oreste c’hai l’attrazione dell’omo fatto, sei generoso, morto riccio, forte. ‘Nsomma me piaci. Ma tutte e due c’avete diversi rovesci d’a medaglia.

E poi il tantino poco igienico, sublime sulla cima di monte Testaccio:

Tu sei geloso, materiale, arzi subito le mani come tu’ moje d’altronde, vizio de famija… e sei pure un tantino poco igienico. Quella vorta a Frascati, te ricordi? Facesti pure un rumore.

Ma era tante cose, ottima attrice drammatica, ottima doppiatrice, quante parti ha salvato, persona simpatica e gentile, donna bellissima e affascinante. Mancava già da tempo, ora di più.

Adelaide: Oddio! Me moro…
Nello: Adelaide…
Adelaide [rivolta a Nello]: Te perdono…
Nello: Non sono stato io. È stato lui!
Adelaide [rivolta a Oreste]: Te? Te pozzino ammazzatte!
Oreste: Ma come a lui “te perdono” e a me “te pozzino… ammazzatte”…
Adelaide [ultime parole]: A te te amo de più! [muore]

cheddiceilDanci?

Caro Celati,
il suo Guizzardi resta uno dei libri più divertenti che abbia letto, i giri scompisciati di un avventuriero senza famiglia scemo e scoordinato che più di trent’anni fa hanno colpito la mia immaginazione per non lasciarla più, in ottima compagnia dei personaggi di Pulci, di Ariosto, ovviamente di Rabelais, della famiglia di Durrell, degli sbalestrati cittadini di Quiriny, insomma di quella parte della vita un po’ irregolare in ombra che prediligo e di cui ambisco far parte.
Eran giusto venti giorni fa che, proprio nei dintorni di Comacchio, rileggevo i suoi racconti girovaghi della Foce, con la maiuscola, e mi dicevo che lei è proprio bravo, sia a scrivere che a raccontare che ad andare a piedi, mentre io ero lì con l’auto e con la scrittura ciao. E i posti eran proprio quelli, quelli suoi e dei suoi narratori, cioè ho guardato anche stavolta la realtà con lo sguardo un po’ stralunato e vagabondo che ho appreso, in buona parte, anche da lei.

Certo, poi lei ha fatto cose ben più serie, l’Ulisse io l’ho letto tradotto grazie a lei, mica paglia, ma resto in sostanza guizzardiano e dalle parti dell’estuario e della pianura.
Ora, caro Celati, lei è partito per un viaggio che spero sia fino in fondo uno dei suoi e io non posso che augurarle, di cuore, di camminare molto e con soddisfazione, di incontrare benzinai e baristi, di sedersi ogni tanto sul ciglio della strada a contemplare la pianura. Grazie, Celati, grazie di cuore. Faccia buon viaggio.

Coraggio

Un punto di riferimento. L. era questo per me, oltre a tante altre cose.
Non un punto di riferimento confessionale, non era la persona cui andassi a chieder consiglio per i miei patimenti, non sono io il tipo, tantomeno lei. Figuriamoci. Un punto di riferimento vero, capace di far sintesi, di andare al punto senza far venire meno la comprensione e tralasciare la considerazione, e di tracciare una direzione, alzando il livello del discorso, puntando più in alto. Non le si dovevano nemmeno spiegare le cose, bastavano poche parole che aveva capito. Che cosa rara.
Un modello, ecco cos’era per me. Tra le altre cose. Lo sguardo era molto più ampio, irraggiungibile, anche se tutto diventava chiaro come il sole quando lo condivideva, allora sì che era facile arrivarci, gli obbiettivi e l’impegno da metterci più significativi, più generali e più utili, senza perdersi nelle cose piccole o attardarsi con gli sciocchi. Era sufficiente per me ascoltare, farmi trascinare, bisognava aver pazienza perché talvolta tracimava ma ciò che imparavo anche in quelle occasioni era di grano spesso, più di quanto avrei raccolto da solo in molto tempo. Non si usciva mai da casa sua a mani vuote.

Perché scrivo queste righe, che sarebbero un po’ fatti miei, e semmai suoi, ma non certo di queste pagine? Cosa che infatti non faccio mai, o quasi. Perché devo andare avanti, scrivere la mia prossima cretinata e un punto tra ciò che è stato in questi giorni e quello che sarà nei prossimi lo devo pur mettere. Una separazione, una paratia per far sì che le mie sciocchezze, qui, non scivolino oltre, di là dove stanno i miei affetti privati, non si mescolino alle cose delle quali non parlo qui.

«Coraggio», mi hai detto quel giorno tremendo per me e così ho fatto, sono andato avanti senza lasciare nulla indietro. E così farò adesso, visto che mi diresti anche oggi, alla tua maniera, «Coraggio, cìcio». D’accordo, piglio il coraggio e vado, accolgo tutto quanto, moltissimi anni belli e la sofferenza e poi l’assenza che sarà, d’accordo, prendo la vita intera con quel che riserva e la porto con me ma L., porcocane, che dolore mi hai dato.

dal 22 novembre 2005

Nel 2005 non avevo nulla a che fare con lei, accolsi la sua elezione con indifferenza. La CDU e le sue posizioni mi erano talmente distanti che la presi come l’ennesima elezione di un destrocristiano in Germania.

Poi sono passati sedici anni dalla sua nomina a cancelliera, ne son successe di ogni e lei è diventata, di fatto, il baluardo europeo – anzi, dell’UE – di fronte a posizioni di apertura su immigrazione, diritti civili, sviluppo energetico del futuro. Certo, in un’Europa sostanzialmente debole ma almeno c’era lei. E che dire? Mi ci sono affezionato, politicamente ed emotivamente, e molte volte, molte, ho pensato con gratitudine al fatto che ci fosse lei a tenere dritta la barra dell’Europa. E ora sì, ora sono pure un filo preoccupato del fatto che se ne vada. Già. Come si cambia, eh? Non l’avrei detto.

[Qui un documentario di ARTE che fa un dettagliato bilancio di questi sedici anni].