Sopravvolando sul sentimento tra il riso e lo scoramento quando si sente il fascistume vario lamentarsi della ‘dittatura’, se terrorismo è – o volete che sia – allora sia trattato come tale. E a sinistra si è stati capaci di far pulizia, chiudere il discorso, individuare e isolare le aree di congiunzione tra il mondo operaio e quello delle varie sigle eversive. Avanti, forza, chiudiamo il discorso anche di qua. Poi, siccome non basterebbe, una bella registrata a tutti quei mondi che strizzano l’occhio ai fascistelli veri e pucciosi a destra, una volta no-green pass, una volta forconi, una volta gilet gialli e così via, giornali, Meloni e Salvini (memorabile la cretinata di lei ieri: «Sicuramente è violenza e squadrismo, poi la matrice non la conosco», gliela si mostri, presto), sottobosco politico, imprenditoriale, culturale che occhieggia continuamente e poi tira indietro la mano. Ma duri, santoddio, per una volta. Se c’è da rompere qualche altra Testa, io ci sono.
Per quanto riguarda il nostro paese o, almeno, il pezzetto che ne vedo io, c’è una diffidenza spinta e diffusa verso i vaccini tra le persone provenienti dai paesi dell’est, Romania, Moldavia, Ucraina, Russia e così via. Tale diffidenza io me la spiego, e non pretendo di essere esaustivo, con l’esperienza maturata sotto l’URSS, ovvero quando non c’era molto da fidarsi di ciò che veniva detto da Mosca. Nessun problema, tutto bene, e nel frattempo, magari, era esplosa una centrale nucleare in Ucraina e bruciava rischiando di rendere inabitabile mezza Europa. Le persone provenienti dall’est che conosco io svolgono perlopiù lavori come badanti, assistenti, collaboratrici domestiche, e i loro compiti professionali richiederebbero, eccome, la vaccinazione, per tutelare i loro assistiti e per svolgere il proprio lavoro in maniera sicura. E, invece, partecipano a gruppi su whatsapp e telegram che parlano di placente, embrioni umani, 5g, complotti e non so cosa, e buonanotte vaccino. Ne conosco personalmente due che, piuttosto che iniettarsi il vaccino del demonio, hanno deciso di tornare nei propri paesi d’origine, Ucraina e Moldavia, invalidando in qualche modo le intenzioni espresse negli ultimi anni qui. Tale diffidenza dev’essere ampiamente diffusa anche nei loro paesi d’origine se i dati dei morti negli ultimi sette giorni sono questi qui sotto.
La Romania è al 30% dei vaccinati, l’Armenia al 9, Lituania e Bulgaria al 70%, dichiarano, ma sono perlopiù giovani e in salute, gli anziani rifiutano in massa. Il che rafforzerebbe ciò che dicevo prima ma non prenderei troppo per buone le dichiarazioni dei governi di quei paesi su questa materia. Anzi, storicamente ci si sarebbe aspettati di ricevere pochi dati da loro, confusi, magari modificati, un po’ come è sempre stato all’inizio di ogni nuova ondata: i paesi nell’Europa occidentale rossi per i contagi e tutti quelli orientali verdi con dati molto bassi. Ciò nonostante, fossero anche comunicati al ribasso (vedi Bielorussia), i dati sono evidenti. Scrive una persona dalla Bielorussia con cui sono in contatto: «I beg you not to believe in 9 deaths [parla del dato di settimana scorsa]. Hospital are over-crowded and if you see the data about previous year, you will see that every day we have 9-10 death. No more, no less. Our fascist dictator hides true numbers in order to hide how big his fuck-up is», credibile. Se è così, va anche peggio, di là. Quindi, non solo alcune persone decidono di non vaccinarsi qui ma, saggiamente, decidono pure di fare ritorno ai propri paesi in cui, con evidenza, i dati di contagio e il rischio di contagiarsi sono di molto superiori. Bene, ottima idea. Che dire? Niente. Ingenuamente avrei pensato che avremmo affrontato una pandemia con la forza della scienza e degli elementi oggettivi di cui disponiamo, senza pensare – errore mio, è chiaro – che invece i fattori culturali sarebbero stati predominanti nelle scelte di persone e governi. E che gli individui, almeno finora, avrebbero avuto così ampi margini di scelta. Andiamo avanti, è solo questione di tempo per cui molti debbano capitolare di fronte alle evidenze ma tutto sarà più lento e faticoso di quanto, che bello sarebbe stato, avrebbe potuto essere.
Proseguono le proteste in Texas e in molti altri stati americani contro la legge, assurda, contro l’aborto entrata in vigore nello stato. Basti dire, qui ora, che la legge ricompensa con denaro i delatori che denunciano donne che hanno abortito o vogliono farlo o medici che li praticano o chiunque altro lo faccia, oltre alle persone che accompagnano, che pagano eccetera eccetera. Pura follia.
L’unico commento possibile è quello della signora qui sotto.
Attenzione, in Italia non siamo messi molto meglio. E della cosa bisognerebbe parlarne seriamente.
Cinque anni per togliersela dai piedi, madonna, cinque anni. E cinque anni di cretinate Cinque Stelle a Roma, riunioni sul tetto, diffidenza patologica, collaboratori silurati, cose che prendono fuoco, assunzioni assurde, assicurazioni a propria insaputa, si potrebbe andare avanti. La chiusura con il ponte dell’Industria che brucia e il deposito Atac, ieri, con trenta autobus a fuoco è una conclusione umiliante per tutti.
Come sia andata la Pre Cop26, ovvero la conferenza Youth4Climate, prenconferenza di una preconferenza in previsione di una vera conferenza sul clima, lo dice tutto questa foto.
Il ministro della transizione ecologica Cingolani, il meno convinto di tutti sulla transizione ecologica, con atteggiamento da boomer fa mansplaining spiegando a Greta Thunberg come stanno le cose, stronzeggiando con concetti del tipo: «Il peggior nemico in questo momento di transizione ecologica sono le ideologie. Qualsiasi blocco ideologico farà male ai nostri figli. Non bisogna ideologizzare le scelte tecniche», laddove le ideologie sono ovviamente quelle della difesa ambientale rappresentata da Thunberg. Lo sguardo di lei dice tutto, puntato, tra l’altro, sulla mascherina che, evidentemente, Cingolani non è in grado nemmeno di indossare correttamente. C’è tutto. Poi Thunberg ha fatto il suo intervento in cui li ha presi tutti a schiaffoni – ormai la invitano proprio per quello, almeno qui in Italia – e giù applausi, i più calorosi proprio da coloro oggetto dell’invettiva della giovane attivista. È proprio l’atteggiamento sciagurato di Cingolani, quello del sì-vabbè-ora-lasciaci-lavorare, totalmente disinteressato alla questione e non in grado di offrire alcuna alternativa o soluzione, che ci tirerà a fondo. Bastardi.
Che ridere Luca Morisi, anni di disonorata carriera e ora, guarda te, che le accuse siano fondate o meno non ha alcuna rilevanza, avanti col massacro. Che ridere anche se, ovvio, non ne trarrà alcunché di utile perché questi capiscono sempre dopo. E sarà comunque tardi ma nulla toglie al mio personale divertimento, ora me la voglio proprio gustare.
Per chi vivesse sulla Luna e per il me del futuro: Luca Morisi, responsabile da anni dei social della Lega e di Salvini, responsabile di una comunicazione aggressiva contro tutto e tutti senza alcun approfondimento né indagine né attenzione nelle accuse, spesso rivolte a soggetti deboli e non in grado di replicare, si è dimesso “per ragioni personali” settimana scorsa. Ieri salta fuori che tre ragazzi fermati dalla polizia e in possesso di quella che pare essere una sostanza stupefacente proibita, vedremo, hanno accusato Morisi di avergliela spacciata. Gli agenti hanno trovato sostanze stupefacenti a casa sua, poco dopo. Oggi ha ammesso e chiede tranquillità e rispetto. Ah, adesso sì? Ricorderò il solo Salvini che citofona a casa di una famiglia chiedendo se spaccino. Ecco.
Giusto, la rastrelliera per le biciclette a destra è al contrario, è evidente. Come poi è facile apprezzare, data la collocazione dei pali e della futura fermata dell’autobus, la pista ciclabile risulta essere quella all’esterno della carreggiata, quindi radente alle uscite di case e negozi. Specificare poi che la strada è stata interamente rifatta, marciapiedi, illuminazione, impianti, tutto, e completata pochi giorni fa, dà un sapore particolare a tutta la faccenda. Un buon gusto in bocca e nel naso. C’è forse altro da notare nell’immagine?
Ah, vabbè, altro gioco, trova le cinquecentonovemila differenze tra le immagini:
Così, per dilettarsi. (Inspiegabile, come sempre: perché perché perché fare le cose male?).
Tal Tobia Bufera scrive ieri una lettera a Repubblica:
«Negli ultimi sei anni ho lavorato quotidianamente ed esclusivamente per la stessa azienda. Ora, invece del contratto da dipendente, mi è stato chiesto di firmare un foglio in cui dichiaro di essere un fornitore esterno, rinunciando a qualsiasi diritto acquisito. Non so cosa fare: firmare e continuare a lavorare da finta partita Iva o dire basta a questo sfruttamento cercando un altro lavoro?»
Merlo, che gestisce la rubrica, risponde come dovrebbe: «Si partì con la flessibilità, che avrebbe reso moderno il mercato del lavoro, e si è arrivati ai trucchi del precariato eterno». Però Bufera, che in realtà è Fabio Butera, rivela sul proprio profilo social che il suo precariato è stato proprio a La Repubblica e che la proposta sconcia lì gli è stata fatta. Butera, infatti, è un ex videomaker precario di Repubblica.it.
Eccheccazzo, Repubblica. Sorpresi? Purtroppo no, spiace dirlo. Ma scocciati sì, eccome. Certo, l’errore è pensare che a Libero o a la Verità certe cose sia più normale farle e a Repubblica no, errore madornale, però dopo una vita a discutere con i cosiddetti qualunquisti al grido di ‘tanto son tutti uguali’ queste son cose che fan male.
Naturalmente non credo che ‘siano tutti uguali’, la mia spiegazione: è Repubblica che, ormai, con Gedi è andata di là, dai cattivoni. Le diversità esistono, eccome. Ma non più di sistema politico, destra o sinistra, bensì di condotta. Repubblica è ormai persa, con la Stampa, e non da oggi.
facciamo 'sta cosa
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