
Cingolani, disgraziato ministro della transizione ecologica, è decisamente il peggiore.
Cingolani, disgraziato ministro della transizione ecologica, è decisamente il peggiore.
Ovvero, la mia esperienza diretta con il novaxismo e, ovvio, l’imbecillità.
Ecco i fatti di oggi e le premesse necessarie.
Ai primi di ottobre la badante dice che no, il vaccino non lo fa, essendo tutto un complotto, e che piuttosto che esserne costretta tornerà in Moldavia. Io ne sono francamente sollevato, già il fatto che una che fa quel lavoro non abbia la coscienza di capire l’importanza del vaccino, non solo per sé ma per chi assiste, è di per me sufficiente per mandarla via. Ma non sono io che decido, quindi si è aspettato fino all’obbligo.
Poi, dieci giorni dopo, ci ripensa e promette che farà tutti i tamponi del caso, quasi supplica, d’altronde il rapporto con la badata è buono, la situazione pure, la Moldavia lontana, preferisce restare. Io la manderei via, dico. Insisto un po’ ma capisco, non posso piantare un chiodo. Provo a obiettare che il tampone non protegge da alcun contagio e che, comunque, la badata non sia in grado di verificarne la validità ogni quarantotto ore, ma non posso andare oltre. Si opta per i tamponi, la legge lo permette, la badata è contenta e non si variano i delicati equilibri. Resta. Le vedo solo io le nubi oscure all’orizzonte?
Stamattina sto facendo colazione con il giornale e pregustandomi il mio primo giorno libero da tempo, intendo in cui posso lavorare tranquillo, quando arriva la telefonata: badante ricoverata con ambulanza urgente. Cagotto fulminante? No, covid. Poco più di un mese è durato il giochino, bene. Valutazione della situazione: una badata che per sua stessa natura non è in grado di badare a sé stessa nemmeno per alcune ore, figuriamoci una notte, una possibile infezione, una casa contaminata, la cosa va risolta con urgenza. Portare la badata a casa di qualcuno è un’opzione da scartare, vista la possibile positività al contagio, o comunque da valutare solo come ultima possibilità. Ottimo, pago la colazione e amen, piglio lo scivolo verso il lago fetente.
Ci assumiamo la dose di rischio minima ma necessaria e occupiamo casa della badata, per darle da mangiare, assisterla il necessario, organizzare le cose. Mascherine, gel e solenni chiamate a raccolta di tutti i santi. Poi telefonate a destra e a manca per cercare una badante disponibile fin da subito, che sia disponibile per la notte e così via. Nel frattempo, consulto medico per la badata, prenotazione del tampone serio, bisogna aspettare due giorni per ordini del medico. Comodo. Dopo qualche ora, la prima parte di miracolo: troviamo una badante disponibile, la incontriamo, la rendiamo edotta, tutti i pezzi si incastrano, questa l’abbiamo risolta. È vaccinata e, ho un mancamento, dice: ci mancherebbe, visto il lavoro che faccio. Da non credere. Si tratta di una delle combinazioni più difficili da trovare al primo colpo, l’equivalente di un sette al superenalotto nel gioco della vita assistita, un ago trovato in un pagliaio grande come l’egoismo di un no-vax. Sono ancora incredulo.
Poi, questione casa: serve disinfettarla e disinfestarla. Abbiamo bisogno di una mano specializzata, mi attacco al telefono. Mi rivolgo alle imprese di pulizie, quelle grosse con il numero per le emergenze 24 ore su 24. Risposta della prima, della seconda, della terza, della quarta: no, ci spiace, noi non possiamo intervenire finché non c’è un tampone negativo della badata. Ossignoresanto, se c’è il tampone negativo allora è una pulizia normale, o no? Ho la faccia e la mente basite. Mettetevi le tute spaziali e venite o non è il vostro lavoro? Noi cominciamo ma abbiamo bisogno di una mano per fare tutto e farlo a modo. E come sempre accade quando chi dovrebbe non lo fa, bisogna rivolgersi a chi per disponibilità e bisogno di soldi accetta: una ragazza moldava anche lei che, resa edotta e bardata in sicurezza, ci aiuta.
Sono ancor più incredulo, forse vediamo la soluzione di una così robusta catena di casini. Dovuti a una sciagurata che fa scelte scellerate. Ora le conseguenze indirette: tutti noi da ora siamo in quarantena, in attesa di tamponi al momento giusto. Ottimo, una bella ciliegina su un tortino fecale. Prenotiamo, aspettiamo l’arrivo della nuova badante, che ha persino lo stesso nome così la badata può apprezzare una certa continuità, e ci guardiamo incapaci di credere al fatto che ogni cosa, forse, sia andata a posto, o quasi. Nemmeno l’A-team avrebbe agito con tanta prontezza, adoro anch’io i piani ben riusciti.
E ora via, verso una nuova avvent… quarantena. Magnifico. Una persona, oggi, ci ha aiutato tanto (T., grazie di cuore, ogni parola non basta) e una è stata la causa di tutto. Per cui, per quanto mi riguarda, da oggi basta: è guerra aperta con tutti i no-vax e no-green pass e no-qualsiasi altra cosa relativa alla pandemia, ovvero tutti quelli che pensano di aver capito e che le proprie scelte non ricadano sugli altri, d’ora in poi non c’è più comprensione né considerazione né silenzio. Appena esco dall’isolamento.
Fanculo.
In campo gli scieziati no-vax, atenzione. Non cielo dicono ma loro sano come stano le cose.
Così, tre tra tante. L’ultimo, poi, si vede anche a guardarlo che ne sa più degli scieziati, lombrosianamente.
Il tizio no-green pass che sabato in manifestazione con il corteo viene fermato dalla polizia e pensa bene di chiamare il 112 per chiedere l’intervento delle forze dell’ordine ci porta tutti in un cortocircuito di surrealtà dal quale sarà difficile fare ritorno. A me gira ancora la testa.
Dopo di che, qualche risposta alle prime domande: no, non gli è ancora stato tolto il diritto di voto, e sì, il suo voto vale come il mio e il vostro. E sì, lui è nella storia.
Ci risiamo.
Capisco l’occasione commerciale, d’accordo, ma detta così sembra lo scadente titolo di un film sottoDisney in cui un vecchio cattivo o un gigante hanno rubato il Natale, o l’ora della merenda, e i nostri eroi – saggiamente assortiti, maschio, femmina, cane, gatto, sailcavolo – si incaricheranno di recuperarlo e fare felici tutti.
Sì, ce la faremo, il pranzo col cappone e il panettone e il vischio sarà salvo, per fortuna. E con essi la bontà nei rapporti e nelle famiglie. Il resto? A cazzo.
E così la legge Zan è stata affossata al Senato. Il centrosinistra, a detta loro, era sicuro di avere 149 voti, poi due si sono astenuti e 16 senatori hanno votato contro, 154 no e 131 sì. Quindi: qualcuno non sa fare i conti. Quindi: qualcuno non ha capito i renziani (Zan stamane: «Sono convinto che Italia viva voterà con noi e la tagliola non dovrebbe passare»). I capogruppo servono a quello, a evitare le convinzioni e avere certezze. «Sospetti sui renziani, dicono». Quanti sono i senatori di Italia Viva? Sedici. Impossibile capire. Ma niente, anche stavolta.
La mia impressione è che in Italia la discussione di certe questioni basti di per sé. Il resto è opzionale. I dico, i pacs, i diritti civili, la legge elettorale, lo scioglimento di Forza Nuova poche settimane fa. La discussione è il senso, il significato, il contenuto.
Poi si passa ad altro. Poche settimane fa l’Afghanistan era la prima urgenza del paese civile, come due anni fa i ponti o pochi mesi fa le funivie, se n’è parlato a tal punto che ora so cosa siano i ponti strallati e le ganasce delle cabine delle funivie, e ora? Niente, via, cosa stavamo dicendo?
Giulia Schiff, un’ex allieva dell’Accademia dell’Aeronautica di Pozzuoli, si è ribellata alle pratiche di nonnismo connesse al “battesimo del volo” a fine corso – è stata colpita ripetutamente dai commilitoni, sbattuta contro una lamiera con la testa e gettata in una piscina -, è stata espulsa per «inattitudine militare e professionale» e TAR e consiglio di Stato hanno rigettato il suo ricorso, che sarebbe una «affermazione apodittica non supportata da alcun concreto elemento probatorio». C’è pure un video, se ne potrebbe discutere. A breve comincerà il processo penale.
Quarta su duemila del corso, non potrà diventare pilota dell’aeronautica. «Mi rifiuto di accettare di essere schiacciata da una situazione disonesta avallata dall’omertà. Merito giustizia e di perseguire il mio sogno», ha detto, e ha solo ragione da vendere. Qui la sua storia.
Alcuni casi – almeno in Lombardia di cui io sono a conoscenza direttamente – di dipendenti pubblici in sciopero improvvisato «contro il green pass», prima dal 15 al 20, e poi dal 22 al 31. Annunciandolo peraltro il giorno stesso e interrompendo il servizio. In questo caso siamo molto ma molto al di là della decenza e della responsabilità, spero fiocchino denunce, multe e sospensioni o licenziamenti. Non ci meritiamo queste persone.
L’obbligo del green pass sui posti di lavoro, perlopiù non serve a spingere le persone a vaccinarsi, non solo. Serve, e in questo funziona, a monitorare con precisione lo stato di salute di coloro che non sono vaccinati, portando così a galla tutti i casi di positivi asintomatici e, in generale, di contagiati.
Un paradosso ma non troppo: se sei contro il green pass perché non vuoi essere controllato, vaccinati. E nessuno ti guarderà più. Mescolati nella massa, tordo.
Detto questo, ricordo perfettamente la situazione di un anno fa, sapevamo già che dal 5 si sarebbe chiuso tutto, di nuovo, e io andai il 2 novembre a Venezia per godere dell’ultima ora d’aria. Con atmosfera che dire mesta è dire poco. Oggi io sono contento che la situazione sia migliore, e di molto, e sono grato a tutti coloro che hanno fatto e fanno la propria parte, a volte sacrificandosi, perché lo sia.
Concita De Gregorio, con la quale da tempo non prenderei nemmeno il caffè, scrive ieri cose sacrosante:
Anche meno enfasi, in generale, aiuterebbe. Soprattutto nei giornali, che – capisco – le lettere che entrano in un titolo sono poche ma serve uno sforzo: non tutto può essere boom, flop, choc o, quando in italiano, per esempio ieri, trionfo, disfatta, faccette nere o cappotto rosso. A parte il fatto che tutto questo alzare il fuoco aumenta lo stato d’ansia, genera un clima di allarme permanente che cambia segno da un giorno all’altro, però, dunque tanto vale non preoccuparsi mai, lasciar perdere. Soprattutto, in sostanza, non è vero.
Sono d’accordissimo e non solo, questo atteggiamento mi crea un mal di stomaco perenne che – a me, convinto fruitore di giornali, informazione e discussione politica da sempre – mi sta obbligando al distacco e al disinteresse, che sia Repubblica, il Manifesto, Radio Popolare, il Cronista di Viggiù o altro. Prosegue:
Non è che l’Italia l’altro ieri era di destra e oggi, dal giorno alla notte, è di sinistra. Né l’uno né l’altro. Hanno votato sei milioni di persone su cinquanta, soprattutto nelle grandi città. Più della metà di quelli che potevano farlo non è andata a votare per ragioni diverse, a volte più d’una. I candidati erano così così, niente di appassionante a tutte le latitudini, ma quelli di destra erano peggio. I minimi storici. La Lega di lotta e di governo confonde le idee, uno non capisce se sta dentro o sta fuori. Gli assalti alla Cgil di pregiudicati a torso nudo non devono aver appassionato l’elettorato conservatore borghese.
(…) Alla fine, la barca va. Non credo che si segnali un cambio d’epoca. Semplicemente la sinistra, in campo ristretto, a questo giro ha fatto meglio.
Naturalmente De Gregorio non accenna a quante copie in più riesca a vendere il giornale per cui lavora quando alza i toni e aumenta l’enfasi (due giorni fa su Trieste titolava: «Italia a rischio blocco» per qualche ritardato interessato al porto, come si è visto), né quanto questo meccanismo faccia comodo a tutti, dalla classe politica che si trova riportata ogni giorno in prima pagina all’ultimo quotidiano che per non perdere lettori deve sparare, gioiosamente, il titolo a nove colonne. Né, peraltro, di come questa cosa sia del tutto trasversale, di come anche a sinistra ci sia, da sempre, una specie di pessimismo soddisfatto nel ripetersi tra compagni e amici come tutto vada male e sia irrecuperabile, senza rendersi conto di farsi la terapia aggratis sulle spalle di qualcun altro e poi riprendere come nulla fosse.
Chi ci perde, in tutto questo? Ci perde l’elettore, ci perdono le persone dotate di coscienza che, anche se dotate di buona volontà, per sopravvivere all’ansia, all’allarme permanente si distaccano, si disamorano, si dedicano al giardinaggio per non tormentarsi le interiora ogni giorno. Come capita a me, che nel mio piccolo per stare a questa pagina ho smesso da un bel po’ di fare l’almanacco. Persone che, poi, magari, come esito ogni tanto non vanno più nemmeno a votare.
E sarà a quel punto, per concludere il cerchio e già ci siamo, i titoloni dei giornali sull’assenteismo, sul disinteresse e sulla gente che non va più a votare e sulla degenerazione della democrazia, sempre più forte, sul ruolo di internet, sulla perdita della socialità. Senza prendersi, quasi mai, la briga di capire davvero perché e, forse, dirsi che se ne ha un po’ di colpa.
Un anno e mezzo e qualche pistola ancora non ha imparato.