mandateci l’ebreo (3)

Quella qui sotto è una delle fotografie che possediamo della famosa breccia di Porta Pia, tutta a destra, ovvero la parte delle mura aureliane di Roma che fu abbattuta dai bersaglieri il 20 settembre 1870 alla presa di Roma.

Il Papa promise scomunica, mandarono avanti un giovin ebreo. La storia è sapida e breve, l’ho già raccontata; volevo aggiungere la foto, davvero notevole, di Lodovico Tuminello che documentò di persona i fatti.

guarda come ti promuovo la città in modo disteso

Me ne sono capitati due, finora, e curiosamente entrambi belgici. Forse non è una coincidenza.
Sto parlando di film veri e propri, lungometraggi con attori e, ehm, una trama girati allo scopo di promuovere una città e le sue bellezze architettoniche e artistiche. Si capisce fin dal titolo e ogni inquadratura o quasi è un esterno e un dialogo estemporaneo non perde l’occasione di spiegare cosa si stia vedendo e quanto, ovviamente, sia bellissimo. Non si tratta di film latamente promozionali come potrebbero essere tutti quelli ambientati a New York, sono proprio film girati a quello scopo, in cui la trama rasenta il ridicolo e ogni accadimento del film ha l’unico scopo di collegarsi a qualche elemento della città.
Il primo film che ho visto è ‘In Bruges’ ed è, strano, ambientato a Bruges. Lo dico bene: ‘In Bruges – La coscienza dell’assassino’, di McDonagh del 2008. Storia di due sicari e del loro capo, il cast è notevole, Colin Farrell, Brendan Gleeson, Ralph Fiennes e la trama ha una sua qualche consistenza, essendo tratta liberamente da ‘Il Calapranzi’ di Pinter. L’unica cosa pretestuosa è Bruges, però va detto che la promozione è smaccata ma, proprio per quello, anche abbastanza furba: perché mostrando le bellezze indiscutibili della città aggiunge qualche battuta disinibita che stempera un po’ il senso della marchettona: «accetterò qualunque punizione… carcere, morte… non ha importanza! Perché almeno in prigione o anche da morto non sarei più stato in questa cazzo di Bruges!», prosegue Ray: «Ma poi ho avuto come un flash… cazzo ragazzi, forse è questo l’Inferno: dover passare l’eternità in questa cazzo di Bruges. E allora ho sperato tanto di non morire. Ho sperato proprio tanto di non morire». Ahah. E non contento: «Se fossi cresciuto in una fattoria, e fossi ritardato, Bruges mi avrebbe impressionato ma non è così».

Purché se ne parli. Potrei andare avanti: «”Andatevene da Londra, deficienti rincoglioniti. Andate a Bruges”. Non sapevo neanche dove cazzo fosse, Bruges. È in Belgio». Confermo. Ovviamente quando c’è da cadere da una torre lo si fa dal Beffroi, quando c’è da inseguire lo si fa sui canali e via così, di scorcio in scorcio non casuale. Quantomeno, la levatura degli attori e il vago senso della trama danno una patina, minima, di credibilità all’operazione, tant’è che fu presentato al Sundance, marchetta, ed ebbe pure una nomination. Alla sceneggiatura, quindi a Pinter.

Il secondo film l’ho visto ieri sera a tripla velocità ed è ‘Un’estate ad Anversa’ di Hamacher, 2021, roba tedesca ma trasportata di là. Stesso scopo, la promozione della città, e francamente inguardabile. Non perché il genere sia, come dicono, romance, vabbè, ma perché la trama farebbe schifo a una sceneggiatrice di otto anni e non ha alcuna consistenza. Lei arriva con un lavoro di prestigio in tasca e un fidanzato biondo e inserito, che si capisce subito che sarà asportato chirurgicamente, una nonna alla ricerca di un’amica dispersa dalle vicende dell’Olocausto, e fin dal minuto due – della velocità normale – entra in scena l’altro, scapestrato gestore di una caffetteria con vespa che si capisce che prenderà il posto del biondo con la facilità con cui un gelato si squaglia in un forno. Lui, per nulla pretestuoso, inoltre fa la guida della città, così ha modo di raccontare parecchi aneddoti piuttosto inutili alla protagonista, alla nonna e alle amiche della nonna, tutte cotte a puntino e pronte a farsi sue.

Il film è talmente una baggianata promozionale che è distribuito liberamente, qui, e il lavoro dell’Ente del turismo è fatto. Ed è anche mica sbagliato, perché in effetti Anversa è affascinante non poco, c’ero qualche giorno fa e l’anno scorso, idem Bruges, e il film se visto a tripla velocità e se si sa i luoghi che sono e magari si sta lucidando il parquet, allora diventa pure accettabile. Magari senza audio. Io lo sapevo, l’ho guardato per quello e, comunque, se nel titolo c’è il nome della città già qualcosa si può subodorare; e sono contento di averlo fatto perché, modestamente, soddisfacevo le tre condizioni di qui sopra.
Ecco qua, niente premi o candidature per ‘Un’estate ad Anversa’, e ci mancherebbe, e sono i due film più smaccati a tema turismo locale che io abbia mai visto. Ne esisteranno altri o sarà, finora, una brillante intuizione belga e degli uffici promozione locali? Non so, al momento, il me del futuro lo scoprirà. O, magari, il me del passato lo sa già e non se lo ricorda.
Come al solito, lo scoprirò solo vivendo. Che è un po’ quel che conto di fare nei prossimi tempi anche, magari, a Bruges e Anversa.

saremo per sempre tuoi amici

Sto sgusciando come una biscia nel traffico quando passo davanti alla sede di Forza Italia, abbandonata da anni se non per le vetrine, e colgo qualcosa di nuovo.
Mi fermo e fotografo.

È chiaramente una minaccia. Una minaccia vera. E il cuore servirebbe a sviare ma, nel mio caso, non fa altro che acuire il senso di pericolo. Come il partito dell’amore di allora, ugualeuguale.

posso ricevere IT-alert se il telefono è spento?

No, te pare? Martedì prossimo simulazione di allarme:

Martedì 19 settembre alle 12 i telefoni cellulari in Lombardia saranno raggiunti da un messaggio di test IT-alert, il nuovo sistema di allarme pubblico nazionale.
Tutti i dispositivi agganciati a celle di telefonia mobile nella nostra regione suoneranno contemporaneamente, emettendo un suono distintivo diverso da quello delle notifiche a cui siamo abituati.

Blurp. Squott. Kazamm. Questo per la Lombardia, altrove è già successo o succederà. Poi tranquillizzano:

Chi riceve il messaggio di test non ha nulla da temere e non dovrà fare nulla tranne leggere il messaggio.

Io temo di NON riceverlo, questo temo. Che poi c’è la radiazione e a me non lo dite. A che servirà? A questo:

(…) informare direttamente la popolazione in caso di gravi emergenze imminenti o in corso, in particolare rispetto a sei casistiche di competenza del Servizio nazionale di protezione civile: maremoto generato da un terremoto, collasso di una grande diga, attività vulcanica (per i vulcani Vesuvio, Campi Flegrei, Vulcano e Stromboli), incidenti nucleari o emergenze radiologiche, incidenti rilevanti in stabilimenti industriali o precipitazioni intense.

Il maremoto generato da Godzilla o asteroide no, non compete. Siccome il timore è però una valanga di telefonate al 112,

un gruppo di ricercatori, dottori di ricerca e liberi professionisti nel campo della psicologia e dello human factor ha redatto alcuni messaggi, variando leggermente contenuto, registro linguistico e termini da sottoporre a una platea sufficientemente significativa di persone, per poi analizzare i feedback ricevuti e constatare quali messaggi venissero compresi meglio.

E questo è un bel tema, son proprio curioso di leggere. Comunque, io un avviso così l’ho già ricevuto tre settimane fa in Polacchia, era un avviso meteo:

Bravi, in inglese per telefoni stranieri. In Polacchia il genere di alerts è invece i giorni pari per sconfinamenti russi, in quelli dispari sono i tedeschi. Vabbè, che spirito.

Poi mi dico, ma pensa, dico pensa se il 19 succede qualcosa per davvero. Non è un test, non è un test, è un vero allarme. Seeee. No, cazzo, davvero DAVVERO, i messaggi. Mavaaaa. Certo che se poi dovessero cominciare a usarlo per le allerte meteo, vedi precipitazioni intense, toccherebbe pure bloccare il numero. Dai, lo so che non c’è il numero, era per amor di battuta. Interessanti anche le sperimentazioni per temi, i primi due suggeriti lasciano temere qualcosa:

l’esecuzione di alcuni test che hanno riguardato l’implementazione tecnologica, l’invio e la ricezione dei messaggi in vari formati, l’analisi dei primi feedback, come avvenuto durante le esercitazioni di protezione civile “Vulcano 2022” e “Sisma dello Stretto 2022”.

Suggerisco a seguire “Crollo Ponte sullo Stretto 2028”, “Anormalizzazione Vannacci 2024”, che poi fossi sulla subsidenza ai Campi Flegrei un po’ di scaramanzia la spalmerei sulle parti molli.

Sarebbe in definitiva molto bello infiltrarsi nel sistema e mandare qualche messaggio di quelli che dico io. Tipo: “Cosa stai facendo?”. Mmm, bello, questo già lo sognavo ai tempi dei pannelli a messaggio variabile in autostrada. “Guarda che ti vedo”, così, debbotto. E uno dall’altra parte a chiedersi, guardandosi attorno un po’ ansioso, non male.

peccato per la ristrutturazione (Marie Curie e i due elementi pestiferi)

Marie Curie o, come diciamo noi che cerchiamo di liberarci del patriarcato a costo di slogarci la lingua, Maria (Salomea) Skłodowska, visse pochino a Varsavia. Ci nacque, ci studiò un po’, poi andò a servizio dagli Zorawsk «a tre ore di treno e quattro di slitta da Varsavia» e poi, saggiamente, alla prima occasione se ne andò a Parigi a studiare e far fortuna, a ventiquattro anni nel 1891.
A Varsavia, appena fuori dalle mura della città vecchia, c’è la casa in cui nacque. Una bella casa, perché il padre Władysław fu scienziato, educatore e traduttore, la famiglia della piccola nobiltà terriera. Oggi la casa, ampia per ospitare la famiglia numerosa, è adibita a Museo Maria Skłodowska-Curie, eccola qui:

Bella, per carità, tutta ristrutturata a beige, forse con i fondi europei. Peccato, però, perché fino a qualche anno fa, la vidi per la prima volta nel 2015, la casa era non solo un po’ sgarruppata come si conviene alla vecchia Europa ma aveva in facciata, colpo di genio, disegnati due impertinenti radio e polonio che scorrazzavano come matti, liberati dalla provetta della scienziata.

Se il radio, Ra, 88, fu così nominato dal radius latino, il polonio, Po, 84, fu così chiamato per ragioni geopolitiche, per porre l’attenzione alla lotta per l’indipendenza della Polonia, alle prese per l’ennesima volta con l’occupazione russa. Nel 1911, Maria Skłodowska fu insignita del nobel per la chimica proprio per la scoperta e l’isolamento dei due elementi, dopo il primo nobel per la fisica del 1903. Intenzionalmente, non depositò il brevetto internazionale per il processo di isolamento del radio con la volontà di agevolare la ricerca scientifica, consapevole e delle potenzialità dell’elemento e della sua insita pericolosità. Che, tra l’altro, fu tra le cause della sua morte e del fatto che, ancora oggi, le sue spoglie sono chiuse in una bara di piombo al Pantheon e le sue carte conservate in scatole dello stesso materiale e possono essere consultate solo con una tuta protettiva.
Tornando alla casa, mi piaceva di più prima, con quei due cosi a correre tra le finestre. Per carità, non che lei, Maria (Salomea) Skłodowska, fosse una burlona, tutt’altro – ma tralascerei di menzionare i commenti di Einstein al riguardo, sicuramente eccessivi e dettati da una certa qual scadente consapevolezza dei rapporti tra i generi – e, quindi, forse il museo richiede maggior serietà ma è pur vero che qualche guizzo in più, anche gratuito, rende più attrattiva la scienza per noi poveri profani ignoranti.

Poco riuscito è il monumento poco lontano, che se si capisce cosa tenga in mano tutta la parte della tunicona meno, sempre in tema polacco mi ricorda la statua orinale del papa a Termini. È quel che succede, di solito, nei posti che celebrano chi se n’è andato presto e ha fatto fortuna altrove, vedi Salisburgo con Mozart, i ricordi sono un pochetto pretestuosi e mal riusciti. Val piuttosto la pena risegnalare un ricordo di Maria Skłodowska molto più valido, ovvero il film di Marjane Satrapi, Radioactive, dal fumetto di Lauren Redniss. Ne avevo parlato qui, insisto, proprio bello e commovente. Che così, guardando il film, si impara pure che Maria Skłodowska fu anche militante per tutta la vita e durante la prima guerra mondiale si pigliò su la figlia Irène, Nobel pure lei e io mi sento proprio idiota, attrezzò un’auto con una macchina per le radiografie portatile e se ne andò al fronte per salvare più vite possibile. Al fronte, capito?