laccanzone del giorno: Jen Cloher, ‘Analysis Paralysis’

Di solito, capita che le cose che accadono in Australia restino in Australia. Ma talvolta, per fortuna, no. Com’è successo per Courtney Barnett che è cascata sul mio piatto dei dischi alcuni mesi fa, ora è il turno di Jen Cloher, probabilmente la cantautrice australiana più interessante degli ultimi anni. Che è, anche, la moglie di Barnett, e così il cerchio si chiude.
Cloher quest’anno ha pubblicato il suo quarto disco di una decennale carriera ed è, vediamo… come dirlo?, bellissimo. L’ho comprato ieri e devo dire che l’ascolto è continuo, in particolare della seconda canzone, Analysis Paralysis: Paralysed / I’m paralysed / In paradise / While the Hansonites / Take a plebiscite / To decide / If I can have a wife. Un po’ alla Liz Phair senza gli eccessi ma con la testa, chitarra ritmica, basso, batteria e una chitarra a seguire, il disco è davvero notevole. Ecco qua, una bella tirata da oltre sette minuti:

Tra i musicisti del disco c’è anche il mio amico Kurt il Vile, che è in tour con Barnett per l’uscita del loro disco comune. Insomma, una famiglia allargata che mi dà grandissime soddisfazioni: grazie a loro. Infine, Cloher per una decina di giorni è ancora a tiro in Europa, il che di certo meriterebbe, eccome.

laccanzone del giorno: Kesha, ‘Woman’

Tornata dal lungo purgatorio legale cui l’ha costretta la denuncia del suo produttore, Kesha – senza più la volgare ‘$’ dei dollari – ha pubblicato un disco interessante, nel suo genere. Che non è il mio, ma c’è un pezzo, Woman, che è decisamente potenziato dalla presenza della sezione fiati e di Saundra Williams dei Dap-Kings, l’indimenticabile e insostituibile band di Sharon Jones.

Il ritmo soul funky è dovuto a loro ed è il fattore decisivo nel pezzo: non è l’unico caso, basterebbe ricordare Rehab di Amy Winehouse che deve parecchio proprio a loro, i Dap-Kings appunto, al completo.
I buy my own things, I pay my own bills / These diamond rings, my automobiles / Everything I got, I bought it / Boys can’t buy my love: la rivendicazione non è delle più fini ma è comprensibile, dopo il processo. Buon pezzo, divertente a 1:13 quando scoppia a ridere, si fa ben ascoltare a parer mio e di qualche milione di persone, almeno quindici, là fuori.

pecunia non puzzat

E nel 1985 l’American Express, come è ovvio e come ahinoi ci si deve aspettare a questo mondo, non storse il naso di fronte ai milioni di milioni di dollari di Pablo Escobar e gli fece una bella carta di credito per le esigenze spicciole.

Anzi, in quel periodo l’America il naso lo teneva bello dritto, pronto a pippare i milioni di tonnellate di coca in arrivo dalla Colombia. Anni belli, e che bei ricordi con Reagan e Thatcher e DJ Television, proprio.
[L’immagine è vera, tratta da Juan Pablo Escobar, Pablo Escobar. Il padrone del male].

il bravo candidato

Unico a sopravvivere tra gli otto candidati del M5S, ridicoli e farlocchi (una alla voce ‘competenze professionali’ del curriculum online ha scritto: NADIA NADIA NADIA NADIA – che è il suo nome, sì – e un altro si qualifica come ‘vegano contro il signoraggio)’, Di Maio fa fin da subito la cosa giusta: bacio deferente all’ampolla con il sangue di San Gennaro.

Un colpo al vescovo e un colpo all’ampolla in favore di fotografo. Da adesso ci si diverte, immagino.

Aggiornamento: la migliore, in tema, come spesso accade è di Spinoza:

Di Maio bacia la teca di San Gennaro. Ma rimane Di Maio.

l’inquietante principessa del popolo

Splendido e irresistibile l’omaggio floreale a Diana, nel ventennale della morte.

Il luogo è Chesterfield, ovviamente in Gran Bretagna. Mi immagino la scena, il fioraio che garantisce che sarà fatto un ottimo lavoro, sì sì.
Chesterfield è nota ai pochi per la guglia della propria cattedrale, la quale guglia a un certo punto, senza nulla chiedere né avvisare, ha cominciato a intorcolarsi su sé stessa e a inclinarsi. Il motivo? La vista del sorriso floreale di Diana, chiaro.

O, meno probabilmente, le tegole di bosco e non di ardesia scaldate dal sole.

l’educazione del manager tedesco

Come avevo già avuto modo di notare, il book crossing è pratica molto diffusa in Germania: non solo sono disponibili scaffali nei luoghi strategici della città, ma è facile vedere i cttadini tedeschici che ne fanno uso per davvero. Non solo un’idea teorica da proporre in campagna elettorale o nel circoletto di amici.
Infatti, le due persone qui sotto, che ho incontrato a Heidelberg nel momento in cui scartabellavano libri, non sono comparse né attori prezzolati.

Ad Hannover non c’era nessuno ma erano anche le due del pomeriggio.

Ad Augsburg (Augusta), lo scaffale è disponibile in un parco pubblico, così uno poi casca nell’erba tempo permettendo e si diletta di amene letture. Anche questi non sono attori ma persone vere, tedesche, capaci evidentemente di leggere.


La cosa buffa è stata osservare i titoli disponibili da vicino, un tuffo al cuore e un momento di gioia improvvisa vedere il titolo più in vista dello scaffale. Eccolo:

Che dire? Niente, l’unica come al solito è sospirare e vedere che c’è un sacco di gente che vive meglio di noi. E basterebbe poco, davvero poco.