Contemporanea.

Contemporanea.
È di nuovo il due agosto, come scrivevo l’anno scorso molto sappiamo della strage, degli ambienti in cui maturò, di chi vi prese parte.
Oggi sappiamo qualcosa di più anche sui mandanti, sebbene sia l’ambito ancora più oscuro, e la situazione è in movimento: è di qualche giorno fa la deposizione dell’ex-moglie di Bellini che ne ha smontato l’alibi, arrivò a Rimini molto più tardi, quella mattina, e il volto che appare nel video in stazione è il suo. Quell’alibi che gli permise di uscire dal processo e che invece, ora, lo fa rientrare a pieno titolo come quinto uomo.
Si ricorda e si continua a cercare, ogni pezzo in più è un piccolo riconoscimento alla memoria dei morti, almeno si sappia come e perché, che i colpevoli paghino.
E a questo punto dovrebbero entrare in gioco gli storici, ce n’è bisogno.
Ancora l’Attilio!
L’Italia, diceva poco tempo fa, non può «accettare tutti», poi purtroppo spiega anche perché. «Non possiamo perché tutti non ci stiamo, quindi dobbiamo fare delle scelte. Dobbiamo decidere se la nostra etnia, se la nostra razza bianca, se la nostra società deve continuare a esistere o se deve essere cancellata».
Era solo il 2018, che bei ricordi, chiaro che se il nero viene qui, non rompe i maroni e vince le medaglie per noi, allora va benissimo. Abbiamo vinto.
Ma no, è l’altro che va vaccinato…
Splendida famigliola, uno ultrastronzo, e si sapeva, e l’altro – novità – medico no vax, pure. Chissà che bello, a cena.
Un bel modo di esprimere il lutto.
E come sempre accade per olimpiadi, mondiali, europei, le uniche notizie riguardano i risultati degli atleti italiani. Se arrivano sul podio o più giù, chi abbia vinto la gara, con che tempo, come, resta un mistero.
Per non parlare dei delirii pro-Pellegrini. Posso dirlo? Chissenefrega.
Ahah, vero.
Ma così dev’essere, è il genere che lo richiede.
È esso stesso ricordo.
Nella finale dei 400 metri stile libero è un testa a testa tra tre nuotatori, i due favoriti, l’americano Kieran Smith e l’australiano Jack McLoughlin, e l’outsider, il tunisino Ahmed Ayoub Hafnaoui, qualificatosi con l’ottavo tempo, per un pelo.
Meravigliosamente, vince il diciottenne Hafnaoui e i due telecronisti italiani riescono a chiamarlo per tutta la gara «il tunisino», tranne una sola volta. Che si son sbagliati, chissà.