vergogna, papa

Per la prima volta da quando è papa, rivolgo il mio «vergogna!» a Bergoglio: oggi domenica, infatti, a Roma sarà celebrata la canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta. Vergogna! Madre Teresa di Calcutta non era affatto la santa che viene descritta da più parti, la «matita nelle mani di Dio», figuriamoci!, l’amante dei poveri e dei derelitti. Era, piuttosto, l’amante della povertà (altrui), della sofferenza (altrui), colei che sostenne in pubblico: «Penso che il mondo tragga molto giovamento dalla sofferenza della povera gente».
Qualcuno più di altri.

Non è certo l’unico a sostenerlo, ma uno dei più documentati è Christopher Hitchens con il pamphlet dal titolo volutamente provocatorio: “La posizione della missionaria. Teoria e pratica di madre Teresa“.

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Consiglio la lettura, caldamente, per meglio comprendere l’opportunismo della santa e la strumentalizzazione della sofferenza altrui. E per dire, in coscienza, «vergogna, papa!». Da pagina 125, cito:

Ero arrivato alla conclusione che Madre Teresa di Calcutta fosse non tanto un’amica dei poveri quanto un’amica della povertà. Lodava la povertà, la malattia e la sofferenza come doni dall’alto, e diceva alle persone di accettare questi doni con gioia. Era adamantinamente contraria alla sola politica che abbia mai alleviato la povertà in tutte le nazioni – e cioè dare potere alle donne ed estendere il loro controllo sulla propria fertilità.

E ancora:

La sua celebre clinica di Calcutta in realtà non era che un ospizio primitivo, un posto dove la gente andava a morire, un luogo dove le cure mediche erano poche, quando non addirittura inesistenti (quando fu lei ad ammalarsi, volò in prima classe alla volta di una clinica privata in California). Le grandi somme di denaro raccolte venivano spese per la maggior parte nella costruzione di conventi in suo onore. Aveva fatto amicizia con tutta una serie di ricchi truffatori e sfruttatori, da Charles Lincoln della Lincoln Savings & Loans, alla ripugnante dinastia Duvalier di Haiti, accettando da entrambi generose donazioni di denaro che in realtà era stato rubato ai poveri.

Sono sintesi, i fatti sono piuttosto documentati, basta tra l’altro ricordarsi quando si fece ricoverare nelle migliori cliniche occidentali per i suoi malanni da vecchiaia. E, quindi, ancora una volta: «vergogna, papa!».

james franco

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Decisamente una delle persone più interessanti nell’ambiente del cinema. E non solo per 11.22.63 o 127 ore o Spiderman, per dire, ma perché è uno che legge (e insegna, alla New York University e ora in un liceo di Los Angeles) Steinbeck e Faulkner (ora è qui per In Dubious Battle, il suo The Sound and the Fury è una delle cose interessanti degli ultimi tempi), gira video per i R.E.M. (Blue, 2012) e quando parla dice sempre cose piuttosto interessanti, frutto di ragionamento e anticonvenzionali. Poi perché è intelligente e, quindi, sa prendersi in giro fa il Sergente Pepper in Angie Tribeca e il matto in 30 Rock, uno spasso. Bravo, qui lo si apprezza. Anche per i bei baffoni.

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che vita bella, la sua

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Donaldo ha diffuso una foto rassicurante della sua famiglia, in vista delle elezioni. Tranquillità domestica, oserei dire. E una bella foto, proprio.
Moby (che è uno che sembra inglese ma è americano) se l’è presa moltissimo, ha parlato di “ostentazione”, “ricchezza senza gioia”, “assenza di buon gusto” e così via. Invidia, forse? Invidia per una casa (lifestyle) che sembra uscita da un incidente tra un camorrista di Scampia con uno sceicco del Dubai entrambi ubriachi?
Che bella la sua vita (sua di Donaldo e di conseguenza = che merda la nostra), certo, è davvero bellissimo per un bambino giocare con le limousines.

the night manager

C’è una miniserie in giro nella quale il fratello cattivo (e adottato) di Thor

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è un direttore d’albergo ed ex soldato dell’esercito britannico. Poi succedono delle cose e lui deve infiltrarsi nell’organizzazione del dottor House, per fare delle altre cose che non starò qui a dire ora.

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E poi ne succedono altre. La miniserie (sei puntate, grazie a dio, nessun pericolo di morirci dentro) è nel genere drammatico, thriller, spionaggio, cose così, è tratta da un le Carré (Il direttore di notte) ed è girata, infine, proprio bene bene.
Appassionante, anche se continuo a non capire cosa c’entri il supercriminalone dio asgardiano con il cinico dottore.

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Vien voglia di andare a Zermatt, comunque.

ma che generoso il campione

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Spiegazione della foto qui sopra, cito da Repubblica:

Nel corso di una visita in una scuola media di Tallahasee, con tutta la squadra, il campione di football americano dei Florida State Seminoles, Travis Rudolph, ha pranzato alla mensa dell’istituto con Bo Paske, un bambino autistico con il quale nessuno dei suoi compagni vuole mangiare. “Mio figlio è un bambino dolcissimo”, ha affermato la madre del piccolo. “Ha un abbraccio e un sorriso per tutte le persone che incontra. Non capisco perché venga emarginato. Non so di preciso cosa abbia spinto questo atleta a compiere un gesto così nobile, ma lo ringrazio infinitamente. Per un giorno, non ho dovuto preoccuparmi della solitudine di mio figlio alla mensa”.

E tutti in rete machebravoilcampione, machegenerosoilcampione… Ma scherziamo? Un ragazzino che mangia da solo tutti i giorni? Ma dove cazzo sono gli insegnanti?
E la madre, porella, dev’essere pure grata alla generosità di un tizio esterno. Ma vaffanculo, anche a Repubblica come ultimo.

e se è una femmina si chiamerà Futura

Paul Renner studiò pittura a Berlino, Monaco e Karlsruhe; dal 1925 al 1926 insegnò grafica pubblicitaria e tipografia alla scuola di arte di Francoforte e dal 1927 divenne direttore delle scuole grafiche di formazione professionale a Monaco.
Nel 1928 iniziò a disegnare un set di caratteri, basandosi pare su un progetto di un suo alunno, che avrebbe fatto storia: Futura. Derivando lo stile e l’idea di progettazione dal Bauhaus, dagli stencil e da alcuni concetti del costruttivismo, nei successivi quattro anni lavorò a uno dei font più duraturi della storia moderna.

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Fu un successo pazzesco, sebbene Renner avesse commesso l’ingenuità di mostrare il proprio lavoro ad alcuni colleghi prima della presentazione ufficiale (nacquero così alcuni set di caratteri molto simili, per fortuna poi surclassati) e nonostante i nazisti nel 1933 l’abbiano allontanato dall’insegnamento.
Ma ormai Futura aveva preso il largo.

Futura conobbe (e conosce tuttora) numerosissime varianti – per esempio: Futura Condensed, Demibold, Display, Black, Steile Futura, Inline, ND, ND Alternate, PT, Futuris, Eugenia, Bukra, URW++ e così via – ha superato indenne il processo di digitalizzazione ed è servito come base per altri numerosi font, come: Kabel, Metro, Vogue, Spartan, Twentieth Century, Airport, Nobel, Super Grotesk, Avenir (uno dei più belli, a parer mio), Gotham, Toronto Subway Font eccetera.
Il successo di Futura è senza freni ed avviene, in particolare, in ambito aziendale e industriale, per la chiarezza, la leggibilità, la precisione del disegno, l’idea di efficienza che trasmette. Ma non solo. Per fare l’esempio più eclatante, la placca commemorativa lasciata da Armstrong e Aldrin sulla Luna è scritta in Futura:

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In ambiti meno grandiosi, Futura era il font di Ikea fino al 2009 (ne ho parlato qui) e lo è nelle sue variazioni (VAG Rounded) di Volkswagen o di Royal Dutch Shell, per non parlare delle pubblicità di Supreme, Party City, Crayola, HP eccetera.

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Non meno, anche in altri ambiti Futura spopola, per esempio in ambito cinematografico (il genere prediletto pare essere la fantascienza ma non solo), come invece televisivo (Doug, Lost, Warehouse 13, Sesame Street, Love Boat, per dire), fumettistico (V for Vendetta, Watchmen), sportivo (i banners dei Boston Celtics, CBS Sports fino al 1996, il logo delle Olimpiadi di Mosca del 1980), videoludico (Wolfenstein: The New Order) e chissà quanti altri.

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In ambito musicale, invece, dei veri appassionati di Futura sono i Vampire Weekend (anche se il font mi pare meno sfruttato nel settore):

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E da noi, alla periferia dell’impero? Sì, è arrivato anche da noi, tanto che se ne sono accorti alcuni colossi nostrani, quando hanno deciso di darsi una bella ripulita: dentro una bella corporate identity rinnovata e avanti con il Futura che, come dicevo prima, dà quel bel senso di efficienza che tanto manca da noi.
La prima bella ripulita è stata questa:

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Anche nella doppia versione, bold e light (ovvero, a parer mio, come riuscire a non usare nessuna delle versioni più belle):

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E l’altra bella ripulitona è stata questa, in tutte le declinazioni delle reti, delle divisioni e tutto quanto attenga all’azienda:

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Quanto poi la bellezza, l’ordine, la pulizia e la precisione del font corrispondano alla realtà è da vedere caso per caso, ognun valuti ciò che crede. Futura resiste ormai da novant’anni e pare avere ancora un brillante avvenire davanti a sé.